Al Teatro Camploy di Verona applausi per Ciaikovsky suites del Balletto Teatro di Torino (Kristin Furnes, Manuela Maugeri, Viola Scaglione, Denis Bruno, Marco De Alteriis e Vito Pansini) diretto da Loredana Furno. La coreografia è un raffinato omaggio a Ciaikovsky, alla sua trilogia Il lago dei cigni, La bella addormentata e Lo schiaccianoci. Teatro Camploy

Il Balletto Teatro di Torino omaggia Ciaikovsky


Teatro Camploy di Verona
26 luglio 2014, ore 21.15

Al Teatro Camploy, nell’ambito dell’Estate Teatrale Veronese (manifestazione organizzata dal Comune di Verona) terzo e ultimo appuntamento con la danza al Teatro Camploy: in scena, sabato 26 luglio alle 21.15, Ciaikovsky suites di Matteo Levaggi nell’interpretazione del Balletto Teatro di Torino diretto da Loredana Furno. La coreografia è un raffinato omaggio a Pyotr Ilyich Ciaikovsky, alla sua trilogia Il lago dei cigni, La bella addormentata e Lo schiaccianoci.

«Quando – dice il coreografo Matteo Levaggi – domandarono a Ciaikovsky quale atto del Lago dei cigni fosse il più adatto da presentare allo Zar dopo l’insuccesso della prima rappresentazione, egli rispose: “il secondo!”. Ed è proprio sul secondo atto che ho creato la mia visione del Lago dei cigni incentrata su un cigno bianco, maschio, che si ritrova intrappolato e attaccato dai cigni neri, che lo coinvolgono in un gioco ispirato alla serie tv di David Lynch Twin Peaks. Per quanto riguarda La bella addormentata ho come posto una lente d’ingrandimento sulla danza cercando di arrivare all’essenziale del movimento e della costruzione coreografia. Ce l’ho messa tutta per mettere in luce un certo tipo di bellezza, candida e dolce, ma che, allo stesso tempo, pone un accento sull’esuberanza e sull’eccitazione tipica della giovinezza. E infine Lo schiaccianoci che non è solo una fiaba per bambini, ma un vero e proprio viaggio nell’onirico, ricco di ironia e metafore. Tutto il balletto, privo di drammi narrativi, si svolge con leggerezza e divertimento in una palestra dove – conclude Levaggi – dei danzatori / ginnasti cadono in un magico sogno».

In scena Kristin Furnes, Manuela Maugeri, Viola Scaglione, Denis Bruno, Marco De Alteriis e Vito Pansini.

Vedi anche Applausi per Ciaikovsky suites

Pëtr Il’ič Čajkovskij

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« Čajkovskij è molto facile e per questo motivo è stato considerato comune. In realtà, egli è il compositore più russo di tutti i musicisti del mio paese. »
(Igor’ Fëdorovič Stravinskij in un’intervista al quotidiano spagnolo ABC, 25 marzo 1925)
« …Sono sicuro che nelle mie opere appaio come Dio mi ha fatto e così come sono diventato attraverso l’azione del tempo, della mia nazionalità ed educazione. Non sono mai stato falso con me stesso. Quello che sono, buono o cattivo, lo debbono giudicare gli altri… »
(Čajkovskij in una lettera a Sergej Ivanovič Taneev del 14 (26) gennaio 1891, cit. in: Modeste (Ilich) Tchaikovsky, The life & letters of Pete Ilich Tchaikovsky; edited from the Russian with an introduction by Rosa Newmarch, London, 1905, pp.621-622)

Pëtr Il’ič Čajkovskij, Londra, 9 giugno 1893


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Pëtr Il’ič Čajkovskij (/ˈpʲɵtr ɪlʲˈjitɕ tɕɪˈkofskʲɪjascolta[?·info]/, in russo: Пётр Ильич Чайковский?; spesso traslitterato come Pyotr Ilyich Tchaikovsky o Ciajkovskij) (Kamsko-Votkinsk, 7 maggio 1840[1] – San Pietroburgo, 6 novembre 1893) è stato uncompositore russo del romanticismo.

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Biografia

La nascita e la giovinezza

La famiglia del musicista. Il futuro compositore è all’estrema sinistra accanto alla madre, alla quale stanno vicino, in piedi, la sorellastra Zinaida e Nikolaj. La sorella Aleksandra è al centro, mentre Ippolit in braccio al padre. Mancano i due gemelli Modest e Anatolij, nati nel 1850: la foto-infatti-è dell’autunno 1848, San Pietroburgo.

Considerato oggi come uno dei più grandi musicisti russi[2] e fra i più significativi nella storia musicale (oltre che eseguiti), Čajkovskij nacque a Kamsko-Votkinsk, Russia,[3] da un ingegnere minerario ucraino e dalla sua seconda moglie, Aleksandra Andreevna d’Assier, una donna di nobili origini francesi, ma nata a San Pietroburgo nel 1812. Le ascendenze complessive del futuro musicista mescolavano anche sangue polacco, cosacco e tedesco.[4] Terzo di sette figli della coppia: Ekaterina, primogenita, nata nel 1836 ma morta nei primi anni di vita; Nikolaj, 1838 e – dopo il musicista – l’amatissima sorella Aleksandra, 1842, quindi Ippolit, 1843 ed infine i due gemelli, Modest (suo futuro primo biografo) e Anatolij, 1850. Esisteva, al vero, anche una sorellastra, Zinaida, nata nel 1829, che il padre aveva avuto da un primo matrimonio (il padre del musicista si sposò tre volte nel corso della propria vita)[5].
Questa sorellastra ebbe un ruolo “negativo” nella fanciullezza di Čajkovskij, come attestano diverse biografie tra cui quelle diNina Nikolaevna Berberova e Hofmann (vedi oltre). Il legame coi fratelli fu sempre molto intenso specie con Aleksandra e Modest.

Iniziò a prendere lezioni di pianoforte all’età di cinque anni (dopo un primo intervento materno), da una serva liberata, Marja Markovna Palčikova.

Fu in questo periodo che la forte inclinazione e sensibilità musicale si manifestò, tanto da preoccupare l’istitutrice Fanny Dürbach come lei stessa raccontò poi al fratello Modest.[6] Gli studi musicali proseguono nel 1848 con il pianista Filippov.
Nel 1850 assiste con la madre per la prima volta ad un’opera lirica: Una vita per lo Zar di Michail Ivanovič Glinka. Quest’opera e il Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart costituiranno sempre una pietra di paragone per il compositore.

Nel 1850[7] supera l’esame per l’ammissione alla Scuola di Giurisprudenza di San Pietroburgo[8] che frequentò per i successivi nove anni, un destino, quello di burocrate, notevolmente diffuso nel ceto al quale Čajkovskij apparteneva (anche i suoi due fratelli gemelli compirono eguali studi).
Nella Scuola di Giurisprudenza[9] ottenne risultati mediocri, ma strinse amicizie che si prolungarono per tutta l’esistenza, scoprendo anche debolezze umane quali quella per il fumo ed il bere (fu sempre un accanito fumatore ed amante dell’alcool, inclinazione, quest’ultima, anche del di lui padre[10]).

In questo ambiente si realizzarono per Čajkovskij anche le prime esperienze omosessuali; la non marginale questione dell’omosessualità del musicista è stata ed è ampiamente trattata.[11][12][13]

Una conoscenza speciale avvenne con il futuro poeta Aleksej Nikolaevič Apuchtin che ebbe su di lui un forte influsso personale come è raccontato, per esempio, dalla Berberova nel suo libro.[14] Molte di queste amicizie, indipendentemente dalla componente amorosa, furono importanti per Čajkovskij e in esse trovò sostegno e riferimento. Durante gli anni alla Scuola di Giurisprudenza Pëtr Il’ič, ebbe ampio modo di frequentare tanto il teatro d’opera e di prosa quanto il balletto, con le sue celebrate stelle, cosa che gli sarebbe diventata in futuro utile. Nella Scuola stessa prese lezioni di canto corale (possedeva una bella voce di soprano ossia voce bianca) e ricominciò lo studio del pianoforte con il famoso costruttore di strumenti Becker.

A sedici anni ascolta per la prima volta il Don Giovanni di Mozart: è un colpo di fulmine, un’assoluta rivelazione del proprio destino per la musica: «A Mozart sono debitore della mia vita dedicata alla musica».Scrive anche in uno stesso articolo critico-musicale:

« La musica di Don Giovanni è stata la prima musica ad avere su di me un effetto realmente sconvolgente. Mi ha condotto in un mondo di bellezza artistica dove dimorano solo i geni più grandi »
(Čajkovskij, cit. in A. Orlova, op. cit., p. 7)

E sul Requiem del salisburghese non aveva dubbi:

« Uno dei lavori d’arte più divini al punto che non si può non avere pietà di coloro che non sono in grado di comprenderlo ed apprezzarlo »
(Čajkovskij, cit. in F. Tammaro, op. cit., p. 272)

Altri studi pianistici seguiranno alla conclusione della frequenza della Scuola di Giurisprudenza[15] nel 1859 e al conseguente impiego al Ministero della Giustizia[16](due cose alle quali Čajkovskij dava scarsa rilevanza, sebbene fosse uscito dalla Scuola come uno dei migliori del proprio anno): essi saranno appresi per tre anni (siamo nel 1855) attraverso un celebre maestro dell’epoca, Rudolf Vasilevič Küdinger (1832-1913).
Quel tempo (ultimo anno della Scuola di Giurisprudenza) fu per Čajkovskij ricco ed appagante sotto l’aspetto di vita di società, ove riscuoteva non marginali successi[17], anche nel campo femminile, riuscendo simpatico a tutti («un giovanotto proprio per bene», scrive la Berberova).

Ma una tragica circostanza, dalle conseguenze incalcolabili, era avvenuta nel giugno del 1854: l’adorata madre era morta a seguito di un’epidemia di colera e anche il padre, il giorno dopo il funerale, si era sentito male, riuscendo a scampare alla morte. Lo stesso musicista scriverà nel 1878: «Ogni momento di quel giorno spaventoso è vivido in me come fosse ieri».[18] È singolare che il compositore russo concluda la propria esistenza a causa dello stesso male (se si accetta la versione ufficiale della sua morte, vedi oltre), anche se a quel tempo il colera era “di casa” in Russia.

Lo stesso anno 1854 vede la prima composizione che il musicista considerasse degna di essere conservata. Anastasie-Valse, dedicata alla governante Anastasija Petrovna (pubblicata nel 1913). Una canzoncina infantile era stata “composta” a orecchio La nostra mamma a Pietroburgo già nel 1844[19] e sempre in anni vicini al 1854 fantastica più che altro su un’opera teatrale.[20]

Le prime composizioni

Čajkovskij fu per tutta la vita un viaggiatore instancabile (circa 150 luoghi)[21]. Nel 1861 compie il primo viaggio estivo all’estero, visitando Germania, Belgio, Parigi eLondra, frequentando opere e concerti.
Gli studi musicali post-diploma proseguiranno mentre era in forza al Ministero della Giustizia (dove lavorò con una certa trascuratezza per tre anni, cosa che gli permetteva del resto di far vita mondana, come ricorda il fratello Modest), ma successivamente al ritorno dal suddetto viaggio, pur riprendendo il lavoro al Ministero si dedicherà maggiormente alla musica, tralasciando i diversivi.

Il giovane musicista a venti anni, autunno 1860, San Pietroburgo.

Anteriormente al 1859 in Russia non solo non esistevano scuole ufficiali per l’insegnamento musicale, ma anche lo “status” di musicista era negato. Un giovane dell’aristocrazia doveva frequentare l’opera, conoscere la musica e magari saper suonare e addirittura comporre qualche cosa, ma un gentiluomo che abbracciasse la musica come professione era una cosa da non prendersi nemmeno in considerazione. La maggior parte degli artisti e della musica eseguita era straniera. Gli italiani vi imperavano pur esistendo del resto una tradizione musicale, seppur più propriamente popolare e religiosa.[22]

Fu merito del musicista Anton Grigorevič Rubinštejn (1829-1894) e del mecenatismo della granduchessa Elena Pavlovna (zia dello zar Alessandro II Romanov) fondare (1859) la cosiddetta Società Musicale Russa, poi trasformata, nel 1862, in Conservatorio diretto dallo stesso Rubinštejn, con autorevoli docenti.[23] Sulla scia di tale avvenimento nel 1866 fu aperto un Conservatorio anche a Mosca, fondato e diretto dal fratello di Anton Rubinštejn, Nikolaj.
Va segnalato che sempre nel 1862 a Pietroburgo si iniziarono i corsi della Scuola Musicale Gratuita, rappresentante la corrente radicale e progressista della musica russa, che si opponeva all’accademismo di derivazione tedesca dominante nei Conservatori dei Rubinštejn, sotto la guida di Milij Alekseevič Balakirev (1837-1910) e in essa si formò il famoso Gruppo dei Cinque.

Docente di teoria musicale nel Conservatorio di San Pietroburgo era un musicista minore, Nikolaj Ivanovič Zaremba (1821-1879): Čajkovskij divenne suo allievo e studiò composizione con Anton G. Rubinštejn, abbandonando l’impiego statale nel1863. In quegli anni compose svariati pezzi minori, romanze per canto e pianoforte, pezzi per pianoforte solo e un coroPrima del sonno (in origine a cappella poi rielaborato con l’aggiunta dell’orchestra), un pezzo per archi in Sol maggioreAllegro ma non tanto.
Nel 1864 scrive L’uragano: un’ouverture in Mi minore, op. 76 postuma, dal dramma omonimo di Aleksandr Nikolaevič Ostrovskij. Dirige pure l’orchestra del Conservatorio nel 1865 nella sua nuova ouverture in Fa maggiore per piccola orchestra (prima versione). La direzione orchestrale sarà per Čajkovskij sempre un grande problema dato il carattere timido, ma nel tempo e con la maturità egli divenne un applaudito interprete non solo della propria musica e anche all’estero[24].

Prima ancora del diploma gli venne offerto da Nikolaj G. Rubinštejn su suggerimento del proprio fratello, di trasferirsi a Mosca, per insegnare teoria nel nuovo Conservatorio di colà. Nel 1866 terminò gli studi al Conservatorio di San Pietroburgo iniziati nel 1861, diplomandosi con una composizione Alla gioia, per soli, coro ed orchestra, tratta da un testo di Schiller, tema obbligato in quella circostanza (lo stesso usato da Ludwig van Beethoven nel finale della Sinfonia n.9). In quell’anno fu nominato professore di teoria e armonia mantenendo quella posizione fino al settembre del 1878.

Nel 1866 compone, non senza incertezze, la Sinfonia n.1 in Sol minore, op. 13, sottotitolata Sogni d’inverno, che verrà rielaborata più volte (una pratica abbastanza usuale nel musicista). Si tratta di una composizione giovanile, ma con tratti distintivi già presenti. L’anno seguente è la volta della prima opera lirica portata a reale compimento: Voevoda (Il voivoda) dal dramma di Aleksandr Nikolaevič Ostrovskij.
L’opera ebbe quattro repliche e successo ma non fu più ripresa e l’autore distrusse la partitura, sebbene alcune parti siano finite nella successiva opera liricaOpričnik (L’ufficiale della guardia) e nel balletto Il lago dei cigni (essa venne comunque ricostruita sui materiali d’orchestra e ripresentata nel 1949).
La forte spinta autocritica di Čajkovskij va qui evidenziata, tanto nella suddetta prassi di rielaborare proprie composizioni, quanto nelle azioni più drastiche, come la distruzione, sebbene spesso venissero salvate parti che venivano trasferite opportunamente in altri lavori.
È di quegli anni l’avvicinamento, prudente, al Gruppo dei Cinque anche se le simpatie verso i musicisti che componevano il gruppo furono diverse, con aperta ostilità in particolare verso Modest Petrovič Musorgskij.

Le composizioni della prima maturità

Il musicista nell’autunno 1865, San Pietroburgo.

L’anno 1868 segna nella vita del musicista l’episodio sentimentale con la cantante belga Désirée Artôt: si parlerà per giunta di matrimonio. La cantante finì invece sposa di un celebre baritono spagnolo, ma restò amica di Čajkovskij, con cui mantenne una corrispondenza ed ebbe successivi incontri (il musicista scriverà musica sotto l’influsso di questo amore platonico e – più tardi – dedicò alla signora le Six Mélodies, op. 65, del 1888).
Gradatamente si intensifica il lavoro compositivo, per il quale alla fine opterà, come si è visto, abbandonando l’insegnamento e dedicandosi alla critica musicale[25].

L’ouverture-fantasia Romeo e Giulietta del 1869, ma rivista nel 1870 e 1880, è uno dei prodotti migliori tanto per la forma che per contenuti (il musicista non ha ancora trent’anni del resto) ed in essa, come sempre ma qui particolarmente, Čajkovskij farà confluire il “programma” di ispirazione letteraria, William Shakespeare, con le proprie intime spinte emotive, a detta di molti biografi, su un amore “proibito” di quel momento verso un allievo del Conservatorio, Eduard Zak. La vicenda ebbe successivamente alla composizione, esattamente nel 1873, un finale tragico, in quanto il giovane si tolse la vita a diciannove anni.[26]

Una nuova opera lirica (dopo due tentativi abbandonati) vede la luce tra il 1870 e il 1872, Opričnik (L’ufficiale della guardia)ed un’altra ancora poco più tardi, nel 1874: Kuznec Vakula (Il fabbro Vakula), rielaborata, quest’ultima, sotto il titolo Čerevički(Gli stivaletti) nel 1885. Come si vede l’attrazione verso la musica lirica teatrale fu sempre notevole nel musicista, anche se nel genere i titoli chiave saranno Evgenij Onegin (Eugenio Onieghin) e Pikovaja dama (La dama di picche). Una gran parte della critica musicale ritiene del resto che il migliore Čajkovskij stia proprio nel settore teatro musicale e nelle ultime tre sinfonie nonché nel balletto.[27]

Una foto-ritratto del musicista, autunno del 1870, Mosca.

Due nuove sinfonie si aggiungono: la cosiddetta Piccola Russia in Do minore, op. 17, 1872 (poi rivista) e la Polacca in Re maggiore, op. 29, 1875. Inoltre il musicista si dedica alla cameristica con tre quartetti per archi, l’op. 11 in Re maggiore, 1871e che riscuote il consenso di un illustre ascoltatore, Lev Tolstoj, l’op. 22 in Fa maggiore, 1874 e l’op. 30 in Mi bemolle minore, 1876.
Tra il 1874 e il 1875 si realizza quello che diventerà uno dei pezzi più celebri dell’autore, il Concerto n. 1 in Si bemolle minoreop. 23, rivisto due volte, anche se l’edizione pubblicata nell’agosto del 1879 (con modifiche del 1888) è quella correntemente eseguita. In proposito si veda questo post sul sito accademico “Tchaikovsky Research”.

A trentacinque anni Čajkovskij compie l’apertura ad un genere musicale generalmente sottostimato all’epoca, la musica di balletto e ad essa dovrà buona parte della sua fama. Nel 1877 va in scena al Teatro Bol’šoj di Mosca Lebedinoe ozero (Il lago dei cigni), op. 20, scritto nei due anni precedenti e nato durante una delle tanti estati trascorse con la famiglia della sorella ed i nipoti, un angolo di serenità spirituale al quale il musicista fece ricorso sovente.
Il balletto ha un valore musicale davvero speciale, anche per le componenti “drammaturgico-musicali” (Čajkovskij fa un uso intensivo del cosiddetto leitmotiv e delle tonalità, con una cura particolare per la strumentazione).[28]

Tra l’estate e l’autunno del 1876 compone il poema sinfonico op. 32 Francesca da Rimini, un altro dei suoi lavori per grande orchestra oggi più eseguiti.
Sempre nel 1876 assiste tanto alla Carmen di Georges Bizet, quanto alla prima assoluta[29] della Tetralogia (L’anello del Nibelungo) di Richard Wagner, traendone – per diverse ragioni – motivi di entusiasmo (nel primo caso) o di critica (nel secondo, anche se le composizioni scritte in quel periodo risentono di effetti strumentali debitori al musicista tedesco). Carmen inoltre farà capolino anni dopo nel momento di creazione della propria opera liricaLa dama di picche.[30]

L’incontro con Nadežda von Meck

Gli eventi biografici che daranno una marcatura indelebile alla vita del musicista si verificheranno proprio tra la fine del 1876 e il 1877 e costituiscono due capitoli a sé, degni di essere indagati assieme al mistero sulla sua morte prematura (come infatti i biografi, ancora oggi, continuano a fare, per fini non solo di curiosità ma perché Čajkovskij fu un tipico artista dell’Ottocento, ove le sue proprie vicende personali si saldarono sempre con la creazione artistica). L’indagine critico-biografica tipica del secolo seguente e dell’attuale, con ricorsi anche alla psicoanalisi, cercherà di mettere in luce, gli aspetti della sua complessa personalità più di quanto non fosse già blandamente avvenuto nelle prime, pur non marginali opere biografiche (vedi sezione “Letteratura e media”).

Madame von Meck, la mecenate del compositore.

Nadežda Filaretovna von Meck, nata nel 1831 e dunque più vecchia di soli nove anni rispetto a Čajkovskij, era una russa di classe media che aveva ottenuto il titolo nobiliare sposando Karl von Meck, un ingegnere ferroviario, originario della regione baltica dell’antico Impero. Le condizioni economiche della famiglia (con molti figli) furono disagiate per lungo tempo (lo ricorderà la donna stessa in una lettera a Čajkovskij)[31], ma cambiarono tuttavia verso il 1860, in virtù della concessione governativa, ottenuta con intrighi e corruzioni, per la costruzione di tre importanti linee ferroviarie.[32]

Rimasta vedova[33] nel 1876, la donna si ritrovò un’immensa fortuna e – intelligente, pur se dispotica – amante delle arti e della musica in particolare, prese a diventare uno di quei mecenati che la storia russa del tempo vide non di rado.[34] La donna cercava all’epoca un giovane violinista che potesse accompagnarla nel repertorio per solista e pianoforte (madameera una buona dilettante). Tramite Nikolaj G. Rubinštejn la scelta cadde su Iosif Iosifovič Kotek, che aveva allora ventun anni, allievo di Čajkovskij ed anche – a suo tempo – uno dei tanti amanti del musicista.[35][36]

Fu così che il nome del compositore venne fatto e una commissione inoltrata (Kotek sapeva benissimo dei bisogni economici di Čajkovskij): lautamente ricompensata, s’intende. La prima lettera della donna al musicista è del 30 dicembre 1876: «La prego di credere che con la sua musica la mia vita è davvero diventata più facile e piacevole».[37] La risposta fu immediata, del giorno dopo.
È l’inizio di un rapporto particolarissimo, fatto di detto e non detto tra i due, di una dipendenza spirituale reciproca, analizzata ormai sin troppo dai biografi e purtuttavia carica di fascino (ne ha data una personale lettura il regista Ken Russell nel suo film (vedi sottosezione “Film e documentari televisivi”). La von Meck fu una delle tre donne importanti nella vita di Čajkovskij, assieme alla madre e alla sorella Aleksandra. A loro il musicista fece ricorso in varia misura e in diverse circostanze: più esattamente è possibile concordare con Maria Delogu quando dice: «Forse Čajkovskij sperava di trovare quella madre che tanto gli era mancata e di cui tutto sommato aveva molto più bisogno che di un’amante».[38]

La von Meck divenne la principale finanziatrice del compositore, cui elargiva frequentemente grosse somme di denaro ed un regolare mensile. La cosa avveniva all’insegna di un autentico mecenatismo, pur apparendo scontata la “facilità” dell’atto, vista la ricchezza di lei. Il musicista, dal canto suo, non si fece invero molti scrupoli nell’accettare e ricorrere sovente alla generosità di madame. Questo sostegno economico, al quale la von Meck si riteneva come obbligata tanto dalla propria posizione sociale quanto dal trasporto affettivo verso il musicista, consentì a Čajkovskij di abbandonare la cattedra al Conservatorio, per dedicarsi a tempo pieno alla composizione.

La donna fu anche una confidente privilegiata del musicista e la persona con cui intrattenne una fittissima corrispondenza : si scrivevano praticamente ogni giorno e anche più volte al giorno (questo almeno per la prima parte della loro relazione epistolare) dal 1877 al 1890. Secondo lo specialista Brett Langston, curatore del sito in lingua inglese “Tchaikovsky Research”, il numero complessivo sarebbe attualmente (2009) di milleduecentotré lettere, di cui 768[39][40] scritte dal musicista e 435 dalla von Meck.[41][42][43]

Čajkovskij fu un grafomane assoluto, capace di arrivare a scriver ben 18 lettere[44] al giorno; uno spazio, serale di solito, era puntualmente riservato a questo. Le lettere repertoriate nel The Tchaikovsky Handbook… ammontano a 5.248 (“aggiornato” a 5.259). La sua corrispondenza e i Diari[45] sono sovente rivelatori come non mai.[46][47]

Al settembre 2011, le lettere scritte dal musicista sarebbero 5.347 a 389 corrispondenti diversi, tenendo tuttavia presenti le “scoperte” più recenti di materiale sinora sconosciuto (quasi un centinaio).[48][49]

I due per reciproca, concorde volontà, non si incontrarono mai, anche se non mancarono delle eccezioni volute dal caso o dall’astuzia femminile della von Meck, contro ben altri sentimenti del musicista, che temeva l’approccio fisico con lei, fermo nella sua costante idealizzazione dell’altro sesso. Le circostanze sono riportate da più biografi. In una prima occasione, il musicista venne invitato (1878) a Firenze (una città prediletta, ove frequentemente tornava e compose) da madame che vi soggiornava. Il “gioco” era anche quello di visitare le reciproche dimore in assenza l’un dell’altro oppure, come scrive lo stesso Čajkovskij:

« Alle undici e mezzo precise del mattino passa davanti a casa mia, cercando di vedermi e non riuscendovi a causa della sua miopia. Ma io la vedo perfettamente. A parte questo, ci siamo intravisti una volta a teatro… »
(Čajkovskij, riportato da A. Orlova, op. cit., p. 152)

Un’ulteriore circostanza si verificò l’estate dell’anno seguente, ospite il musicista in una tenuta della von Meck presso Simaki. Nonostante i rispettivi orari fossero coordinati in modo da evitare possibili incontri, come racconta sempre il musicista:

« Accadde un incidente spiacevole…Andai nel bosco, persuaso di non incontrare certo Nadežda Filaretovna…Avvenne dunque ch’io uscissi un po’ più presto e che ella fosse in ritardo. Così ci incontrammo inaspettatamente. Sebbene ci guardassimo soltanto un attimo, io rimasi estremamente confuso, riuscii però a salutare cortesemente, togliendomi il cappello. Lei invece sembrò perder completamente il controllo e non sapere come comportarsi »
(Čajkovskij, riportato da K. von Wolfurt, op. cit., p. 185)

La von Meck però gli scrisse:

« Sono veramente felice del nostro incontro e non posso descriverle il calore che sentii affluirmi al cuore quando ebbi compreso che era lei…Non desidero rapporti personali fra noi, provo però un piacere enorme a sapermi silenziosa e passiva vicino a lei, a esser con lei sotto un medesimo tetto, come quella volta a teatro a Firenze, o incontrarla come poc’anzi… »
(von Meck, riportata da K. von Wolfurt, op. cit., p. 185)

Del resto il musicista temeva questo “pedinamento” (che avrebbe potuto nascondere chissà quali “pretese”) e rifiutò di vedere persino l’ultimogenita della von Meck che, sembra autonomamente, aveva manifestato il desiderio di vedere l’uomo misterioso e chiedeva innocenti ragguagli fanciulleschi sul misterioso signore. E a “madame” scriveva sempre e comunque lettere piene delle sue tipiche circonlocuzioni, esternando un contegno che spesso non corrispondeva ai suoi sentimenti reali, viceversa rivelati ad amici e parenti.

La von Meck era una donna appassionata nelle proprie manifestazioni: durante gli anni di questa inusuale relazione con il musicista lo manifestò chiaramente e tutt’altro che con desideri “platonici” (sebbene sempre velati), quando si rivolse significativamente a lui chiamandolo “mio tesoro”, “mio diletto” e “mio signore e Maestro”.[50] Il musicista per parte sua si guardò sempre bene dall’assecondare queste “voglie” di una vicinanza tangibile, che ovviamente capiva esservi da parte della mecenate.
È interessante tuttavia sapere che un accostamento fisico tra i due personaggi avvenne davvero, attraverso le nozze che i due favorirono (o si potrebbe dire “stabilirono”, ovviamente per corrispondenza) tra un figlio della von Meck, Nikolaj e Anna, una delle figlie della sorella di Čajkovskij, Alexandra Davydov, avvenimento sin troppo chiaro del desiderio di un’unione carnale (certo da parte di madame, più che altro).[51]

Nel 2013 uno dei canali culturali della televisione russa, ha mandato in onda un Concerto-drammaturgia dedicato al rapporto tra la von Meck e il musicista (vedi sezione “Letteratura e Cinema”).

Matrimonio e separazione

Seriamente convinto che ogni vicenda umana, specie quelle che lo riguardavano, fosse sotto l’influsso del destino – con la maiuscola (aveva scritto del resto nel1868 un lavoro sinfonico titolato Fatum) – Čajkovskij lesse questa relazione con la von Meck in tal senso, ma non solo, come si vedrà. Del resto egli espresse tali convincimenti non unicamente a parole o con modalità tipicamente russe del tempo, ma nella propria “filosofia” di vita, nell’intera sua estetica e dunque nella concreta realizzazione artistica.[52]
Il “ciclo” delle ultime tre sinfonie lo testimonia bene, quando, a proposito del celebre tema introduttivo della Sinfonia n. 4 in Fa minore, dedicata (non a caso) al “mio miglior amico” (ovverosia la von Meck), il musicista stesso[53] spiega:

Čajkovskij e la moglie Antonina Ivanovna Miljukova, 18 giorni dopo le nozze, foto del 7 agosto 1877, Mosca

« «Questo è il Fato, forza nefasta che impedisce al nostro slancio verso la felicità di raggiungere il suo scopo, che veglia gelosamente affinché il benessere e la tranquillità non siano totali e privi di impedimenti […] Invincibile, non lo domini mai. Non resta che rassegnarsi e soffrire inutilmente. Il sentimento di disperazione e sconforto si fa più forte e cocente. Non sarebbe meglio voltare le spalle alla realtà e immergersi nei sogni? […] Così tutta la vita è un’alternanza ininterrotta di pesante realtà, sogni fugaci e fantasie di felicità… Non c’è approdo. Vaga per questo mare, finché esso non ti avvolge e ti inghiotte nelle sue profondità.» »
(Čajkovskij, riportato da A. Orlova, op. cit., pp.109-111)

Un vero e proprio “ciclo” con tema il “Fato” quello delle ultime tre sinfonie, con un unico discorso tripartito: così esso è ormai considerato dalla moderna critica e segnatamente dai direttori d’orchestra.[54]

In queste condizioni costituzionali e di carattere (che non meritano esser sbrigativamente intese solo come un momentaneo “atteggiamento”, considerati gli eventi familiari vicini e lontani), ha luogo il secondo avvenimento capitale nella vita di Čajkovskij, pure esso esplicitamente reso nel film di Ken Russell che vi dedica ampia parte nell’esatta progressione dei fatti reali.
Dell’avvenimento restano resoconti diretti dello stesso musicista e nel racconto dell’amico Kaškin. Essi sono lungamente rintracciabili nel volume di Alexandra Orlova.[55]

Lo spartito dell’operaEvgenij Onegin, 1877.

Le circostanze (che il musicista lesse come fatali) vollero che in quel momento stesse iniziando la composizione di quello che sarà uno dei suoi massimi lavori per le scene liriche, Evgenij Onegin (Eugenio Onieghin) e lo cominciasse esattamente dalla celebre scena “della lettera”, in cui la protagonista, Tat’jana, esprime le sue pene d’amore. In quel mentre, una sua ex-allieva (che egli poco o niente ricordava), Antonina Ivanovna Miljukova, nata nel 1849, gli scrisse una lettera-dichiarazione d’amore.
Il collegamento tra realtà ed arte, tra vita e ideale fu rapido per il musicista, tanto che – seppur poco convinto nell’intimo e contro il parere di amici e parenti – si decise per un matrimonio fulmineo. Ammise: «Ho deciso di non sfuggire al mio destino e che il mio incontro con questa ragazza è stato in qualche modo voluto dal destino» (lettera alla von Meck ).[56] E a Kaškin: «Amavo Tat’jana ed ero terribilmente arrabbiato con Onegin che vedevo come un bellimbusto freddo e privo di cuore […] e mi è parso di comportarmi molto peggio di Onegin».[57]

È interessante riportare la puntualizzazione in merito allo sviluppo del fatto secondo lo specialista Alexander Poznansky[58] e ripresa da Ferruccio Tammaro [59], per cui, dice Tammaro «…il rapporto fra vicende compositive e vicende biografiche potrebbe essere visto anche in senso inverso: sarebbe stata la relazione con la Antonina ad avvicinare Čajkovskij all’Onegin […] e non il contrario».[60]

Le nozze furono celebrate il 18 luglio 1877 (Calendario gregoriano). L’esito di tale atto fu disastroso. Le conseguenze sulla sua psiche furono devastanti. Scriverà fra l’altro:«Dal punto di vista fisico, mi è diventata assolutamente ripugnante [corsivo della fonte]»[61]; ed ancora: «Avrei potuto strozzarla».[62]
Costantemente in preda ad una fortissima repulsione verso la moglie scivolò nella Moscova tentando un suicidio “indiretto” (l’amico Kaškin lo seppe esattamente da lui e lo riportò nelle proprie “Memorie”,[63]), ma che si risolse in semplice raffreddore[64]. Ripresosi fisicamente, passò presto ad un grave esaurimento nervoso; venne aiutato da familiari, amici e dalla stessa von Meck (che aveva sapientemente celato, all’inizio, la gelosia ed ora poteva esser certo felice del naufragio matrimoniale).[65]

L’opportunità di un matrimonio, medicina incerta vista la propria omosessualità, fu determinata in Čajkovskij paradossalmente proprio da tale condizione. Al fratello Modest, anch’egli apertamente omosessuale,[66] aveva scritto nell’autunno del 1876,[67] che pensava al matrimonio più che altro per i suoi familiari che per se stesso, in quanto era amareggiato dai pettegolezzi che la collettività poteva fare. Segreto di Pulcinella la sua condizione e vivo il senso di frustrazione (come è ovvio se si pensa all’epoca) tanto da farlo trasalire ovunque, in treno, al ristorante, quando leggeva negli innocenti sguardi di sconosciuti disprezzo e condanna.[68]
Matrimonio di convenienza dunque, per “copertura sociale”, alla fine, romanticismi e fatalismi a parte, anche se essi vanno considerati. Queste soluzioni erano del resto all’ordine del giorno come nel caso dell’amico intimo Vladimir Stepanovič Šilovskij[69], per tacere di tant’altri.
Ma non sono pochi i critici che hanno notato come fu anche questo suo “isolamento”, questa sua “diversità” una delle spinte a scrivere una musica piena di veropáthos (con valore etimologico, di “sofferenza”).[70]

Per completezza si noterà che-nonostante quanto appena detto e più oltre meglio evidenziato, (oltre che nelle stesse copiosissime testimonianze epistolari del musicista o del Diario, per tacere della musica stessa)-esiste un filone della critica il quale vede Čajkovskij meno tribolato di quanto in realtà non fosse, talvolta unposeur, non di rado melodrammatico al massimo grado. Il musicologo Hofmann ne è un esempio e con amorevole equilibrio:«Era stato scelto davvero dal destinoper soffrire in questo mondo [corsivo originale] oppure tale destino se l’era imposto?».[71] [72]

Due dei suoi tre celeberrimi balletti (“Schiaccianoci” e “La bella Addormentata”) videro la luce per esempio, con questa contraddittoria personalità: «Čajkovskij si rifugia-per sfuggire al suo démone-nell’infanzia [le favole alla fonte di quei soggetti, n.d.r.]… Compose… la musica più luminosa, più allegra che esista; perfino nei momenti più angosciosi della vicenda, si sente penetrare una luce: come i bambini che, anche se hanno paura, sanno che per loro il male non può durare»[73].

Antonina rappresentò una spina nel fianco per tutta la vita, rifacendosi viva, dopo la separazione di fatto (impossibile o meglio inopportuno il divorzio, per i pettegolezzi che avrebbe suscitato), con richieste di denaro e minacce (nonostante ricevesse una pensione dal musicista), mentre aveva avuto diversi figli da successivi rapporti). Già debole di mente (ma questo giudizio deriva anzitutto da Modest[74]), morì in manicomio nel 1917.

Non mancano, è bene precisarlo, nella bibliografia attorno a questo sfortunato personaggio, prese di posizione (documentate, oltre che oggetto di discussione) a favore di Antonina, vista sì come una donna debole, ma che ebbe la sfortuna di incrociare il proprio cammino con quello di un uomo tanto problematico quale Čajkovskij[75].Antonina lasciò una versione propria dei fatti, pubblicata nel 1894 e ristampata una sola volta nel 1913.[76][77]. Nel film di Ken Russell L’altra faccia dell’amore il regista “riabilita” non poco l’immagine della Miljukova talvolta sbrigativamente passata come pura ninfomane delirante.

Riprendendosi, Čajkovskij scriverà grato a Nadežda von Meck (il cui nome proprio-curiosamente-significa in russo “speranza”): «D’ora innanzi ogni nota che uscirà dalla mia penna sarà dedicata a Voi!».[78]

Le opere della piena maturità, fino al 1885

La terza ed ultima casa del musicista, a Klin, dal 1892, oggi “Museo Čajkovskij”.

La conclusione della vicenda con la moglie ed il periodo di riposo che ne seguì, auspici in particolare la von Meck e la sorella Aleksandra, segnano una graduale ma costante rinascita spirituale ed artistica del compositore. Le musiche scritte da allora, non solo aumentano quantitativamente, ma cresce la qualità e il successo in Russia come all’estero.
È un crescendo che non si interromperà di fatto sino all’ambigua morte, tanto che molti musicologi sono certi che se Čajkovskij fosse sopravvissuto avrebbe scritto ancora molta musica, con soluzioni pure e senz’altro innovative e al passo coi tempi: la particolare scrittura de La bella addormentataLo SchiaccianociIolanta e della Sesta sinfonia (Pathétique), sembrano testimoniarlo.[79]
E a tale proposito non va dimenticato un commento di Igor’ Fëdorovič Stravinskij circa una precisa influenza che Čajkovskij avrebbe avuto secondo lui, sul giovane Mahler della prima e seconda sinfonia (e citava i passaggi).[80][81]

Le composizioni che vedono la luce da allora sono tutte o quasi destinate alla celebrità. Fra esse la Quarta Sinfonia, in Fa minore op. 36 e l’opera lirica Evgenij Onegin, già citati, la Suite n.1, in Re minore op. 43, mentre a Firenze[82] su invito della von Meck, nell’Italia che tanto gradiva[83], cura la composizione di una nuova opera lirica: Orleanskaja deva (La pulzella d’Orléans).

Ecco il Capriccio italiano iniziato a Roma nel gennaio 1880 e poi la Serenata per archi in Do maggiore e l’Ouverture Solennelle «1812»; la sua fama cresce ulteriormente, testimoniata anche dall’offerta di direzione del Conservatorio di Moscadopo la morte di Nikolaj Grigorevič Rubinštejn nel 1881, che egli rifiuta. Alla fine dell’anno viene eseguito il Concerto in Re maggiore, per violino e orchestra, op. 35 stroncato da Eduard Hanslick ma pure esso tra le opere più popolari del musicista. Alla memoria di Nikolaj Rubinštejn dedica il Trio in La minore, per pianoforte, violino e violoncello, op. 50, intitolato «Alla memoria di un grande artista». Viene eseguito nel 1882 il Concerto n. 2 in Sol maggiore per pianoforte ed orchestra, op. 44.

Viaggi e spostamenti gli consentono di vedere ed ascoltare molto repertorio musicale del tempo e di ogni composizione si ritrovano nella sua sterminata corrispondenza annotazioni critiche (ad esempio di Wagner trova tremendamente lungo il Tristano e Isotta; dell’autore tedesco continuerà a prediligere Lohengrin).[84]

Il 1885 incomincia positivamente. Hans von Bulow dirige la Suite n. 3, in Sol maggiore ottenendo grande successo, lo zar e la corte assistono ad una recita diEvgenij Onegin. Pochi mesi prima il musicista aveva avuto un’udienza personale a corte, ricevuto un’onorificenza e appreso dalla voce di Alessandro III d’essere ilmusicista della famiglia regnante. Quest’ultimo avvenimento e la protezione ufficiale che ne seguì mitigarono alcune ferite dell’animo inquieto dell’artista, sempre del resto alla ricerca di conferme ufficiali e riconoscimenti che sanassero la sua perenne insoddisfazione esistenziale.
Čajkovskij decise allora, come evidenza tangibile del “traguardo” raggiunto, di affittare una casa in campagna tra Mosca e San Pietroburgo: la scelta cadde su Maidanovo, nei dintorni di Klin. Il musicista potrà dire con fierezza: «Che gioia essere a casa mia… Capisco ora che il mio sogno di passare il resto della mia vita nella campagna russa non è un capriccio passeggero, ma un’esigenza naturale e profonda».[85]

Sebbene ben lontano dalla propria morte, il musicista si abbandona a frequenti osservazioni sul mistero della vita che emergono puntualmente dai suoi diari e lettere: «Nella mia mente c’è il buio e non potrebbe essere altrimenti di fronte alle domande insolubili per la debole ragione, come la mortelo scopo e il significato della vitala sua eternità o caducità [corsivo della fonte]».[86]

Gli ultimi anni

Čajkovskij nel 1888 (18 marzo, Parigi) con il violoncellista russo Anatol’ Brandukov

Nel 1885 Čajkovskij viene eletto direttore della sezione moscovita della Società Musicale Russa, un’istituzione cardine a quei tempi ed i suoi rapporti con parenti, amici e la von Meck proseguono in linea di massima con regolarità di contatti come nel passato.
Ora dorme di più, fuma e beve di meno e conduce una vita all’insegna del controllo psicofisico con regolarità d’abitudini quotidiane, lui che, nevrotico giustificato anche dagli eventi, aveva condotto spesso una vita disordinata. L’umore è buono, spesso ottimo, ma non mancano regolari quasi fisiologiche crisi depressive.

A lui bastava poco (vedi l’Hofmann nella sua biografia citata): la partenza di un amico, un tramonto, il paesaggio russo, un ricordo lontano, come quello nell’anniversario della morte della madre che non gli permette di chiudere occhio una notte dopo che ha ritrovato reperti epistolari dell’epoca: scrive a tal proposito infatti: «La nostalgia di mia madre…che amavo di un amore morboso ed appassionato…».[87]

Dal 1885 sembra[88] che siano cominciate da parte dei figli della von Meck lamentele per le sovvenzioni che madameproseguiva ad elargire nonostante le mutate condizioni economiche dell’artista.

A Parigi (un’altra città frequentatissima) nel 1886 tra caffè, ristoranti e ritrovi di dubbia reputazione, mignons ufficiali e incontri occasionali,[89] Čajkovskij ebbe una delle più grandi emozioni della sua vita. In casa della cantante Pauline Viardot gli fu permesso di vedere l’autografo manoscritto del Don Giovanni di Mozart e ne fu sconvolto. Fu per lui come parlare con il grande artista.

« Ho sfogliato per due ore la partitura originale di Mozart. Non posso descrivere l’emozione provata nell’esaminare il sacro oggetto [corsivo della fonte]. Mi è sembrato di stringere la mano a Mozart in persona e chiacchierare con lui »
(Čajkovskij, anche in C. Casini, M. Delogu, op. cit., p. 337)

Altri viaggi all’estero specie per la direzione di proprie composizioni nel 1887 e nel 1888, un anno questo che vedrà la nascita della Sinfonia n. 5 in Mi minore op. 64 (un anno, il 1888, peraltro ricco di molte celebri composizioni di altrettanto celebri musicisti, come Gustav Mahler, Richard Strauss, César Franck e Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov.[90]
Al ritorno in Russia una nuova sistemazione sempre vicina a Klin, esattamente a Frolovskoe, in campagna e l’assegnazione di un vitalizio annuo di tremila rubli accordatogli motu proprio dallo Zar[91] (segno della sua alta considerazione) e che con i proventi dal lavoro e la pensione della von Meck, potevano certo metterlo al sicuro (nonostante Čajkovskij fosse anche uno “spendaccione” per sé e gli altri, generoso atteggiamento sempre manifestato, nell’ambito di quel proprio carattere insicuro e non senza ombre).

Sono gli anni della composizione anche di altre opere liriche, sebbene considerate di valore inferiore rispetto a Evgenij Onegin e La dama di picche. Questi i titoli:Mazepa 1881-1883, Čerevički (Gli stivaletti), 1885 (che è una rielaborazione di Il fabbro Vakula) e Čarodejka (La maliarda), 1885-1887. Nel settore sinfonico laSinfonia Manfred del 1885 e la Suite n. 4, in sol maggiore, op. 61, 1887.
Nel 1888 compiendo la già citata sua prima tournée all’estero e toccando Lipsia conoscerà Johannes Brahms (che non gli risulterà particolarmente simpatico ripagato parimenti dall’altro artista) e Grieg (il contrario); a Praga sarà invece la volta di Antonín Dvořák con il quale nasce una spontanea comprensione e che già lo apprezza intensamente.

Importante fu la commissione del suo secondo balletto Spjaščaja krasavika(La bella addormentata) già iniziata nel 1888 e composta seguendo strettamente le indicazioni librettistiche di Ivan Aleksandrovič Vsevoložskij, direttore dei Teatri Imperiali e soprattutto quelle meticolose di Marius Petipa, il coreografo. Alla prova generale era presente l’imperatore che se ne uscì con un laconico «Molto grazioso!». Il musicista ne fu offeso: «Sua Maestà mi ha trattato molto sbrigativamente. Dio sia con lui.».[92] Protagonista fu la celebre Carlotta Brianza assieme a Pavel Gerdt e al celebre Enrico Cecchetti. Musicalmente e drammaturgicamente il balletto è prossimo a Il lago dei cigni ma con dettagli più elaborati.[93]

Una curiosa foto del musicista con i primi due interpreti de “La dama di picche”, 19 luglio 1890, il tenore Nikolaj Nikolaevič Figner e il soprano Medea Ivanovna Figner, nata Mej.

Nel 1889 “scopre” tra l’ammirato e l’entusiasta il fonografo di Edison, che giudica la più interessante invenzione del XIX secolo.[94] Nel 1890 parte per Firenze dove appronta La dama di picche su libretto del fratello Modest, e i suoi scritti autografi testimoniano del fervore creativo che accompagna la creazione di quest’opera vivamente sentita, il cui fatalismo si ispira anche alla Carmen di Bizet. E se mai avesse avuto dubbi nel credere alle beffe del Fato, ecco che un drammatico avvenimento accade al suo rientro nell’ottobre di quel 1890.
Con una prima lettera (4 ottobre, data del Calendario gregoriano) madame von Meck lo avvisava di diverse disgrazie economiche cui era andata incontro. Questa missiva si chiudeva tuttavia con le tradizionali formule affettuose e in un post-scriptum lo invitava a scrivergli a Mosca anche se lei ora si trovava all’estero.[95]
Pochi giorni dopo però il musicista ricevette una seconda lettera della donna comunicantegli che a causa di ulteriori e definitivi dissesti finanziari, ella non avrebbe potuto più sovvenzionarlo.

Tale lettera (non conservatasi) si chiudeva con parole (lo si deduce dalla risposta del musicista, rimasta) in cui la von Meck chiedeva di non essere dimenticata del tutto. Čajkovskij comprensibilmente allarmato, si precipitò a rispondere, manifestando il suo affetto e la sua fedeltà, la sua eterna riconoscenza.
Le reazioni del musicista furono però di profondo malessere, come testimoniano sue corrispondenze al proprio editore ed amico Pëtr Ivanovič Jurgenson.[96]
Non dandosi pace, tentò di riallacciare i rapporti con intermediari, ma alcuni di questi – per vari interessi e motivazioni personali – si rifiutarono od ostacolarono tutto.

Il compositore nel suo studio a Frolovskoe, nei pressi di Klin; la foto è datata 26 luglio 1890

È stato anche ipotizzato che le ultime somme elargite lo fossero state contro la volontà dei familiari. La von Meck del resto stava attraversando anche un periodo di malattia psicofisica e la vecchiaia la rendeva sempre più dipendente dai figli che, mai sazi di denaro, vedevano con costante preoccupazione il protrarsi del mecenatismo materno. E poi in lei, forse, avvenne qualche ripensamento: qualche scrupolo di aver trascurato la sua numerosa figliolanza dovette farsi strada.[97]

Significative sono le parole immaginate da uno scrittore russo contemporaneo, Jurij Markovič Nagibin[98], in un suo racconto ove madame alle lamentele dei figli esplode così:

« Come osate dare in escandescenze davanti all’incarnazione dell’arte? Se la gente si ricorderà di noi, sarà soltanto perché abbiamo condiviso il destino del signor Čajkovskij »
(Nadežda Filaretovna von Meck, nel racconto di Jurij M.Nagibin, in Nicastro, op. cit., p. 219)

La realtà che la von Meck non fosse finanziariamente naufragata ed il suo assoluto silenzio (ma come si è detto probabilmente essa fu tenuta all’oscuro dei tentativi e desideri del musicista di ripresa dei contatti o lo seppe tardivamente ed inutilmente), furono una dura prova per Čajkovskij, il cui lato economico della faccenda effettivamente poco poteva importargli, avendo raggiunto una sua propria agiatezza.

Sul letto di morte, nel delirio, il musicista pronunziò ripetutamente la parola “maledetta” e il fratello Modest pensò che essa fosse rivolta alla von Meck, ma il biografo Warrack ha sostenuto che essa poteva invece riferirsi alla malattia che lo stava uccidendo (in russo “colera” è di genere femminile) e che del resto era stata la causa della morte a suo tempo dell’amatissima madre.[99]

Nel 1891 il Teatro Mariinskij lo incarica dell’opera lirica in un atto Iolanta e di un balletto Ščelcunčik (Lo Schiaccianoci) da darsi congiuntamente. L’opera, l’ultima composizione lirica del musicista, è diversa da tutte le altre scritte ed ha sorprendenti anticipazioni che la critica, specie posteriore, noterà.[100] Quanto al balletto, anch’esso costruito con meticolosa precisione come avvenuto per La bella addormentata, è lo stesso musicista a fornire una chiave di comprensione generale e di alcuni suoi elementi costitutivi, in questa lettera di tempo addietro: «I fiori, la musica e i bambini, sono i gioielli della vita. Non è strano che amando tanto i bambini il destino non mi abbia dato di averne?».[101]

Alla morte dell’amata sorella Aleksandra, nel 1891, appresa all’estero su un giornale (e che egli tentò come di rimuovere), riversò sul di lei figlio, Vladimir detto Bob[102][103], l’affetto pieno e totale che era già stato ampiamente manifestato negli anni precedenti. Il giovane (morirà suicida nel 1906, per i dolori di una grave malattia[104]) fu l’ultimo serio oggetto di passione amorosa del musicista, ma avendo una valenza particolare come è facile intuire. A lui fu dedicata la Sinfonia n.6 in Si minore, op. 74 Pathétique, 1893. I rapporti tra zio e nipote hanno dato modo ai biografi di scrivere molto e non a torto, in quanto “Bob” approfittò della generosità e debolezza dello zio in ogni senso.[105][106]

La morte

La voce di Čajkovskij
La voce del musicista (la notizia in un articolo a firma A.T., sul quotidiano milanese Il Giorno del 16.11.1997), è stata fortunosamente ritrovata in un rullo conservato sino al 1996 nella casa museo di Klin a Mosca assieme ad alcuni altri e restaurato da tecnici della TV giapponese.I cilindri erano in pessime condizioni, il migliore era proprio quello con la voce del musicista e Anton Grigorevič Rubinštejn – il maestro di Čajkovskij e direttore del Conservatorio di San Pietroburgo – registrati dall’ingegnere tedesco Iuli Block, mentre facevano una partita a carte. La registrazione è breve perché la batteria del fonografo si deve essere scaricata presto.

La pulizia ha richiesto dei processi molto sofisticati. L’anno di registrazione è il 1890 ed il compositore aveva conosciuto il congegno l’anno avanti (il fonografo era stato inventato da Edison già una dozzina di anni prima).

Nella conversazione Čajkovskij parla del fonografo e della possibilità di incidere suoni e musica: Rubinštejn sostiene l’inefficacia del mezzo che avrebbe fatto perdere “anima” alla musica.

Čajkovskij invita addirittura il maestro a registrare una sonata al piano, ma lui, superstizioso, si rifiuta poiché ritiene che il marchingegno che imprigiona i suoni porti sfortuna. Il ripristino tecnico ha avuto il contributo della Sony che ha costruito un apposito meccanismo per leggere il cilindro d’acciaio originale.

Il musicista scriverà (in francese) nell’album dell’ingegner Block:

« Il Fonografo è certamente l’invenzione più sorprendente, bella ed interessante, tra tutte quelle che onorano il XIX secolo! Gloria al grande inventore Edison! »
(14 ottobre 1889[107])

La voce del musicista:  Voices of the Past.YouTube

Nel 1892 Gustav Mahler, che lo impressiona come direttore non comune, dirige ad Amburgo alla sua presenza Evgenij Onegin. Ascolta in quel momento anche la Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni che gli piace molto[110][111].In questi anni la fama di Čajkovskij è al culmine. Inizia un giro concertistico negli Stati Uniti, chiamato ad inaugurare i concerti della Carnegie Hall; trova l’America e gli americani strani e curiosi, ma simpatici: vede un mondo veramente nuovo e ne scrive copiosamente, sempre festeggiato ed onorato come il “Re”, assalito dai giornalisti si accorge di essere popolare in America dieci volte di più che in Europa[108].[109].

In primavera cambia casa per la terza ed ultima volta proprio a Klin e ne fu pienamente soddisfatto: assomigliava a quella in cui era nato ed aveva un giardino di betulle e fiori, che il compositore amava; questa dimora diventerà un giorno l’attuale “Museo Čajkovskij”, pieno di suoi ricordi, materiali e documenti per volontà primaria del fedele domestico Aleksej Sofronov, del fratello Modest e del nipote Bob Davidov, ed in seguito divenuta monumento nazionale per pubblico omaggio da parte di Lenin[112][113]

La sala principale della casa a Klin, con il pianoforte e la scrivania. Si notino i ritratti appesi nella parete in fondo: al centro Beethoven, più in alto di tutti Anton G. Rubištejn.

Comincia a pensare ad una nuova sinfonia[114] che dovrebbe raccogliere la sua “vita” (e questo primitivo titolo circola nei suoi appunti). Ne abbozza qualcosa (la tonalità è in Mi bemolle maggiore) ma viene messa da parte; il primo movimento confluirà poi nelTerzo Concerto per pianoforte ed orchestra, op. 75 postuma.
È però interessante sapere[115] che all’inizio del 1891 tali schizzi portavano delle annotazioni le quali saranno di fatto “trasportate” e seguite (se non tali e quali ma come traccia di massima), nel programma “segreto” della Sesta Sinfonia, segno che il compositore stesse arrovellandosi su questi temi. Scrive: «Prima parte – tutto impeto e sicurezza, voglia di attività. Deve essere breve (alla fine “morte”, risultato del collasso). Seconda parte: amore. Terza: disinganno. La quarta finisce morendo (anche questa breve)». Indicò anche alcuni titoli: «I Gioventù II Ostacoli! Assurdità… Coda – Avanti, avanti!» (è un’ipotesi che in quel tempo stesse rimuginando sulla propria storia con la von Meck).

Un fatto evidente emerge chiaro dalla fase terminale e “calante” della vita e del fare artistico: la necessità quasi “biologica” di scrivere l’opera capolinea, riassuntiva e conclusiva del proprio percorso poetico. Da un certo momento dunque, come dimostra la cronologia biografica e artistica, il musicista è verosimilmente ossessionato da questa Sesta Sinfonia, oscura, con un’ansiosa ostinatezza di programma preciso quanto gelosamente celato[116], l’atto finale, il riassunto di un’intera esistenza, vita, morte ed ufficio funebre[117]. L’abbozza, inizia a scriverla, la riprende, la modifica, non sa decidersi, un continuo cruccio alla fine compiutamente risolto[118][119].

La morte sembra davvero battere alla porta. Continuano a spegnersi gli amici e gli amori di una vita, anche il poeta Apuchtin nell’agosto del 1893: gli si chiederà di musicare il di lui Requiem, ma, declinando, precisa che nella propria ultima sinfonia, soprattutto nel finale, l’atmosfera è «quella stessa»[120].
Il caso gli ha concesso di rivedere all’estero la sua ormai vecchia governante Fanny Dürbach e l’onda dei ricordi lo sommerge e commuove.
Ancora un giro concertistico all’inizio dell’ultimo anno di vita, poi inizia la stesura della sua ultima sinfonia Pathétique, ma, prima di chiuderla, utilizza il materiale dell’abbandonata sinfonia in Mi bemolle maggiore per il già citato Terzo Concerto per pianoforte ed orchestra in un solo tempo e per due movimenti Andante e Finale, sempre per piano ed orchestra, poi rivisti dall’allievo Sergej Ivanovič Taneev (vedi “Composizioni”).
L’Università di Cambridge lo insignisce del dottorato in musica],[121] assieme a Saint-Saëns, Grieg, Boito e Bruch[122].
Il 16 ottobre (data russa, per cui il 28 ottobre del Calendario gregoriano) 1893 avviene la prima della Pathétique a San Pietroburgo sotto la sua personale direzione che lascia l’uditorio in uno stato di ammirata sorpresa, ma con ampie zone di incomprensione[123]. Il «Requiem per me stesso», la sinfonia con un programma “misterioso”[124] è il proprio testamento spirituale ed artistico.

Soltanto nove giorni dopo il musicista muore. È opinione diffusa che abbia commesso suicidio, anche se il modo e le circostanze sono ancora incerte: si è parlato dicolera, contratto bevendo acqua infetta, anche se è più probabile l’avvelenamento da arsenico che produce una sintomatologia pressoché identica a quella del colera. Ma i dubbi circolarono diffusamente ovunque all’indomani della morte. La versione alternativa che si oppose a quella ufficiale (sancita dal biografo e fratello Modest) per colera tramite acqua infetta, è quella di un imposto suicidio tramite veleno autonomamente assunto dal musicista.

La tomba del compositore nelCimitero Tichvin di San Pietroburgo

Il compositore era entrato in relazione amorosa con il figlio di un certo conte Stenbok-Fermor, il quale oltremodo seccato dalla cosa era intenzionato a denunciarla direttamente allo zar.
Lo scandalo che ne sarebbe derivato (così la musicologa Alexandra Orlova, vedi sezione “P.I.Č. nella letteratura e nel cinema”)[125] avrebbe avuto probabilmente drammatiche ripercussioni su Čajkovskij, in particolare e proprio su un personaggio tanto universalmente noto e simbolico per la Russia (la legge prevedeva la perdita di ogni diritto e l’esilio inSiberia, anche se di fatto questo “delitto” rimaneva sottaciuto e tollerato anche, specie – o perlomeno – in ambienti aristocratici)[126]. Non minor danno (secondo i sostenitori di tale versione) sarebbe ricaduto sulla Scuola di Giurisprudenza e sui suoi ormai famosi ex-allievi, tutti viventi ed altolocati (alcuni amici ed ex-amanti del musicista al vero).
La soluzione più pratica apparve quella di un “giurì” d’onore al quale avrebbero partecipato, presente il compositore, sette alti personaggi. La lettera in cui il conte denunciava Čajkovskij non sarebbe stata trasmessa allo zar, ma il musicista si impegnava ad assumere il veleno, che gli venne recapitato successivamente, onorando tale assurdo impegno, anche proseguendo agli occhi di tutti, in particolare di amici e familiari, la vita d’ogni giorno.

Quando Čajkovskij cominciò a star male la confusione su cosa stesse in realtà succedendo fu generale e i dubbi nacquero immediati. Tra i primi, famosi personaggi stupefatti in proposito, fu Rimskij-Korsakov che scrisse nelle sue Cronache: «Non solo per me, è stata oggetto di meraviglia la constatazione che non venne adottata alcuna precauzione d’ordine sanitario in quei giorni a casa sua, nonostante si dicesse in giro che il colera era stato la causa del decesso. Ricordo bene di aver visto… un insegnante… del Conservatorio, baciare il morto in fronte e sulle guance»[127].
Va aggiunto che numerose persone avevano avuto accesso all’appartamento prima e dopo la morte; per due giorni la salma restò esposta all’omaggio della gente, in casa di Modest: l’appartamento disinfettato e il corpo avvolto in un lenzuolo imbevuto anch’esso di antisettico, mentre un’infermiera disinfettava con una garza il volto trasfigurato (esiste una celebre fotografia[128]), del musicista, sulla quale la folla depose il rituale bacio d’addio[129]. È del resto anche vero che alcune scoperte scientifiche relative al morbo avevano reso le persone molto meno terrorizzate da una in sé remotissima possibilità di contagio.

Le vere cause sono comunque ancora dibattute, come lo furono del resto all’epoca dei fatti, con opposti sostenitori della versione ufficiale di morte per colera e altri del suicidio tramite veleno. Non mancano peraltro “varianti” a queste due ipotesi fondamentali, sulle quali si è sbizzarrita la bibliografia[130]. Se pure fu colera, la discussione si è accesa su attraverso quali “vie” il compositore venne contagiato (acqua, rapporti sessuali, eccetera)[131].

Il musicista in una delle innumerevoli foto-ritratto della maturità. Questa è del 1888, l’anno della Quinta Sinfonia.

Cosa accadde è un mistero verosimilmente destinato a restare tale per sempre[132][133] Il 6 novembre 1993 nel centenario della morte la BBC nel documentario radiofonico dal titolo Pride of Prejudice (vedi sezione “Letteratura e cinema”), trasmesso su BBC Radio 3, interpellò vari esperti che avevano preso parte al confronto sulla questione (tra cui Alexandra Orlova e Alexander Poznansky, oltre a storici russi e medici specialistici): la conclusione pendeva in gran parte per il “giurì d’onore” e l’avvelenamento.
Un altro documentario, stavolta televisivo, venne prodotto nello stesso anno per la serie BBC 1 “Omnibus”: Who Killed Tchaikovsky?, a cura di Anthony Holden, prendendo in esame gli stessi argomenti e con interviste simili (vedi sezione “Letteratura e cinema”).
La giornalista Leonetta Bentivoglio ha scritto su la Repubblica, sempre nel 1993[134], un articolo sulla questione con un sintetico e puntuale ritratto complessivo dell’uomo ed artista Čajkovskij[135][136].

Per lo specialista Alexander Poznansky[7] non vi sono dubbi: il musicista muore attorno alle tre antimeridiane del 6 novembre 1893 per complicazioni derivanti dal colera (uremia ed edema polmonare). [137]

Ma il biografo più accreditato, David Brown, avverte:”Lasciatemi dichiarare categoricamente […] che non esiste una sola prova che la morte di Čajkovskij sia stata dovuta al colera preso bevendo dell’acqua non bollita e non ad altre cause naturali, anche si vi sono altre ipotesi, spesso confermate da più di un testimone diretto, che sembrano indicare chiaramente chequalcosa d’altro fosse successo, ma poiché nessuna di esse può essere confermata restano appunto ipotesi.”[138]

Ed infine, sempre Brown, conclude e sentenzia: “Ci sono state lunghe discussioni[139], spesso piene di acrimonia, su questi fatti e sui vari annessi, e la sola conclusione possibile è che non ci sarà mai dato modo di sapere che cosa sia veramente accaduto né-cosa ancora più importante-perché.[140]

«Nonostante la sua fragilità neuropsichica, sarebbe vissuto chissà quanto», ha scritto Luigi Bellingardi[141], «Invece un laccio della vita, del destino, gli fu fatale. Senza scampo».[142].

Alle esequie di Stato, un onore fino ad allora concesso solo alla storico Karamzin e a Puškin, era attesa la partecipazione dello zar Alessandro III che, tuttavia, rimase ad osservare la folla da una finestra. Il suo commento fu: «Avevamo un solo Čajkovskij».
Nella Cattedrale di Kazan’ sulla bara venne posta una corona di rose bianche, dono personale dello zar, ed un cuscino di velluto nero con le decorazioni di San Vladimiro[143].
La Cattedrale ove si officiò il rito poteva contenere 6.000 persone, ma le richieste per assistere ai funerali furono dieci volte tanto e nel luogo sacro si riuscirono a stipare 8.000 individui[144].
La von Meck morì due mesi dopo il musicista, lontano dalla Russia, per tubercolosi. Anna Davydova-von Meck, nipote di Čajkovskij, quando le fu domandato comemadame avesse accolto la scomparsa del suo amico, rispose: «Non poté accettarla»[145]; al funerale del musicista fu la grande assente, rappresentata da una corona di fiori.[146]

Tra i numerosi commenti alla scomparsa del musicista, significativo quello di Lev Tolstoj: «Mi dispiace tanto per Čajkovskij… Più che per il musicista mi dispiace per l’uomo intorno a cui c’era qualcosa di non completamente chiaro. Quanto improvviso e semplice, naturale ed innaturale, e quanto vicino al mio cuore»[147].
La tomba del compositore si trova al Cimitero Tichvin, situato nel Monastero di Aleksandr Nevskij di San Pietroburgo, là ove sono sepolti molti altri artisti russi tra cui, emblematicamente, l’intero Gruppo dei Cinque.

Stile

Culturalmente molto distante dai compositori russi a lui contemporanei d’ispirazione nazionalista, passati alla storia come il Gruppo dei Cinque, Čajkovskij rivelò nella sua musica uno spirito cosmopolita. Pervase da una sensibilità estenuata e da una naturale eleganza, le sue partiture presentano nondimeno tratti talora distintamente russi, sia nella predilezione per il modo minore, sia soprattutto nel profilo delle melodie, talvolta ricavate dalla tradizione popolare o dalla liturgia ortodossa.

Diversamente dai colleghi russi, Čajkovskij studiò per tutta la vita la musica occidentale – dal prediletto Mozart (mentre è noto che non amasse particolarmenteBeethoven[148], e in particolare il Beethoven della maturità) agli operisti italiani, dai romantici tedeschi (Schumann certamente il più amato, e preferito al “rivale” Johannes Brahms[149]) alla nuova scuola francese di Bizet e Massenet – riuscendo a dare alla sua arte un respiro decisamente internazionale. In questo senso, la sua figura di artista aperto, capace di assorbire e rielaborare qualsiasi linguaggio e qualsiasi forma musicale, è fondamentale sia in ambito romantico, sia per la comprensione del futuro percorso artistico di Igor’ Fëdorovič Stravinskij, che non si stancò mai di spendere parole di elogio ed ammirazione, definendolo “il più russo di tutti i musicisti russi”.[150][151]

Tra i molti aspetti della sua figura poliedrica, di compositore quanto mai istintivo e appassionato e al tempo stesso estremamente attento alla cesellatura formale, spicca la sua straordinaria sensibilità timbrica. Čajkovskij seppe indagare le possibilità espressive degli strumenti tradizionali, in particolare i fiati, ricavandone suoni e impasti originali, raffinatissimi e inconfondibili. L’importanza che egli attribuì ai colori dell’orchestra fu tale da relegare la produzione pianistica in secondo piano, nonostante la straordinaria fama guadagnata dal suo primo concerto per pianoforte e orchestra.[152]

E’ essenziale capire poi la particolare “collocazione” del musicista e degli altri compositori russi suoi coevi, antecedenti e posteriori, che sono un capitolo fondamentale della storia della musica europea di oltre due secoli.[153]

Composizioni


Letteratura e cinema
[modifica | modifica sorgente]Il vasto catalogo delle composizioni di Pëtr Il’ič Čajkovskij spazia attraverso tutti i generi, includendo sinfonie, opere, balletti, musica sinfonica, musica da camera emusica sacra.


Note

Pëtr Il’ič Čajkovskij nella letteratura e nel cinema, come per altri artisti, è rappresentato in modalità di natura differente: dalla biografia più o meno in senso tradizionale (ma “diversa” a seconda dell’epoca in cui è stata stilata), alla biografia-romanzata o romanzo-biografico talora (come nel caso di quello di Klaus Mann,Sinfonia Patetica, 1935), al saggio-biografico, allo studio “scientifico” ed analitico. Le diversità in tal senso sono comprensibili e costituiscono un arricchimento alla conoscenza della materia.

  1. ^ Le date di nascita e morte sono il 25 aprile 1840 e il 25 ottobre 1893 secondo ilcalendario giuliano
  2. ^ «Čajkovskij, negli ultimi anni di vita, sarebbe stato celebrato ovunque come il più grande compositore vivente russo-anzi, dopo Tolstoj, come il più grande tra i russi viventi.», cfr. Brown, 2007, pag.33 ed.it. 2012
  3. ^  Visita alla casa natale del musicista. YouTube
  4. ^ Cfr. anche Poznansky, nella biografia (“Tchaikovsky: A Life, 1840–1865”) del sito in inglese http://wiki.tchaikovsky-research.net/wiki/Tchaikovsky:_A_Life
  5. ^ Ilya Tchaikovsky – Tchaikovsky Research
  6. ^ C. Casini, M. Delogu, op. cit., p. 18 Dopo una giornata musicale il piccolo, la sera tarda, nel proprio letto piangeva nervosamente battendosi la testa: «Oh… la musica, la musica… Falla smettere! È qui, è qui. Non mi dà pace».
  7. ^ a b Chronology – Tchaikovsky Research
  8. ^ http://www.facebook.com/photo.php?fbid=362582033853093
  9. ^ C. Casini, M. Delogu, op. cit., pp. 22-23.
  10. ^ Mioli, 2006, 2012.
  11. ^ C. Casini e M. Delogu scrivono: «Per molti le esperienze omosessuali costituivano solo una fase della vita, una sorta di apprendistato che si concludeva senza precludere una futura vita eterosessuale. Per altri […] era la scoperta di una inclinazione definitiva». C. Casini, M. Delogu, op. cit., p. 23.
  12. ^ biografia a cura di Alexander Poznansky: introduzione e anni 1877, 1877-1886
  13. ^ Utili pure le discussioni ed approfondimenti (con interventi di uno dei due massimi biografi viventi sul musicista, Alexander Poznansky) nel Forum del “Tchaikovsky Research” (vedi collegamenti esterni), ad esempio:http://www.tchaikovsky-research.net/en/forum/forum0028.html
  14. ^ N. Berberova, op. cit., p. 41 e ss.
  15. ^ http://www.facebook.com/photo.php?fbid=362582013853095
  16. ^ http://www.facebook.com/photo.php?fbid=362582050519758
  17. ^ N. Berberova, op. cit., pp. 45 e Hofmann, p. 26, op.cit., vedi Bibliografia.
  18. ^ A. Orlova, op. cit., p. 6. E inoltre (sempre riportato da Orlova, ibid.): «È stata la mia prima esperienza di profondo dolore. La sua morte ha avuto un’influenza enorme su ciò che poi è stato di me e della mia intera famiglia». Si vedano anche le annotazioni su questo evento in Hofmann, p. 21, op.cit., vedi Bibliografia e C. Casini, M. Delogu, op. cit., p. 24.
  19. ^ In Nicastro, op.cit., p. 5, vedi Bibliografia.
  20. ^ Anche in Nicastro, op. cit., p. 12, vedi Bibliografia.
  21. ^ Vedi nei “Collegamenti esterni” alla fine della presente Voce, ‘I luoghi del musicista’: una lista particolareggiata delle città e paesi visitati, (in lingua inglese).
  22. ^ Robert C. Ridenour, La Russia di Musorgskij, in “Convegno Internazionale Musorgskij”, Teatro alla Scala, Milano, 1981, pp. 1-8 e Valeria Esposito,Compositori italiani in Russia nel XVIII secolo, in “Rassegna sovietica”, Roma 2-1985, pp. 180-188.
  23. ^ La storia della situazione musicale russa a quel tempo e della nascita della propria istituzione, è vivacemente raccontata da Anton Rubinštejn e riportata da Hofmann, pp. 27-28, op. cit., vedi Bibliografia.
  24. ^ Nel sito “Tchaikovsky Research” (sezione “Works”) sono indicate le direzioni di proprie composizioni, mentre l’elenco di quelle di altri musicisti è riportato qui:http://www.tchaikovsky-research.net/en/forum/forum0366.html (da una fonte russa, 1991). Thomas Kohlhase nella sua cronologia riferisce complessivamente
  25. ^ I suoi 57 articoli scritti tra il 1868 e 1876, come altro materiale affine, sono a disposizione dell’appassionato in traduzione inglese (vedi “Collegamenti esterni”).
  26. ^ C. Casini, M. Delogu, op. cit., pp. 80-81 Con frammenti dai Diari molto eloquenti. Le ipotesi sul personaggio “citato” dal musicista sono tuttavia discordi.
  27. ^ Anche un direttore come Arturo Toscanini che non aveva mai particolarmente gradito il musicista russo, scrisse dopo un’esecuzione della “Patetica” nel 1938, «che l’ultimo movimento [fosse] non solo bello ma profondamente ispirato». Toscanini aveva diretto la prima italiana di Evgenij Onegin nel 1900 alla Scala di Milano, ma l’aveva preceduto all’estero il rivale Gustav Mahler. Del resto Toscanini non diresse mai nessuna sinfonia del musicista russo, ad eccezione appunto della Sesta che incise anche. Diresse ed incise tuttavia altre sue composizioni. Il ciclo del “Fato” fu realizzato, ed è rimasta la registrazione, dall'”allievo” Guido Cantelli, con la stessa orchestra di Toscanini, la NBC Symphony Orchestra, in un’interpretazione che ha movenze toscaniniane. Le notizie qui riportate sono essenzialmente nel volume a cura di Harvey Sachs, Nel mio cuore troppo d’assoluto. Le lettere di Arturo Toscanini, 2003, vedi Bibliografia.
  28. ^ Vedi il saggio di Warrack sui tre balletti, 1973, op.cit., Bibliografia.
  29. ^ Il testo completo delle sue lunghe corrispondenze giornalistiche a tale avvenimento, sono rintracciabili nel sito in lingua inglese “Tchaikovsky-Research”, (sezione “Works”, sottosezione “Articles”, cronologico TH 314, vedi “Collegamenti esterni”.
  30. ^ Per la Carmen di Bizet scrive: «Ritengo che sia uno chef-d’oeuvre nel pieno significato del termine, cioè una di quelle poche cose destinate a riflettere in sé, al più alto grado, le aspirazioni musicali di un’intera epoca» (A. Orlova, op. cit., p. 203). Per Wagner: «Sono venuto via [dalle recite del Ring, ndr] con il dubbio sulla validità della concezione di Wagner sull’opera…ma allo stesso tempo con il desiderio di continuare i miei studi su questa musica, la più complessa che sia mai stata scritta…In ogni caso L’anello dei Nibelunghi è uno degli eventi più significativi della storia dell’arte» (A. Orlova, op. cit., p. 57). Čajkovskij ascoltò pressoché tutte il repertorio wagneriano, ma le sue riserve furono sempre molto ampie.
  31. ^ Citata da K. von Wolfurt, op. cit., p. 18.
  32. ^ Seroff, p. 29 e segg., op.cit., vedi Bibliografia
  33. ^ La morte del marito, secondo molti biografi (vedi Warrack, Tchaikovsky, 1973, pp. 103-104, op.cit., cfr. Bibliografia) per attacco cardiaco, avvenne dopo che la secondogenita Aleksandra, per gelosia, ebbe rivelato al padre che l’ultimogenita, era nata dalla relazione della moglie con il segretario del marito. La stessa Aleksandra rivelerà un giorno alla madre dell’omosessualità del musicista, sebbene la tradizione familiare abbia voluto che questa fosse una “rassicurazione” che nessun’altra donna contasse nella vita di Čajkovskij all’infuori di lei, Nadežda. Warrack riflette che peraltro tale rivelazione sulle inclinazioni del musicista, se mai fu davvero fatta, potrebbe essere stata una piccola o nulla sorpresa, per una donna tanto attenta a scoprire e capire lati intimi del suo artista.
  34. ^ Aiutò anche Nikolaj Rubinštejn e Claude Debussy che diciottenne entrò al suo servizio come pianista ed insegnante dei figli.
  35. ^ Si legga una chiarificatrice lettera a Modest su questo rapporto (ma anche più in generale a proposito dell’omosessualità del compositore) nella biografia on-line di Poznansky, capitolo anni 1877-1886 [1].
  36. ^ C. Casini, M. Delogu, op. cit., p. 179 Maria Delogu, nel libro scritto assieme al marito, è davvero prodiga di nomi, date, luoghi ed avvenimenti circa la folta schiera di amori maschili di Čajkovskij; da tali notizie si evince la predilezione verso giovani in cui il musicista vedeva un proprio riflesso ma indice anche di una naturale rincorsa alla giovinezza.
  37. ^ C. Casini, M. Delogu, op. cit., p. 179.
  38. ^ C. Casini, M. Delogu, op. cit., p. 182.
  39. ^ Sul sito “Tchaikovsky Research” un elenco di tutte queste 768 missive, con rinvii-specifiche.
  40. ^ (RU) selezione di 497 lettere, divise per anno, tra i due, Č. alla v.M. e viceversa
  41. ^ The Tchaikovsky Handbook…, vol. 2, edito nel 2002 da Alexander Poznansky e Langston
  42. ^ I dati sul numero complessivo di lettere scambiate sono stati variamente riportati dai biografi. Victor Seroff in Debussy del 1960 (vedi “Bibliografia”), nelle pagine esplicite sulla von Meck e il musicista (da p. 29 in poi) parla di “oltre duemila [lettere], di cui ne furono pubblicate milleduecento”. Il numero abnorme di dodicimila, citato in C. Casini, M. Delogu, op. cit., p. 179, riconfermato tuttavia indirettamente ivi (“migliaia e migliaia di lettere”) è ambiguo, ma questo varrebbe anche per il numero totale dell’intero carteggio del compositore a tutti i suoi corrispondenti. Il punto è controverso in quanto in alcuni autori (Hofmann, Seroff) si accenna a distruzione o perdita dell’enorme epistolario generale: per Langston, che nega peraltro ammanchi o scomparsa dello stesso (vedi testo), il totale sarebbe di oltre cinquemila lettere.
  43. ^ Per il carteggio superstite o comunque sia (vedi la sezione “Letteratura e media”, inizio) tra compositore e la von Meck è stata iniziata una nuova edizione russa, cfr. sezione “News” del sito “Tchaikovsky Research”, in “Collegamenti esterni”. Il predetto sito si prefigge la graduale pubblicazione on-line entro il 2016 di tutte le lettere superstiti, ed entro il 2020 la loro traduzione in lingua inglese.
  44. ^ Come egli stesso ha lasciato scritto in uno dei suoi Diari; riportata da Tammaro, 2008, p. 42 e nota collegata).
  45. ^ Una nuova edizione integrale on-line è in progetto sul sito accademico “Tchaikovsky Research”. Vedi “Collegamenti esterni”.
  46. ^ Comunque sia, anche in un’epoca in cui lo scrivere era una necessità, il musicista ha suscitato lo stupore di molti, su come riuscisse a trovare il tempo per una vita fatta di accurata composizione musicale, viaggi, incontri, rapporti personali e tanto tempo speso nella corrispondenza: si pensi che l’amico e critico musicale Herman Augustovič Laroš ricevette circa 4.000 (quattromila) lettere da lui, cfr. Hofmann, op.cit., p. 90, vedi Bibliografia). L’artista passava diverse ore impegnato nello scrivere lettere e nell’Opera Omnia esse occupano numerosi volumi. Ogni dieci anni circa, afferma Langston, saltan fuori, tuttavia, in aste pubbliche, una dozzina di “nuove” lettere, con conseguente variazione del numero totale. Vedi l’intervento di Brett Langston del 22 luglio 2009 sul “Forum” del “Tchaikovsky Research” (Collegamenti esterni, Siti diversi).Per quanto detto sopra il numero generale globale delle sue missive appare incerto. Del resto appare altresì ovvio che tante sue lettere ai numerosi propri corrispondenti siano andate, nel tempo, perdute alla destinazione.
  47. ^ L’epistolario čajkovskijano è davvero di enorme e sorprendente interesse, per comprendere a fondo i risvolti artistici ed umani del musicista, ma ci si deve rifare soprattutto alle fonti in russo o alle pur esistenti, sebbene parziali, traduzioni occidentali, avendo cura di evitare i limiti dei troppo “riciclati” estratti di molta bibliografia.
  48. ^ Tchaikovsky Research bulletin…
  49. ^ Sezione aggiornata sul complessivo numero di lettere “ad oggi”
  50. ^ Seroff, p. 30, op. cit., vedi Bibliografia.
  51. ^ Anche in Seroff, pag.39, op. cit., vedi Bibliografia. Dal matrimonio nacque la figlia Galina N. von Meck, nata nel 1891 e vissuta sino al 1985, la quale conservò (e scrisse) memorie non poche degli avvenimenti delle famiglie, ormai di fatto fuse tra loro.
  52. ^ Hofmann, pp. 8-9, op. cit., vedi Bibliografia.
  53. ^ In una lettera alla stessa von Meck, del 1º marzo 1878. Tale documento, citatissimo, è tuttavia variamente riportato dalla bibliografia. Qui è stata trascritta la versione – attendibilissima – di Alexandra Orlova, op. cit., pp. 109-111, 1990. Si può anche vedere il testo completo con esempi musicali originali riproposti, nel sito in lingua inglese “Tchaikovsky Research”, vedi “Collegamenti esterni” – “Cataloghi” nell’approfondimento alle “Composizioni” della presente voce.
  54. ^ Tra i tanti sostenitori al riguardo, Hofmann, pp. 93 e 143-144, op. cit., vedi Bibliografia.
  55. ^ A. Orlova, op. cit., p. 65 e ss..
  56. ^ A. Orlova, op. cit., p. 68.
  57. ^ A. Orlova, op. cit., p. 67.
  58. ^ http://wiki.tchaikovsky-research.net/wiki/Tchaikovsky:_A_Life, anno 1877, nota 41 ivi.
  59. ^ Tammaro, op. cit., p. 181, vedi “Bibliografia”.
  60. ^ E tale parallelo risulterebbe testimoniato a posteriori nelle memorie tarde della stessa moglie: vedi Tammaro, op. cit., p. 181, nota 17 che riprende il musicologo André Lischke, vedi “Bibliografia”.
  61. ^ A. Orlova, op. cit., p. 70.
  62. ^ Anche in K. von Wolfurt, op. cit., p. 71.
  63. ^ Vedi “Bibliografia” della voce.
  64. ^ Cfr. anche Orlova, p.73-74, op.cit., vedi “Bibliografia”; ma qualche biografo, lo ridimensionerebbe, vedi le discussioni sul “Forum” del “Tchaikovsky Research”[2]
  65. ^ Lettere riportate in K. von Wolfurt, op. cit., pp. 56-63 e 69.
  66. ^ È interessante sapere che Modest ha lasciato delle “Memorie” proprie inedite, ricche di particolari sconosciuti, che però la musicologa Alexandra Orlova ha avuto modo di visionare a Klin, L. Bellingardi, op. cit., p. 18.
  67. ^ Riportata da K. von Wolfurt, op. cit., pp. 60-61.
  68. ^ Così Hofmann, pp. 6, 7 e passim, op.cit., vedi Bibliografia.
  69. ^ Tammaro, op. cit., p.182, vedi “Bibliografia”.
  70. ^ Oltre ad Hofmann, op.cit., Antoine Goléa: «La sua musica più patetica e straziante nacque appunto dalla coscienza di essere dannato. Nel nostro secolo sorridente e più indulgente, verso tutte le inversioni, dello spirito e del corpo, Čajkovskij non avrebbe trovato la molla che fece scaturire la sua più bella musica: il senso di colpa e della sua solitudine irrimediabile», in Storia del Balletto, 1969, p. 76, vedi Bibliografia.
  71. ^ Vedi p. 9, op. cit. E la Bentivoglio nel suo articolo citato in “Bibliografia”:«…negli scritti può rivelarsi anche meschino, vittimista, avido, dissipatore, colpevolizzante, afflitto da manie di persecuzione, ingeneroso…». Anche l’Hofmann del resto non esita ad osservare tratti così negativi.
  72. ^ Nella bibliografia specialistica del resto è stato altresì puntualmente posto il quesito sullo stato mentale del musicista e l’analisi accurata degli eventi biografici, delle lettere, del diario e testimonianze coeve è sempre fonte di discussione. Alexander Poznansky (opere citate in “Bibliografia”), ha dedicato un’intera vita a confermare o confutare con pignoleria-spesso rimproveratagli a livello internazionale-questo ed altri aspetti.
  73. ^ Goléa, p. 76, vedi “Bibliografia”
  74. ^ Citato in Holden,p. 126, vedi “Bibliografia”
  75. ^ Vedi anche Nicastro, 1990, p. 137 e segg., in “Bibliografia”
  76. ^ .Cfr. Tammaro-che riprende Lischke-p. 181, nota 17, op. cit., vedi “Bibliografia”
  77. ^ commento di Poznansky nel capitolo “1877-1886”
  78. ^ A. Orlova, op. cit., p. 76.
  79. ^ Può allora essere di valido interesse e aiuto, non solo a tal riguardo, leggere il capitolo “Gli orientamenti della critica” (anche con occhio allo sviluppo storico in merito alla considerazione data dalla musicologia alla musica di Čajkovskij lungo il tempo): L. Bellingardi, op. cit., pp. 194-202.
  80. ^ Tammaro, p. 108, op. cit., vedi Bibliografia.
  81. ^ Scrive Mioli (op.cit.) a proposito del legame tra il musicista russo e quello boemo:”E se c’è un compositore che come lui abbia saputo esprimere la dolorosa contraddittorietà dei rapporti col passato e col presente della vita e dell’arte da parte di un’anima inquieta, instabile, psicologicamente fragile e complessa questo è proprio Mahler, che pur nella chiara discendenza da Wagner (idealmente anche da Beethoven) e nella manifesta modernità del linguaggio timbrico e armonico si è spesso ispirato al sorgivo canto popolare boemo, quindi slavo e prossimo al russo, e come il collega più anziano di vent’anni e scomparso a 53 anni (lui a 51) è stato anche tacciato di ostentazione, di sfrenatezza emotiva, di troppo manchevole senso del pudore personale”.
  82. ^ «Tra tutte le città straniere, Firenze è divenuta certo quella che io preferisco… Più ci vivi e più ti accorgi di amarla… Vi è qualcosa di accogliente da farmi sentire a casa mia!», in Previero, p. 87, op. cit., vedi Bibliografia.
  83. ^ Alessandra Orlova, per l’edizione italiana del suo libro, op. cit., pp. XXIII-XXIX, ha scritto un capitolo aggiuntivo proprio sul rapporto affettivo del musicista verso l’Italia. Čajkovskij imparò abbastanza bene l’italiano scritto, parlandolo meno bene. Oltre Firenze, visitò Roma, Napoli, Venezia, Milano e non solo. Il musicista visitò l’Italia nove volte negli anni tra il 1872 e il 1890, componendo quasi sempre opere importanti. Il giudizio generale era: «Oh, Italia cento volte cara, per me sei come un paradiso».
    Da ricordare che questo interesse per l’Italia come “luogo di delizie” era certo non sconosciuto all’epoca agli stranieri come richiamano C. Casini, M. Delogu, nella loro biografia, op. cit., pp. 210-211. Le condizioni di miseria permetteva a genitori e parenti di chiudere un occhio sui favori dei ricchi ed eleganti signori arrivati da lontano. Nel caso del musicista è abbastanza noto l’episodio connesso ad un cantore, e alla romanza che vi è legata Pimpinella (op. 38, n. 6). Ma il suo miglior ricordo e testimonianza dell’amore italiano fu nella scrittura del Sestetto per archi in Re minore sottotitolato Souvenir de Florence, op. 70, 1890 che realizzava un progetto di qualche anno prima.
  84. ^ Il lettore interessato può leggere l’articolo che il musicista scrisse sul The New York Mornig Journal del 3 maggio 1891, intitolato «Wagner e la sua musica», corredato da commenti del redattore odierno., vedi il sito in lingua inglese “Tchaikovsky Research”, sezione “Works”, sottosezione “Articles”, in “Collegamenti esterni”.
  85. ^ C. Casini, M. Delogu, op. cit., p. 220.
  86. ^ A. Orlova, op. cit., p. 221.
  87. ^ A. Orlova, op. cit., p. 183.
  88. ^ C. Casini, M. Delogu, op. cit., p. 332.
  89. ^ C. Casini, M. Delogu, op. cit., p. 337.
  90. ^ Mahler scrive la sua Prima sinfonia, Strauss il poema sinfonico Don Giovanni, Franck la Sinfonia in Re minore e Rimskij-Korsakov Sheherazade.
  91. ^ L. Bellingardi, op. cit., p. 37.
  92. ^ Anche in Warrack, Balletti, p. 50, op. cit., vedi Bibliografia.
  93. ^ “Più che ai riferimenti tonali o alla concezione di un piano tonale su larga scala, l’attenzione è rivolta all’equilibrio ed al contrasto”, Warrack, Balletti, op. cit., vedi Bibliografia.
  94. ^ Si veda in proposito il box poco sotto per molti singolari dettagli ed il link audio fruibile.)
  95. ^ Tammaro (2008, p. 256, vedi Bibliografia) citando a sua volta l’accreditato biografo francese, André Lischke, riporta queste parole di chiusa della von Meck: «Addio, mio caro, incomparabile amico. Non dimenticate quanto il mio amore per voi sia infinito».
  96. ^ C. Casini, M. Delogu, op. cit., p. 363 «Sono molto, molto offeso… Vorrei che fosse rovinata al punto di avere bisogno del mio aiuto… Dopo tutto so perfettamente che dal nostro punto di vista lei è ancora immensamente ricca. In poche parole, tutto è diventato soltanto un affare squallido e sordido: me ne vergogno e sto male».
  97. ^ Uno dei suoi figli prediletti, Vladimir, era ammalato e morì nel 1892: per inciso aveva contribuito non poco al dissesto economico della madre. K. von Wolfurt,op. cit., p. 237.
  98. ^ Co-sceneggiatore del film russo sul musicista (vedi sezione “Letteratura e cinema”).
  99. ^ Warrack, pp. 269, 1973, vedi Bibliografia. Altre versioni (Berberova tra gli altri) affermano che il musicista pronunziasse proprio il nome della von Meck, ora maledicendola, ora invocandola. Tuttavia, nella ridda di notizie, ipotesi e rivelazioni di varia origine, una sorta di “chiarimento”, tra la von Meck e Čajkovskij, sarebbe forse avvenuto (da lontano) poco prima della morte del musicista, non direttamente ma attraverso la nipote Anna, la figlia di Aleksandra I. Čajkovskij, quella che aveva sposato uno dei figli della von Meck (cfr. Brown,Tchaikovsky (…), The Final years (…), pp. 292-3; ripresa anche da L. Bellingardi,op. cit., p. 38). Se ciò era davvero avvenuto, la versione di Warrack avrebbe una sua logica. Ma tutto è ormai entrato nella leggenda.
  100. ^ Non è un caso se fu amata da Mahler (L. Bellingardi, op. cit., p. 82). Su di essa e le sue variegate implicazioni, nella produzione del musicista, si legga Nicastro, p. 230 e segg., 1990, ma anche l’Hofmann, pp. 150-1, 1959, come Tammaro, passim, 2008; vedi Bibliografia).
  101. ^ A. Orlova, op. cit., p. 178.
  102. ^ Tchaikovsky Forum : Bob
  103. ^ http://www.facebook.com/photo.php?fbid=362617470516216
  104. ^ In Tammaro, p. 320, nota 40, op. cit., vedi “Bibliografia”
  105. ^ C. Casini, M. Delogu, op. cit., pp. 215, 364 e passim.
  106. ^ Rictor Norton, Gay Love-Letters from Tchaikovsky to his Nephew Bob Davidof, 2002-2005; vedi Bibliografia.
  107. ^ vedi un esteso commento nel sito in lingua inglese “Tchaikovsky-Research” (“Collegamenti esterni”). Altri ed ulteriori particolari sul singolare episodio in”Tchaikovsky-Research”, sito in inglese, vedi “Collegamenti esterni”.
  108. ^ Lettera al nipote Bob, in L. Bellingardi, op. cit., p. 38
  109. ^ Un ampio dettaglio di informazioni in A.Orlova, op. cit., pp. 386-390
  110. ^ A. Orlova, op. cit., pp. 396-7.
  111. ^ Si sa per certo (dalla biografia del fratello Modest ma anche dai discendenti di Mascagni), di un mancato incontro tra i due musicisti. Si veda: [3] ed anche:[4]
  112. ^ In Nicastro, op. cit., pp. 239 e 242 nota 3, vedi Bibliografia.
  113. ^ Il sito ufficiale russo (vedi “Collegamenti esterni”) è un interessante riferimento “originale”: nei collegamenti si può trovare anche una versione in lingua inglese.
  114. ^ L’intenzione di produrre una nuova sinfonia daterebbe già tra la fine del 1889 e la metà del 1890; una grande sinfonia in tre parti, dedicate rispettivamente alla vita, all’amore e alla morte, C. Casini, M. Delogu, op. cit., p. 457. Il “seguito” alla Quinta sinfonia fu piuttosto tormentato, come si vedrà, fatto di ripensamenti ed indecisioni, segno più che del proprio tradizionale carattere, delle tensioni che l’artista provava nel voler comporre un lavoro del tutto particolare, come poi, alla fine, sarebbe stata la Patetica; vedi anche A. Orlova, op. cit., p. 406.
  115. ^ Tammaro, p. 257 e segg., op. cit., vedi Bibliografia
  116. ^ Particolarmente rilevanti alcune dichiarazioni dello stesso autore in merito alla sua sinfonia ultima: «ho in essa riposto tutta la mia anima», «ed essa è penetrata da un carattere che resterà per chiunque altro un enigma»: anche in Tammaro, op. cit., p. 262 e capitolo XII, vedi Bibliografia. Tipica contraddizione čajkovskijana dalla critica ampiamente osservata: «…un’intenzione, invero un po’ civettuola» ha scritto Tammaro (op. cit., p. 266) che ripropone il commento di Mario Bortolotto per cui «È evidente che un programma taciuto non è più tale». Aveva forse ragione il fratello Modest per cui il musicista nel momento compositivo, andava a compiere un esorcismo per cacciare tutti gli oscuri dèmoni, che lo possedevano da molto tempo, in Hofmann, op. cit., p. 160, vedi Bibliografia. Del resto se il programma non fu di fatto pubblicato esso apparve sufficientemente leggibile a parenti ed amici, quantomeno ad opera eseguita ma non soltanto. Da tempo ormai l’artista manifestava un disagio esistenziale, un presagio della propria fine, come ha scritto Hofmann (op. cit., p. 160). Peraltro in un autografo conservato a Klin, esiste un appunto sulla sua articolazione: “Il motivo sotterraneo è la Vita, con la sua antitesi in essa connaturata: il primo movimento è soltanto passione, fiducia, slancio vitale, il secondo movimento raffigura l’amore; il terzo la fine delle illusioni per l’incalzare minaccioso delle forze del male, il quarto è la Morte, cioè l’annientamento della Vita”, in Bellingardi, op. cit., p. 131 Ma poi probabilmente (sempre Tammaro, op. cit., p. 266), «il programma doveva rimanere segreto anche perché non del tutto chiaro allo stesso Čajkovskij, per il quale la composizione era in fondo un lavoro di autoanalisi, di introspezione…». E non oltre che una curiosità poi l’interpretazione del premuroso Modest, sul discusso programma, in una lettera del 1907 ad un musicologo ceco, con candida ammissione di reale ignoranza (ancora Tammaro, p. 267). Quindi corrette le proposte appena citate di una ricerca intima o – più crepuscolarmente – il rituale per liberarsi dai fantasmi di un’intera vita. Non peregrina in conclusione la proposta dell’Hofmann (p. 160) di una «confessione musicale di un nichilista che vorrebbe sbarazzarsi di tutto ciò che di malvagio vi è in lui, dal momento che la sua musica implica il rifiuto di ogni consolazione, si tratti di felicità umana o religiosa – ed ugualmente la derisione di tutti i valori».
  117. ^ Vedi anche Hofmann, nell’ultimo capitolo del suo saggio, op. cit., Bibliografia.
  118. ^ «Se la Patetica avrebbe dovuto essere, secondo il suo autore, un mistero da decifrare, deve dirsi, invece, che nulla vi è di più impietosamente solare nelle linee gravide di contrasto e lutto di questo opus del commiato: il “senso della tragedia”, sottolineato da Šostakovič…», in Nicastro, op. cit., p. 249, vedi Bibliografia.
  119. ^ Un documentario del 2006, rintracciabile su “Youtube” (vedi “Letteratura e cinema” e “Collegamenti esterni”) si occupa di questa particolare creazione come punto di arrivo, ricapitolazione di una vita artistica ed umana e le più ardite implicazioni musicali.
  120. ^ A. Orlova, op. cit., p. 410-411 e ampiamente Tammaro, che riporta pure uno stralcio del testo, op. cit., da p. 269, vedi Bibliografia.
  121. ^ http://www.facebook.com/photo.php?fbid=362618157182814
  122. ^ La curiosa allocuzione in latino della cerimonia è rintracciabile in Mary Tibaldi-Chiesa, op. cit., p. 407, vedi “Bibliografia”.
  123. ^ Vedi la voce specifica per particolari sulla genesi e la cronologia su essa.
  124. ^ Misterioso, ma non per il sessuologo britannico Henry Havelock Ellis che definì la sinfonia «una tragedia omosessuale», come riporta il critico americano Harold Schonberg, I grandi musicisti, p. 298 ed. it., Mondadori, Milano, 1971.
  125. ^ Nel testo di cui alla Bibliografia, il racconto specifico degli avvenimenti è da p. 412.
  126. ^ La Berberova, nella prefazione alla riedizione – 1987, pp. 18-20 – del suo libro, vedi “Bibliografia”, commenta ampiamente proprio tale “disparità di trattamento” Anche Poznansky, naturalmente, rifiuta la possibilità di questa “punizione” proprio per un uomo tanto in gloria come il musicista (vedi sua biografia on-line,Tchaikovsky: A Life in “Tchaikovsky Rsearch”)
  127. ^ L. Bellingardi, op. cit., pp. 15-16.
  128. ^ http://www.facebook.com/photo.php?fbid=362618167182813
  129. ^ C. Casini, M. Delogu, op. cit., p. 490.
  130. ^ Si veda la sezione “Letteratura e media” particolarmente
  131. ^ Su ciò si vedano i riferimenti nel corso della Voce e Alexander Poznansky nei suoi libri citati nella “Bibliografia” (1991/1993, 1996). Poznansky tuttora (2013) risponde direttamente e personalmente sul “Forum” in lingua inglese del sito “Tchaikovsky Research” (vedi “Collegamenti esterni”).
  132. ^ Si veda nella sezione “Letteratura e media”, quanto riportato nel commento al libro di Alexandra Orlova del 1990.
  133. ^ In una nota della curatrice dell’edizione italiana (Maria Rosaria Boccuni), del libro della Orlova, posta a p. XXXI del volume citato, la stessa scrive riguardo al “giallo” della morte che al Museo di Klin si conservasse in un cofanetto una lettera contenente la verità sulla vicenda, che avrebbe dovuto essere aperta soltanto cent’anni dopo la morte del musicista (quindi 1893-1993). Durante la guerra il materiale fu prudenzialmente posto al riparo (i tedeschi entrarono comunque a Klin nelle stanze mettendole a soqquadro, esistono fotografie al riguardo). Il cofanetto tuttavia non fece ritorno al museo. La Boccuni precisa che la fonte della notizia risaliva ad uno dei nipoti di Čajkovskij. La cosa interessante è che la Boccuni aggiunge di aver nel 1991 personalmente chiesto notizie del cofanetto e della lettera all’allora responsabile del Museo di Klin. E scrive testualmente: «Il diniego è stato immediato e fermo. Nessun cofanetto, nessuna lettera». A solo titolo di curiosità si può far notare, sulla scorta di quanto riporta la bibliografia anglosassone in proposito e sulle presunte, innumerevoli cause del decesso, che l’arsenico lascia tracce nel corpo umano per un centinaio d’anni circa. È stato, ovviamente, avanzato il “suggerimento” di un’esumazione, vedi in Holden, 1995, Bibliografia, cosa peraltro che appare tuttavia “difficile” per molteplici e comprensibili motivazioni. Quindi, ne consegue che, mancando altre prove inconfutabili, nessuna conclusione definitiva può esser stilata e che mai potrà conoscersi la vera fine del compositore, restando viceversa ampio spazio alle supposizioni e giochi “polizieschi” .
  134. ^ L. Bentivoglio, op. cit..
  135. ^ Leonetta Bentivoglio: Ciajkovskij, l’avvelenata, 24 aprile 1993. URL consultato il 9 febbraio 2014.
  136. ^ Sullo stesso giornale aveva peraltro preso posizione nel 1990 lo studioso Claudio Casini, op. cit..
  137. ^ L'”accanita” versione di Poznansky, in parallelo con quella del fratello del musicista, è da lui stesso sintetizzata nella sua biografia on-line, capp. “1893” e “Epilogo”. Quella della Orlova nell’ intero XXVI capitolo del suo libro, vedi “Bibliografia”).
  138. ^ Brown, 2012 ed.it., pag. 406, op.cit.
  139. ^ Proprio tra Poznansky e Brown, in sede giornalistica, rammentate tra gli altri da Bellingardi (op. cit., pagg. 21-22)
  140. ^ Brown, 2013 ed. it., pag. 408, op.cit.
  141. ^ L. Bellingardi, op. cit., p. 39.
  142. ^ La longevità naturale della famiglia è testimoniata dal fatto che il padre del musicista visse sino ad 85 anni e lo zio paterno poco meno; il fratello Ippolit, nato solo tre anni dopo rispetto al compositore, si spense a 84 anni. Comunque, l’argomento sulle cause ultime, non cessa di appassionare i fan del musicista. Si veda sul forum del sito “Tchaikovsky Research” il dibattito, non del tutto peregrino, di una possibile esumazione del corpo
  143. ^ C. Casini, M. Delogu, op. cit., pp. 12 e 491.
  144. ^ Volkov, Solomon, St. Pietroburgo: A Cultural History, New York, The Free Press, 1995, p. 128.
  145. ^ Anche Holden, vedi “Bibliografia”.
  146. ^ Ma anche una corona della moglie del musicista seguì il feretro (rif. Brown, 2007).
  147. ^ A. Orlova, op. cit., p. 420.
  148. ^ Ludwig van Beethoven – Tchaikovsky Research
  149. ^ stralcio da una “lezione” del critico Michele Dall’Ongaro, trasmessa il 27.8.2011 dalla terza rete radiofonica RAI e la sua “appendice” del 28.11.2011 a cura di Giovanni Bietti.
  150. ^ “Tchaikovsky Research”.
  151. ^ È interessante sapere che Stravinskij bambino “conobbe” il “vecchio” Čajkovskij attraverso i suoi genitori e la venerazione come pure il debito per il grande compositore furono sempre riconosciuti. Si veda al proposito anche [5].
  152. ^ Si veda sull’intero argomento l’esemplare scritto:C. Casini, M. Delogu, Lo stile di Čajkovskijop. cit., p. 497 e ss. ed il profilo critico di Mioli, op.cit., vedi “Bibliografia”.
  153. ^ http://www.reocities.com/Vienna/3606/rkgene.html

Bibliografia

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Collegamenti esterni

  • (ENCronologia comparata(archiviato dall’url originale il )(seconda copiaarchiviata il ).
  • (DE) Cronologia vita e opere (con le direzioni di composizioni proprie ed altrui)
  • (ENAlbero genealogico del musicista(archiviato dall’url originale il )(seconda copia archiviata il ).
  • (EN) Il saggio di Rosa Newmarch e la biografia di Modest I. Čajkovskij
  • The Lied and Art Song Texts Page created and mantained from Emily Ezust – Testi originali dei Lieder del musicista con traduzioni in varie lingue.
  • (DE) Tschaikowsky-Gesellschaft: Sito accademico in lingua tedesca
  • (RU) Belcanto Tchaikovsky: “Tchaikovsky: La vita e l’opera del compositore russo”
  • (RU) Corrispondenza tra il musicista e la von Meck sul sito “Belcanto Tchaikovsky”: selezione di 497 lettere (testo) tra i due personaggi.
  • (ENTchaikovsky(archiviato dall’url originale il )(seconda copia archiviata il ).
  • (RU) Casa-museo del musicista a Klin
  • (EN) Casa-museo di Klin
  • (DE) Museo di Klin
  • (EN) Balletti di Tchaikovsky coreografati da Rudolf Nureyev
  • Istituto Superiore di Studi Musicali Pyotr Ilyich Tchaikovsky
  • How Homosexual Was Tchaikovsky?
Tchaikovsky Research
  • (EN) Tchaikovsky Research È il sito (accademico) di riferimento, “omnicomprensivo”, sul musicista. Nato nel febbraio 2006. È stato ottimizzato e adeguato il 6.11.2013.
  • (EN) “Tchaikovsky Resarch” su Facebook, a cura del sito accademico stesso
  • (EN) “Tchaikovsky Research” su Twitter, a cura del sito accademico stesso
  • (EN) 130 fotografie del musicista nella pagina di “Facebook”
  • (EN) Come sopra, ma le fotografie ed immagini sono ordinate per anno in cronologia. Sito “Tchakovsky Research”
  • (EN) Banca Dati attorno al musicista (20.000 libri, articoli, partiture e registrazioni) (Tchaikovsky Research Database)
  • (EN) Supplemento al Database sopra
  • (EN) Cronologia sulla vita di Čajkovskij
  • (EN) I luoghi del musicista
  • (EN) Tutti i personaggi della vita del musicista
  • (EN) I diari del musicista, in un progetto on-line: edizione integrale, aggiornata e revisionata con testo russo-inglese. Di riferimento
  • (EN) Le lettere di Čajkovskij Repertorio delle 5.375 lettere note del musicista a 397 suoi corrispondenti: organizzazione per anno, nomi, con ricerca automatica (Sito “Tchaikovsky Research”)
  • (EN) Corrispondenza con la von Meck: elenco (catalogo) delle 768 lettere scritte dal musicista alla patronessa (con rinvii-specifiche) (sito “Tchaikovsky Research”)
  • (EN) Come sopra, ma le fotografie ed immagini sono ordinate per anno in cronologia. Sito “Tchakovsky Research”.
  • (EN) Le pubblicazioni di studi sul musicista
  • (EN) Saggio autobiografico scritto dal musicista nel 1889
  • (EN) Testo integrale del diario-cronaca del 1888.
  • (EN) Articoli scritti dal compositore tra il 1868 e il 1876.
  • (EN) Elenco di 7 interviste rilasciate su giornali occidentali e russi nel periodo 1891-93.
  • (EN) Čajkovskij direttore d’orchestra – In questa discussione del sito “Tchaikovsky Research”, sono elencati tutti i concerti diretti dal musicista (solo le musiche non proprie).