20150702 Rosencrantz e Guildenstern sono morti Verona dismappa 685 Teatro romano

Rosencrantz e Guildenstern sono morti


Teatro Romano di Verona
2-3-4 luglio 2015, ore 21.00

Bananas Srl – Khora Teatro

Vinicio Marchioni –  Daniele Liotti
in

ROSENCRANTZ E GUILDENSTERN SONO MORTI

di Tom Stoppard
traduzione e adattamento Leo Muscato
con la partecipazione di Gianfelice Imparato
regia Leo Muscato
scene e costumi Marta Crisolini Malatesta
luci Pietro Sperduti

prima nazionale

personaggi e interpreti:

Rosencrantz – Vinicio Marchioni
Guildenstern – Daniele Liotti
primo attore / Amleto – Gianfelice Imparato
Alfredo / Ofelia – Beniamino Zannoni
Claudio – Andrea Caimmi
Gertrude – Andrea Bartola
Polonio – Simone Luglio
l’ambasciatore – Aldo Gentileschi
compagnia dei tragici – ensemble

Inaugura il Festival shakespeariano uno Shakespeare un po’ speciale rivisitato da Tom Stoppard. I protagonisti di Rosencrantz e Guildenstern sono morti (la versione cinematografica è stata premiata con il Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia del 1990), sono due personaggi minori di Amleto, due amici d’infanzia del principe di Danimarca chiamati a corte per cercare di capire le ragioni della follia di Amleto. Nei ruoli principali tre volti noti della tv: Vinicio Marchioni, Daniele Liotti e Gianfelice Imparato, guidati dal regista Leo Muscato.

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Vinicio Marchioni, che nello spettacolo interpreterà Rosencrantz, è conosciuto dal pubblico soprattutto grazie al ruolo di “Freddo” nella serie cult Romanzo criminale ispirata alla vera storia della Banda della Magliana, in onda su Sky. Il suo percorso artistico però passa anche dal teatro, dove ha lavorato con Luca Ronconi, Antonio Latella e Giuseppe Martini e dal cinema, recitando sui set di Woody Allen, Sergio Castellitto, Valeria Golino. Con il film di Aureliano Amadei 20 sigarette sulla strage di Nassiriya, viene candidato al David di Donatello e vince il Nastro d’Oro.

 

applausi per la prima di molto rumore per nulla al teatro romano di verona

Daniele Liotti

Daniele Liotti, che interpreta Guildenstern, dopo un passato da calciatore ha debuttato nel mondo dello spettacolo iniziando dalla tivù dove ha interpretato La quindicesima pistola, Sant’Antonio di Padova, Dottor Zivago, Il bell’Antonio, Il capo dei capi e Il generale dei briganti. Al cinema si è fatto conoscere soprattutto con il film Cresceranno i carciofi a Mimongo di Fulvio Ottaviano. Tra gli altri, ha lavorato anche con Felice Farina (Bidoni), Umberto Marino (Finalmente soli), Vicente Aranda (Giovanna la pazza), Giovanni Veronesi (Streghe verso nord) e Stefano Incerti (La vita come viene). Liotti e Marchioni sono stati interpreti del film di Paolo Genovese Tutta colpa di Freud (2014) sul cui set hanno dunque avuto la possibilità di lavorare insieme.

Li affianca un altro attore eclettico: Gianfelice Imparato, che pure si divide tra teatro, cinema e tivù. Proprio in televisione è stato tra gli interpreti di1992 (sulle vicende di Tangentopoli e Mani pulite) che si è appena conclusa.

«Rosencrantz e Guildenstern – dice il regista Muscato – sono morti, ma ancora non lo sanno. A dire il vero, Guildenstern lo sospetta, ma non ha il coraggio
di dirlo ad alta voce. Rosencrantz, invece, non sembra sfiorato dal minimo presentimento, e tutte le stranezze che gli accadono attorno, non lo lasciano perplesso nemmeno un po’. Sono in viaggio, o almeno è ciò che credono, visto che non si muovono mai. Sono stati convocati d’urgenza dal nuovo Re di Danimarca. Ed è lì che sono diretti. Nel bel mezzo del viaggio, in un luogo in mezzo al nulla, appare improvvisamente una compagnia di attori, capitanati da un irresistibile capocomico. A un certo punto, i comici scompaiono e Rosencrantz e Guildenstern si ritrovano nel castello di Elsinore, poi su una nave assalita dai pirati nel bel mezzo di una tempesta e qui improvvisamente riappaiono i comici di prima. Il teatro dell’assurdo si appropria così del favoloso mondo elisabettiano. Un’occasione imperdibile – conclude Muscato – per ridere di gusto di tutte le idiosincrasie e le paure del signor William Shakespeare».

Tutti gli spettacoli del Festival shakespeariano prevedono, per i 4 posti riservati, l’entrata gratuita per spettatore con disabilità e accompagnatore.
All’entrata del Teatro Romano c’è un tratto in ghiaino difficile da percorrere autonomamente in carrozzina, poi rampa in legno e restante tratto piano.

 Galleria video e foto della conferenza stampa


Il film del 1990, con Gary Oldman e Tim Roth

ESTATE TEATRALE. Alle 21,15 l’ultima replica di «Rosencrantz e Guildenstern sono morti»

Stoppard, Truman show sulle tracce di Amleto

Simone Azzoni

Gli attori si sono raccontati al pubblico alla Civica. Liotti: «Testo ricco di chiavi di lettura. Comicità che però ci fa anche riflettere»

sabato 04 luglio 2015 SPETTACOLI, pagina 58

«Era un’operazione difficile su questo testo di Stoppard», ha esordito il direttore artistico dell’Estate Teatrale Giampaolo Savorelli presentando il primo degli incontri «Teatro in biblioteca» dedicato a Rosencratz e Guildenstern sono morti.Lo spettacolo ha aperto giovedì sera l’Estate Teatrale Veronese con grande successo: questa sera alle 21,15 l’ultima replica. «Siamo passati», ha continuato Savorelli, «da scoramenti ad entusiasmi ma con testardaggine abbiamo voluto portarlo avanti e abbiamo vinto la scommessa».«Uno spettacolo che ruota attorno all’Amleto», spiega Vinicio Marchionni già a Verona nella parte di Brick ne La gatta sul tetto che scotta. «Lo spettacolo è costruito su questi due che non sanno chi sono e dove sono. Abbiamo lavorato tantissimo sulle coppie del cinema soprattutto Franco e Ciccio perché lo spettacolo è dichiaratamente comico». Daniele Liotti, suggerisce Betty Zanotelli che ha condotto l’incontro, già ha lavorato alla scuola di recitazione sul testo di Stoppard. «L’insegnate di allora mi chiese di fare il sensoriale della nave su cui sono i due attori nell’ultima parte del testo. Cercavo di dondolare, lei mi fermò dicendomi che non valevo niente. Il testo però mi rimase impresso». L’enigma del testo è cominciare e non sapere, non ricordare, il perdersi dei due personaggi è la tappa iniziale. Poi si cerca di trovare spiegazioni. «Da una condizione di assenza di spazio e tempo si sviluppano pensieri profondi», continua Liotti, «come se fossimo dentro il Truman show. È un testo filosofico, pieno di chiavi di lettura, quella di Moscato è comica ma il pubblico viene informato su temi importanti come la vita e la morte». In quelle sospensioni di domande sul destino. Il personaggio? «È quello che ci prova, con un compagno più tonto alla Forest Gump».Per Gianfelice Imparato è la prima volta al Romano ma non nei panni di protagonisti shakespeariani. «Questa volta sono un Caronte bonario che cerca di far capire ai due attori le fasi delle loro vita. È un testo affascinate perché Stoppard li rende protagonisti dopo la loro morte». La cosa più difficile? «Io sono trentino e ora la cadenza napoletana non me la levo più». D’altronde sono attori, «se fossimo capaci di vivere vivremmo, invece noi per non essere pietrificati dalla vita come Perseo con la Medusa la guardiamo riflessa, con una maschera». Imparato come la compagnia dei comici che si definiscono tragici: Andrea Caimmi, Andrea Bartola, Simone Luglio e Aldo Gentileschi. La differenza con la versione cinematografica? «A teatro c’è quella stasi tipicamente beckettiana che al cinema non c’è» risponde Liotti. «Al cinema poi le scene sono state riadattate dagli sceneggiatori. Nel film i due girano, si muovano, in teatro sono fermi in un non luogo» fa eco Rosencratz, o forse Gulidenstern.

VINICIO MARCHIONI, attore

Il mio Rosencrantz che fa ridere
con leggerezza

sabato 04 luglio 2015 SPETTACOLI, pagina 58

Vinicio Marchioni ha calcato il palco del Teatro Romano per la prima volta l’altra sera, nei panni di Rosencrantz. Ma avevamo visto pochi mesi fa l’attore romano, famoso al grande pubblico probabilmente soprattutto per il ruolo del Freddo nella serie televisiva cult Romanzo criminale, al Teatro Nuovo in La gatta sul tetto che scotta di Tennessee Williams, al fianco di Vittoria Puccini. Prima volta al Teatro Romano, nel Festival shakespeariano. Una «tappa» della sua carriera che ricorderà?È stata una grande emozione, perché il teatro antico all’aperto rappresenta una condizione differente per la recitazione. Non si è trattato solo della bellezza del luogo, del pubblico numerosissimo, dall’atmosfera suggestiva: in un teatro come il Romano sei davvero più esposto e «senti» il pubblico in modo più forte, anche il pubblico è parte dello spettacolo, avverti che stai recitando per loro e con loro. Non è azzardato dire che qui un attore avverte il senso più alto del fare teatro.Lei ha il ruolo di Rosencrantz, che è il più sprovveduto e inconsapevole tra i due protagonisti, quello che proprio non pare avere alcun sospetto della sua condizione di già morto. Era, tra le due, la parte che sentiva di più?Sicuramente è il ruolo più simpatico e divertente che ho recitato fino ad oggi. Rosencrantz è un personaggio fatto di grande leggerezza, dichiaratamente comico, ma che ha infinite sfumature. Per me è stato un grande banco di prova. Ho potuto anche sperimentare a fondo alcuni elementi della commedia dell’arte, gli abiti, le movenze.Il gioco di scambio continuo e di fraintendimento tra Rosencrantz e Guildestren è parte del testo. Nessuna tentazione di provare ad essere Guildenstern?A un certo punto delle prove abbiamo parlato di questa possibilità, e potrebbe essere che se lo spettacolo ha successo e se ci saranno molte repliche accada. Per il momento io e Daniele Liotti dobbiamo ancora lavorare ai nostri ruoli.L’anno prossimo l’Estate Teatrale veronese celebra i 400 anni dalla morte di Shakespeare. C’è un personaggio shakespaeriano che sogna di interpretare?Da Amleto a Enrico V, sarebbero tutte occasioni straordinarie, credo che per ogni attore di teatro questi siano ruoli fondamentali. E con Leo Muscato abbiamo lavorato così bene che mi piacerebbe che la nuova esperienza fosse ancora con lui.

 

Debutta domani sera alle 21,15 al Teatro Romano (con repliche venerdì e sabato) Rosencrantz e Guildenstern sono morti di Tom Stoppard. Un modo inconsueto, ma molto accattivante, di aprire il 67° Festival shakespeariano con un autore contemporaneo, e vivente, che con Shakespeare ha un legame molto stretto, sia per questo testo, che rielabora l’Amleto dal punto di vista di due personaggi comprimari, che qui diventano protagonisti (e dal quale lo stesso Stoppard ha tratto un film premiato a Venezia nel 1990); sia perché il drammaturgo inglese è anche lo sceneggiatore del film Shakespeare in Love, del 1998, che gli valse l’Oscar.«Quest’anno abbiamo voluto prenderci delle libertà» ha ammesso il direttore artistico del festival, Gianpaolo Savorelli, con un autore rappresentato pochissimo nei teatri, ma di altissimo valore, come Stoppard. Ma l’anno prossimo per i 400 anni dalla morte, faremo un cartellone tutto shakespeariano». Nel quale potrebbe essere di nuovo coinvolta Khora.Teatro, che quest’anno con Bananas e l’Estate Teatrale Veronese produce Rosencrantz e Guildenstern sono morti. «È stata una vera sfida portare al Teatro Romano una drammaturgia contemporanea» ha ammesso Tommaso Mattei di Khora.Teatro, «ma l’obiettivo è di rendere la contemporaneità un classico».In scena ci saranno Daniele Liotti e Vinicio Marchioni nei ruoli del titolo, con Gianfelice Imparato come capocomico. La regia è di Leo Muscato, di cui abbiamo apprezzato in passato altri Shakespeare. L’ambientazione è rigorosamente elisabettiana, ma la storia è da teatro dell’assurdo. I due protagonisti sono i compagni di studi di Amleto e vengono chiamati alla corte di Danimarca per cercare di capire le ragioni della follia del principe e poi scortarlo in Inghilterra. Nel testo shakespeariano sono secondari, appaiono solo in due brevi momenti, e nella battuta finale che in Stoppard diventa il titolo. Qui invece sono il perno attorno al quale ruotano una serie di strampalate situazioni, che accadono mentre loro sono in viaggio (o almeno così credono) verso la Danimarca. «In realtà i due sono già morti» ha spiegato il regista Muscato, «ma non lo sanno. E tutto ciò che accade serve a che se ne rendano conto. L’effetto è assolutamente esilarante». Per Marchioni e Imparato è un debutto al Teatro Romano, mentre per Liotti è un ritorno, dopo il Molto rumore per nulla del 2013. «Allora era stata una grande emozione» ha detto l’attore, «che voglio provare anche stavolta. Questo è un testo bellissimo, ma che ancora non ho capito (ride) anche se il mio personaggio Guilderstern è tra i due quello più meditabondo».Prima della prima, domani sera, verrà consegnato il Premio Simoni all’attrice Andrea Jonasson.STASERA AL CAMPLOY. Si apre intanto questa sera alle 21,15 l’altro palcoscenico dell’Estate Teatrale, il Camploy. In scena ancora Shakespeare, con uno dei testi più rappresentati al mondo, Sogno di una notte di mezza estate.Lo propongono i Cantieri Invisibili, con la regia di Mario Gonzales del Theatre du Soleil di Parigi. Repliche fino a sabato. La compagnia è composta da Alberto Bronzato, da sempre «anima» dell’Estravagario, Riccardo Pippa e Matteo Spiazzi. I quali hanno preparato questo spettacolo in Spagna. «Siamo cinque attori che interpretano i quindici personaggi della commedia e interagiamo in uno spazio che è una sorta di circo». E infatti il lavoro ruota attorno alla figura del clown, che filtra con i i suoi lazzi e il suo linguaggio le parole originali di Shakespeare. 

LEO MUSCATO, regista

Un sogno in bilico tra teatro classico e contemporaneità

mercoledì 01 luglio 2015 SPETTACOLI, pagina 47

Un’operazione di contaminazione, che mixa elementi fortemente connotanti del teatro elisabettiano con un’incursione continua della contemporaneità. Il risultato? Uno spettacolo tutto giocato su un ritmo vorticoso, in bilico tra realtà e sogno, che trasforma in commedia la tragedia shakespeariana e che fa ridere e divertire il pubblico ma lasciando come chiaroscuro, dietro il piacere della risata, anche la riflessione sul senso dell’esistenza. Con leggerezza. Così il regista Leo Muscato spiega il suo Rosencrantz e Guildenstern sono morti. E le sue parole richiamano alla mente l’operazione che il regista di Taranto (Martina Franca, per l’esattezza) aveva con successo portato sul palco del Romano nel 2011 con la sua Commedia degli errori con Beppe Barra.Restituire al testo la sua necessità, cioè far provare agli spettatori di oggi le stesse emozioni che potevano provare all’epoca dell’autore: questo è tra i principi del suo teatro. Questa volta c’è però, tra Shakespeare e noi, il «tramite» di Stoppard.Stoppard fa un’operazione straordinaria trasformando in protagonisti due personaggi minori di Amleto, che nella tragedia avevano una funzione drammatica precisa, chiamati dal re di Danimarca per liberarsi del principe. Il risultato richiama il teatro dell’assurdo, ci viene da pensare ad Aspettando Godot, ma resta forte la matrice elisabettiana dell’opera. In realtà i due protagonisti sono già morti, come ci dice il titolo, fin dall’inizio, solo che non lo sanno. E tutte le avventure, in primis l’incontro con i comici, sono momenti della loro presa di coscienza: è tutto come un déjà vu. Ma allora si tratta di una commedia o di una tragedia?La matrice drammatica resta forte, perchè alla fine questa è la storia di due che sono morti e non lo sanno e pian piano ne diventano consapevoli. Ma il racconto della presa di coscienza è esilarante, fatto di battute, ritmo sempre velocissimo. Sarebbe insomma davvero un sogno se il trapasso fosse così allegro.Rosencrantz e Guildenstern è un testo che non compare spesso nei cartelloni teatrali. Perchè ha deciso di mettersi alla prova con Stoppard?Devo dire che per me questo è davvero un sogno, un sogno sognato molto a lungo. E l’incontro con la possibilità concreta di mettere in scena l’opera di Stoppard è stata proprio un’epifania. Ci lavoro dal 2001: alla scuola di teatro volevo proprio su questo testo fare il mio saggio. Del resto c’era stato anche il film di Stoppard, allora era un testo, diciamo così, più di moda. Finalmente è arrivato il mio tempo di metterlo in scena.Dal punto di vista linguistico, che tipo di operazione ha realizzato?Questo è stato forse il lavoro più complesso e più intrigante. Nel testo del drammaturgo inglese infatti le scene che sono tratte dall’Amleto mantengono la lingua originale, mentre nelle altre viene adottato l’inglese contemporaneo. La cosa più esaltante, per me, è stato reinventare una lingua che potesse dar conto di questo gioco e ne riproducesse il ritmo, la musicalità. Già si parla del 2016, per l’anniversario dei 400 anni della morte di Shakespeare. Ha un titolo che sogna di mettere in scena in quel Festival?Sì, ed è uno dei testi più belli, più straordinari del teatro shakespeariano, che tra l’altro al Teatro Romano credo non si veda da 40 anni. Parlo dell’Enrico V. L’idea ce l’ho già, vedremo che cosa accadrà.

PROSA. Apre la rassegna «Rosencrantz e Guildenstern sono morti» per la regia di Leo Muscato
Shakespeare rivisitato dall’ironia di Stoppard
Alessandra Galetto
Il viaggio surreale dei due personaggi minori di «Amleto» chiamati alla corte del principe di Danimarca tra avventure e invenzioni mirabolanti
martedì 23 giugno 2015 SPETTACOLI, pagina 50

Il mondo elisabettiano riletto nel segno del teatro dell’assurdo. È uno spettacolo che si annuncia accattivante quello che, da giovedì 2 a sabato 4 luglio, al Teatro Romano, inaugurerà la stagione di prosa dell’Estate Teatrale Veronese. Si tratta di Rosencrantz e Guildenstern sono morti del drammaturgo e regista inglese Tom Stoppard, con Vinicio Marchioni, Daniele Liotti e Gianfelice Imparato, per la regia di Leo Muscato, prodotto da Khora.teatro – Bananas.Il testo nasce come atto unico in versi nel 1964 e viene rappresentato, rielaborato in commedia in tre atti, per la prima volta al Festival di Edimburgo nel 1966. I due protagonisti sono due personaggi minori dell’Amleto di Shakespeare e l’operazione di Stoppard è quella di farne i protagonisti di una vicenda che, come una costola di Amleto, si sviluppa per un successivo proliferare di strampalate invenzioni, con un gioco di continui rimandi e repentini allontanamenti rispetto alla tragedia del principe di Danimarca. Quando la scena si apre, Rosencrantz e Guildenstern si ricordano di essere stati convocati con urgenza alla corte di Danimarca, ma non conoscono le ragioni di questo invito. Dunque sono in viaggio, o almeno questo è ciò che credono, e durante questo viaggio (in realtà non si muovono mai) incontrano una compagnia di attori, capitanati da un irresistibile capocomico. Poi i due si ritrovano nel castello di Elsinore, quindi su una nave assalita dai pirati, poi riappaiono i comici di prima: una girandola di avventure che intendono dar vita – stando alle stesse parole di Stoppard – «ad un testo comico. Se il risultato non fosse stato divertente avrei ritenuto di aver fallito». L’indicazione, o auspicio di Stoppard, è colto da Muscato che ha creato un ritmo vivacissimo per la sua messinscena, giocando sui travestimenti, sulle battute, sui colpi di teatro e sui mutamenti improvvisi di scena per far provare allo spettatore quel senso di spiazzamento che domina gli stessi protagonisti della scena. Perchè in verità, come spiega Muscato, «Rosencrantz e Guildenstern sono morti, ma ancora non lo sanno. A dire il vero, Guildenstern lo sospetta, ma non ha il coraggio di dirlo ad alta voce, Rosencrantz invece non pare sfiorato dal minimo presentimento e resta indifferente a tutte le stranezze che gli accadono intorno». Così, in questo gioco stralunato, il teatro, con personaggi mossi da una chiamata di cui non conoscono il senso, eppure da questa «sballottati» tra mille vicissitudini, ci parla, con ironica leggerezza, della vita.

DANIELE LIOTTI, attore

Guildenstern? Mi «insegue» fin dai miei esordi

martedì 23 giugno 2015 SPETTACOLI, pagina 50

Un appuntamento predestinato. Perchè Rosencrantz e Guildenstern sono morti è stato uno dei primi testi con cui si è cimentato durante la scuola di teatro. «Ed ero stato ripreso. L’insegnante mi disse che non avevo fatto vivere la nave. Così nei confronti di questo testo ho l’entusiasmo e la sana paura che fanno da stimolo per ogni attore». Parola di Daniele Liotti, che nello spettacolo in scena al Teatro Romano da 2 al 4 luglio vestirà i panni di Guildenstern. Abbiamo già avuto modo di apprezzare Liotti, a molti noto anche per il suo lavoro in tv e al cinema (è, tanto per capirci, il vicequestore aggiunto Claudio Sabatini nella serie televisiva di Canale 5 Squadra mobile) al Teatro Romano due anni fa in Molto rumore per nulla con la regia di Giancarlo Sepe.Sembra che il testo di Stoppartd, che pure non è poi così praticato dai registi, abbia un conto aperto con lei…Sono molto felice di questa occasione. Quella di Stoppard è una storia di straordinaria vivacità che vede me e Marchioni in scena per tutto lo spettacolo, dunque con un impegno, anche in termini fisici, molto forte. La peculiarità di questo testo è che consente di porsi interrogativi altissimi ma giocando sempre sulla chiave comica e farsesca, un po’ come un prologo ed epilogo dell’esistenza umana. C’è un costante passaggio tra commedia e tragedia e viceversa: si ride tantissimo, ma la leggerezza non impedisce la profondità.Lei è Guildenstern, il più consapevole dei due. Che però vive in una sorta di simbiosi teatrale con Rosencrantz: è stato impegnativo trovare la corrispondenza con Vinicio Marchioni?Abbiamo la fortuna di essere amici, oltre che colleghi, e di poter contare su un feeling già collaudato prima di questa prova: abbiamo recitato infatti insieme nel film La strada di casa di Emiliano Corapi. E questo è stato sicuramente un elemento importante per la riuscita dello spettacolo. I due personaggi si muovono infatti in un limbo spazio-temporale in cui perfino loro stessi devono a vicenda ricordarsi chi sono. Guildenstern in particolare per tutto lo spettacolo continua a ribadire a Rosencrantz, come un tormentone: «Io sono Guildenstern!».Sul palco del Romano si è già messo alla prova due anni fa. Un bel ricordo?Verona ha la fortuna di avere questo teatro bellissimo, all’aperto davanti al fiume, tanto che anche per l’attore che sta in scena quello che vede davanti a sè è uno spettacolo. Il pubblico qui davvero può entrare nella storia che va in scena.Cinema, televisione, teatro: nella sua carriera si alternano. In che rapporto stanno?Cinema e televisione certamente danno maggiore popolarità. Ma ho voluto con forza arrivare al teatro, me lo sono imposto perchè offre la possibilità di studiarsi, conoscersi e mettersi alla prova in modo molto più forte. Si deve cercare, ogni volta, il personaggio: così si scopre anche qualcosa di più profondo di se stessi.

 


Estate teatrale veronese su dismappa