La testimonianza di accessibilità per dismappa di Roberto Petruzzelli, Simone Faloppa, Emanuele Fortunati, Stefano Scandaletti, Marina La Placa, Aldo Gentileschi, Monica Codena, Paolo Valerio, il cast quasi al completo dopo la conferenza stampa per Il deserto dei tartari (regia di Paolo Valerio, produzione Teatro Stabile del Veneto), che debutterà in prima assoluta al Teatro Nuovo di Verona il 15 marzo. Accessibile è meglio

Il cast de Il deserto dei tartari per Accessibile è meglio


La testimonianza di accessibilità per dismappa di Roberto Petruzzelli, Simone Faloppa, Emanuele Fortunati, Stefano Scandaletti, Marina La Placa, Aldo Gentileschi, Monica Codena, Paolo Valerio, il cast quasi al completo dopo la conferenza stampa per Il deserto dei tartari (regia di Paolo Valerio, produzione Teatro Stabile del Veneto), che debutterà in prima assoluta al Teatro Nuovo di Verona il 15 marzo.


Dino Buzzati

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Dino Buzzati

Dino Buzzati Traverso, conosciuto come Dino Buzzati (San Pellegrino di Belluno16 ottobre 1906 – Milano28 gennaio 1972), è stato uno scrittoregiornalistapittoredrammaturgolibrettistascenografocostumista e poetaitaliano. Fin da quando era uno studente collaborò al Corriere della Sera come cronistaredattore e inviato speciale.

Biografia

La famiglia Buzzati Traverso
Della Famiglia Buzzati si hanno dettagliate notizie grazie alle ricerche di Luigi Alpago Novello, storico bellunese amico del padre di Dino. I Buzzati avevano lontane originiungheresi in quanto i loro antenati si erano stabiliti aBribano per sfuggire a un’epidemia scoppiata a Budapestnel Quattrocento. Qui furono detti Budàt (“da Buda“) ma successivamente, per influsso del dialetto bellunese, divennero Buzat e infine Buzzati. Per generazioni i membri della famiglia furono artigiani del ferro e si specializzarono nella produzione di armi e utensili, specialmente seghe (come testimoniato dallo stemma, raffigurante la lama di una sega). Il primo membro degno di nota fu Girolamo Brandimarte (17371817) che si trasferì a Belluno dove svolse la professione di notaio. Nel 1870 la famiglia acquistò la villa di San Pellegrino. Il secondo cognome fu aggiunto in tempi più recenti (1917) per disposizione testamentaria del conte Cesare Traverso, il quale aveva adottato la nonna paterna di Dino, Angelina Rossi, rimasta orfana[1][2][3][2].

Infanzia e studi

Dino[4] Buzzati (il cognome Traverso verrà aggiunto nel 1917) nasce nella villa di famiglia presso San Pellegrino, località alle porte della città di Belluno. Il padre è Giulio Cesare Buzzati (18621920), celebre giurista proveniente da un’illustre famiglia bellunese, mentre la madre è Alba Mantovani (18711961), veneziana, figlia del medico Pietro Mantovani e della nobildonna MatildeBadoer[2][3]. È il terzo di quattro fratelli: gli altri sono Augusto (1903-?), che diverrà ingegnere, Angelina (19042004) e Adriano (19131983), futuro biologo genetista.

La famiglia Buzzati trascorre le estati nella villa di Belluno e il resto dell’anno a Milano, dove il padre — docente di diritto internazionale — lavora alla neonata Università commerciale Luigi Bocconi, dividendosi tra questa e l’insegnamento alla più antica Università di Pavia. La villa di famiglia e la biblioteca furono fondamentali nella formazione dello scrittore. Nei primi anni della sua infanzia lo scrittore mostra una grande attenzione e sensibilità per le arti figurative e per la musica, imparando a suonare a dodici anni il pianoforte e il violino, abbandonando però in seguito gli studi. Connaturato alla crescita di Buzzati è anche l’amore per la montagna, che lo porterà a scalare e a sognare le montagne per tutta la vita.

Dopo i primi anni, e dopo la morte del padre, a quattordici anni, Buzzati si iscrive al liceo Parini di Milano, dove conosce Arturo Brambilla; i due stringono amicizia e si cimentano anche in duelli di scrittura. Con lui inizierà una fitta corrispondenza che continuerà sino alla prematura morte di Brambilla.[5] In questi anni Buzzati scopre l’interesse per la cultura egizia (nelle lettere con Brambilla si firmerà a lungo Dinubis) e per Arthur Rackham. Terminati gli studi superiori Buzzati inizia a mostrare il desiderio di scrivere un romanzo. Si iscrive a giurisprudenza per assecondare la volontà della famiglia e il 10 ottobre 1928 si laurea con una tesi dal titolo La natura giuridica del Concordato.

Dino Buzzati fotografato in Via Solferino (Milano), sede del Corriere della Sera

Carriera giornalistica

Sempre nel 1928, a luglio, entra come praticante al Corriere della Sera, del quale diverrà in seguito redattore e infine inviato.

Il 27 marzo 1933 pubblica sul Corriere il suo primo elzeviroVita e amori del cavalier rospo. Il Falstaff della fauna, che non è gradito da alcune grandi firme del giornale. Nonostante ciò Buzzati continuerà per tutta la sua vita a scrivere elzeviri originali e di alta qualità letteraria.

Tra il 1935 e il 1936 si occupa del supplemento mensile La Lettura. Incomincia soprattutto in questi anni a dedicarsi alla scrittura di racconti brevi, pubblicati anche sulle pagine del Corriere. Nel 1940, anno di uscita de Il deserto dei Tartari, è inviato di guerra ad Addis Abeba per il Corriere. Il giornalista è imbarcato su varie unità della Regia Marinaitaliana e scrive molte corrispondenze di guerra, che verranno raccolte nel 1992 nel volume Il buttafuoco: cronache di guerra sul mare.

Dal gennaio all’estate del 1942 Buzzati soggiorna in incognito a Messina, come inviato di guerra e operatore militare nella base della Marina di Marisicilia, con il compito di compilare una manuale tecnico “sulla nostra attuale guerra navale”, un lavoro di “grande responsabilità e mole”.[6] L’opera non verrà mai portata a termine.

Aderisce alla Repubblica sociale italiana e il 26 aprile 1945 è casualmente suo l’editoriale di commento all’inizio dellaLiberazione, avvenuto il giorno precedente. L’articolo esce sulla prima pagina del Corriere col titolo Cronaca di ore memorabili.

Dal 1945, dopo la caduta del Fascismo e la fine della guerra, fino alla morte, scrive articoli di cronaca nera, il settore giornalistico che predilige[7]. I numerosi pezzi giornalistici dedicati da Buzzati agli omicidi e alle tragedie italiane (e non solo) saranno raccolti da Lorenzo Viganò e pubblicati nel 2002 in un cofanetto di due volumi dal titolo La «nera» di Dino Buzzati. Parallelamente alla cronaca nera si dedica alla cronaca bianca, alla cronaca sportiva (principalmente all’alpinismo e allo sci, come è testimoniato dai pezzi raccolti nel libro postumo I fuorilegge della montagna) e soprattutto alla Terza pagina.

Nel 1949 è inviato dal Corriere al seguito del Giro d’Italia, all’epoca la manifestazione sportiva più seguita nella penisola. Gli articoli scritti in quell’occasione saranno pubblicati in un libro postumo del 1981Dino Buzzati al Giro d’Italia.

Dal 1950 al 1963 è vicedirettore della Domenica del Corriere. In realtà è un direttore ombra: è lui infatti a guidare i collaboratori del periodico e a occuparsi dell’impaginazione, della grafica, dei titoli, degli argomenti da trattare (sport, cinema, musica leggera, tv, politica)[8]. Nelle sue mani il settimanale incrementa eccezionalmente le vendite, sfiorando non poche volte il milione di copie.

Nei primi anni sessanta è inviato del giornale per brevi periodi in Giappone, a Gerusalemme, a New York e Washington, in India, a Praga. Alcuni degli articoli scritti durante questi viaggi[9] saranno inclusi in Cronache terrestri, una raccolta di un centinaio di brani giornalistici di vario genere (cronaca, sport, cultura, società), pubblicata poco dopo la morte dell’autore. Quelli scritti in occasione del viaggio di Paolo VI a Gerusalemme verranno raccolti invece in Con il papa in Terrasanta, Henry Beyle, 2014.

Nello stesso periodo inizia a occuparsi stabilmente d’arte, fino ad assumere nel 1967 l’incarico di critico d’arte del Corriere (anche se, per sua stessa ammissione, le sue non sono vere e proprie critiche, bensì resoconti sulle principali novità artistiche, narrate con una lingua semplice e priva di tecnicismi[10]).

Nel 1965 Buzzati scrive una serie di articoli dal titolo In cerca dell’Italia misteriosa, nei quali si occupa di eventi all’apparenza paranormali, visioni, apparizioni e fatti di spiritismo dell’Italia del dopoguerra. I dieci articoli e altri scritti dello stesso genere verranno raccolti nel volume I misteri d’Italia, uscito postumo nel 1978.

L’attività giornalistica di Buzzati verrà apprezzata soprattutto dopo la sua morte, con la pubblicazione di numerose antologie dedicate alle varie tipologie del suo giornalismo. La principale caratteristica dei suoi servizi ed elzeviri è sicuramente quella di trasformare dei semplici fatti di cronaca in racconti fantastici e poetici, dando vita a un sapiente connubio tra giornalismo e letteratura[11].

Francobollo emesso nel 2006 che ne celebra il centenario della nascita

Carriera letteraria

Nel 1933 esce il suo primo romanzo, Bàrnabo delle montagne, al quale segue dopo due anni Il segreto del Bosco Vecchio. Da entrambe le opere saranno tratti film a opera di registi italiani: il primo girato da Mario Brenta nel 1994, ilsecondo da Ermanno Olmi nel 1993. Alla fine degli anni trenta Buzzati inizia a pubblicare racconti fantastici e surreali sul Corriere e su altre testate giornalistiche. Il 9 giugno 1940 Buzzati pubblica il suo più grande successo, Il deserto dei Tartari, scritto l’anno precedente (il titolo originale doveva essere La fortezza, poi cambiato su suggerimento di Leo Longanesi, che lo pubblica da Rizzoli[12]), dal quale nel 1976 Valerio Zurlini trarrà il film omonimo. Nel 1949 il romanzo esce in Francia e riscuote un lusinghiero successo.

Nel 1942 Buzzati pubblica I sette messaggeri, volume che raccoglie i suoi migliori racconti, usciti negli anni precedenti su varie riviste e giornali. Negli anni seguenti lo scrittore pubblicherà prevalentemente raccolte di racconti fantastici: del 1949 è Paura alla Scala e del 1954 Il crollo della Baliverna. Da queste prime tre raccolte Buzzati estrarrà i racconti più rappresentativi e, insieme ad altri testi, li pubblicherà nel volume Sessanta racconti (1958), che vincerà il Premio Strega. Sempre nel 1958 pubblica Esperimento di magia. 18 racconti. Non mancano in questo periodo pubblicazioni di altro genere: un romanzo per bambini illustrato dallo stesso autore (La famosa invasione degli orsi in Sicilia, 1945), una raccolta di racconti e riflessioni brevissime (In quel preciso momento, 1950), un libro di valutazioni satiriche (Egregio signore, siamo spiacenti di…1960, con illustrazioni di Siné).

A cavallo tra gli anni quaranta e cinquanta inoltre Buzzati inizia a scrivere per il teatro, ideando drammicommediefarse e monologhi: del 1953 è il suo unico vero successo in questo campo, Un caso clinico, commedia tratta dal racconto Sette piani e riproposta qualche anno dopo anche al pubblico parigino nella traduzione di Albert Camus. Le opere successive non riscuoteranno un effettivo successo di pubblico ma risultano degli ottimi testi, in grado di mostrarci le varie sfumature della poetica dell’autore, in questo caso prevalentemente satirica: Drammatica fine di un noto musicista (1955), Sola in casa (1958), Un verme al Ministero (1960), I suggeritori (1960), La colonna infame (1962) e altri.

Nel 1960 Buzzati torna alla forma del romanzo e pubblica Il grande ritratto, che riscuote molto successo dal punto di vista tematico, meno da quello letterario: viene affrontato il tema della femminilità, novità rispetto alle tematiche affrontate fino ad allora dall’autore. Esso anticipa il più famoso Un amore (1963), incentrato su una tormentata storia sentimentale, nella quale si riconoscono alcune vicende autobiografiche dello scrittore. Dal romanzo verrà tratto l’omonimo film (1965) di Gianni Vernuccio.

Nel 1965 il narratore pubblica le sue uniche opere poetiche: Il capitano Pic e altre poesieScusi, da che parte per Piazza del Duomo? e Tre colpi alla porta. Le ultime due saranno raccolte due anni dopo in Due poemetti di Neri Pozza editore, l’intera produzione poetica nel 1982. Questi componimenti dimostrano l’estrema versatilità letteraria di Buzzati, che trova nella poesia e nel verso libero un mezzo per esprimere le sue consuete tematiche in maniera del tutto originale.

Nel 1966, dopo otto anni, esce una nuova raccolta di racconti, Il colombre e altri cinquanta racconti, seguita due anni dopo da La boutique del mistero, che raccoglie 31 storie estrapolate da tutte le precedenti raccolte: è chiara l’intenzione di Buzzati di raccogliere il meglio della sua produzione novellistica.

Le ultime opere dello scrittore bellunese sono il discusso e celebre Poema a fumetti (1969), opera a metà tra un romanzo e un fumetto, che rielabora il mito diOrfeo ed Euridice in chiave popLe notti difficili (1971), una raccolta di racconti ed elzeviri incentrati sulla morte, e I miracoli di Val Morel (1971), una raccolta di dipinti e brevi commenti imperniati su dei finti miracoli, che nell’invenzione dell’autore sarebbero stati attribuiti a santa Rita dalla tradizione popolare e ispirati alla località di Valmorel di Limana.

Numerose sono le opere postume, che raccolgono per lo più racconti mai pubblicati in volume durante la vita dell’autore ed estratti dalle copie originali delCorriere e di altre testate, tra cui Il reggimento parte all’alba (1985), Lo strano Natale di Mr. Scrooge e altre storie (1990), Bestiario (1991), Le cronache fantastiche di Dino Buzzati (2003), Il panettone non bastò (2004), I fuorilegge della montagna (2010) e Il «Bestiario» di Dino Buzzati (2015). Sono stati editi inoltre dei libri che assemblano opere già pubblicate da Buzzati durante la sua vita: Romanzi e racconti (1975), 180 racconti (1982), Le poesie (1982), Teatro(1985, accresciuto nel 2006), Il meglio dei racconti (1990), Opere scelte (1998), I capolavori di Dino Buzzati (2005).

Tra le principali opere biografiche e critiche dedicate alla vita, alle opere e alla poetica di Buzzati Dino Buzzati (1967) di Fausto Gianfranceschi, prima monografia dedicata all’autore, Dino Buzzati: un autoritratto (1973), un libro-intervista prodotto da Yves Panafieu sulla base di alcuni incontri con lo scrittore poco prima della sua morte, Guida alla lettura di Buzzati (1987) di C. Toscani, Il pianeta Buzzati (1992) a cura di N. Giannetto, Dio che non esisti ti prego. Dino Buzzati, la fatica di credere (2006) di L. Bellaspiga e Album Buzzati (2006), un’opera biografica a cura di Lorenzo Viganò, ricca di fotografie in parte inedite. Vi sono poi le introduzioni e i commenti alle opere di Buzzati, firmati perlopiù da Lorenzo Viganò, maggiore studioso dell’opera dello scrittore bellunese, ma anche da Indro Montanelli, amico stretto dello scrittore, Guido Davico Bonino, Giulio Carnazzi, Carmen Covito, Oreste del BuonoFranco Di Bella, Fausto Gianfranceschi, Giuliano Gramigna, Domenico Manzella, Ettore Mazzali, Claudio MarabiniGiulio NascimbeniGuido PioveneDomenico Porzio, Federico Roncoroni, Alberico Sala, Claudio Toscani e Maurizio Vitta.

Un dipinto di Buzzati: La stanza(1968, olio su tela, 70×45). Il quadro è suddiviso in vari riquadri che corrispondono ai vari momenti della narrazione.

Carriera artistica

Più che uno svago la pittura fu per Dino Buzzati un secondo mestiere, tanto che arrivò a dichiarare: «Sono un pittore il quale, per hobby, durante un periodo purtroppo alquanto prolungato, ha fatto anche lo scrittore e il giornalista»[13]. Le opere pittoriche di Buzzati sono fortemente legate alle atmosfere e alle situazioni dei suoi romanzi e dei suoi racconti: lo stesso autore definì i suoi quadri “storie dipinte”, sottolineando con questa espressione la forte carica narrativa delle tele, che spesso presentano scritte fumettistiche o sono divise, proprio come la pagina di un fumetto, in vari riquadri, ognuno dei quali sta a rappresentare un “momento” dell’azione.

Già da bambino Dino disegna molto, soprattutto le sue amate montagne, ma anche soggetti fantastici. Negli anni ventitrenta dipinge alcune tele (RomanticaIl lampionePrimo amore), ma l’occasione di mostrare al pubblico le sue qualità di disegnatore arriva solo nel 1945, quando produce per il romanzo La famosa invasione degli orsi in Sicilianumerosi disegni colorati. È nel 1952 però che dipinge il suo quadro più famoso, Piazza del Duomo di Milano, nel quale il Duomo è raffigurato come una montagna dolomitica con guglie e pinnacoli, circondata da pascoli verdi.

L’attività pittorica di Buzzati diventa rilevante a partire dal 1957, anno in cui inizia a produrre con regolarità numerosi dipinti e disegni di vario genere. Le tematiche dei suoi primi dipinti sono quelle tipiche delle altre opere, soprattutto dei racconti (il fantastico, il destino, l’attesa, il mistero), e lo stile richiama al Simbolismo, alle illustrazioni di Arthur Rackham, alla pittura metafisica di De Chirico e al Surrealismo[14]. A questa prima fase appartengono Una fine del mondo (1957), Duello notturno (1957), Toc, toc (1957), Gli apriranno? (1958), Adieu (1958) e molti altri dipinti.

Negli anni sessanta Buzzati inizia a sostituire le precedenti tematiche con nuovi argomenti, come la sessualità e ildelitto, e nuovi stili, che ricordano il fumetto nero italiano e la pop art. A queste novità si rifanno dipinti quali Il delitto di via Calumi (1962), La vampira (1965), Il circo Kroll (1965), Escalation (1966), Diabolik (1967), Laide (1967), L’urlo (1967), Un utile indirizzo (1968) ecc. Buzzati tuttavia non abbandona le precedenti tematiche: opere come Miraggio (1966), Il Babau (1967), Il vicario di Stinfeld (1967), Gli amici di mezzanotte (1967) ci mostrano personaggi e creature fantastiche, colori più freddi, che richiamano alle atmosfere immaginarie tipiche delle prime opere dello scrittore bellunese.

Le tematiche dell’erotismo, del delitto, della morte e degli sfondi pop ritornano nelle 208 tavole a colori del Poema a fumetti, un’opera singolare che rielabora il mito di Orfeo ed Euridice in chiave moderna. Il volume, edito Mondadori, esce nel 1969, vende benissimo e nel 1970 vince il premio Paese Sera. La critica, anziché dare un giudizio netto, è piuttosto spaesata[15]: il connubio tra letteratura e pittura che opera Buzzati, il forte erotismo e lo stile moderno appaiono ai più bizzarri e incompatibili con la precedente produzione dello scrittore. L’opera è considerata la prima graphic novel italiana e tra le prime nel panorama mondiale.

L’ultimo libro pubblicato dall’autore è I miracoli di Val Morel (1971), una raccolta di dipinti, accompagnati da brevi didascalie, che raffigurano degli immaginari ex voto compiuti nella finzione letteraria da Santa Rita. I dipinti rappresentano la summa dell’intera opera di Buzzati, poiché riprendono e ampliano tutte le tematiche da lui affrontate nel corso della carriera di romanziere e pittore: il destino, il fantastico, l’ironia, l’amore, la perversione, il delitto. L’opera verrà ristampata soltanto nel 2012.

Tra le opere postume dell’autore dedicate alla pittura il Catalogo dell’opera pittorica (2006) a cura di Nicoletta Comar, il più completo catalogo dei quadri di Buzzati, e Le storie dipinte (2013) a cura di Lorenzo Viganò, che include la riproduzione di cinquantatre dipinti narrativi, accompagnati da brevi didascalie.

Altre attività

Accanto all’attività di scrittore, giornalista e pittore, Buzzati si dedicò alla musica operistica, dando vita a un sodalizio con il compositore e direttore di orchestraLuciano Chailly, per il quale scrisse quattro libretti. Curò personalmente le scenografie delle sue opere teatrali e dei drammi d’opera e lavorò come scenografo e costumista anche per opere non sue, come i balletti Jeu de cartes di Igor Stravinskij e Fantasmi al Grand Hotel di Luciano Chailly. A questa attività dello scrittore bellunese sono dedicati i cataloghi Maccari e Buzzati al Teatro alla Scala, mostra sesta a cura e con saggio di Giulio Carlo Argan (1990) e Buzzati alla Scala (2006) a cura di Vittoria Crespi Morbio.

Un’altra passione di Buzzati è stata quella dell’alpinismo e in particolare delle scalate su roccia. Molte sono le vie di roccia, anche difficili, da lui percorse sulleDolomiti, spesso accompagnato da famose guide alpine divenute nel tempo suoi intimi amici (come Gabriele Franceschini). Le zone da lui più frequentate erano le Pale di San Martino e la Croda da Lago, a cui era particolarmente affezionato. Per quasi tutta la sua vita ha dedicato a questa attività il mese di vacanza in settembre, che trascorreva nella casa di famiglia a San Pellegrino di Belluno. Il suo amore per le montagne e per le scalate era tale che più volte ha raccontato e scritto che quasi tutte le notti a Milano sognava di arrampicare. Testimonianza della sua passione per la montagna è il cofanetto di due volumi I fuorilegge della montagna, pubblicato nel 2010 a cura di Lorenzo Viganò, che raccoglie articoli e racconti dedicati alle sue amate Dolomiti, all’alpinismo, a famosi scalatori e allo sci.

Nel campo artistico Buzzati, oltre a cimentarsi lui stesso nella produzione di dipinti, disegni e bozzetti, si occupa, soprattutto nell’ultimo decennio della sua vita, di critica e rassegna artistica. Negli anni ’60 viene nominato critico d’arte del Corriere della Sera, testata sulla quale pubblicherà centinaia di articoli, dedicati a svariate mostre, correnti e artisti (la pop artBaconKlein). Alla tradizionale critica, con la quale il critico d’arte si poneva in una posizione di importanza e superiorità rispetto al lettore e lanciava accuse di qua e di là, Buzzati ne preferisce una più informale, che presenta al lettore le novità artistiche e le mostre pittoriche senza inserire negli articoli pretenziosi giudizi.

Interessanti anche le esperienze come sceneggiatore, che lo videro collaborare con Federico Fellini alla stesura de Il Viaggio di G. Mastorna, il progetto che il regista inseguì tutta la vita, e che non ebbe mai luce.

Matrimonio e morte

Buzzati si sposa nel dicembre del 1966 con la giovane Almerina Antoniazzi e muore di tumore al pancreas (ne era morto anche il padre nel 1920) alla clinica “La Madonnina” di Milano il 28 gennaio 1972. Nell’estate del 2010 le sue ceneri verranno disperse sulla Croda da Lago, nelle amate Dolomiti.[16]

Poetica, temi e problematiche

Con un tono narrativo fiabesco, Buzzati affronta temi e sentimenti quali l’angoscia, la paura della morte, la magia e il mistero, la ricerca dell’assoluto e del trascendente, la disperata attesa di un’occasione di riscatto da un’esistenza mediocre (Le mura di AnagoorIl cantiniere dell’Aga KhanIl deserto dei Tartari), l’ineluttabilità del destino (I sette piani) spesso accompagnata dall’illusione (L’uomo che voleva guarire).

Il grande protagonista dell’opera buzzatiana è il destino, onnipotente e imperscrutabile, spesso beffardo (come ne Il deserto dei Tartari). Perfino i rapporti amorosi sono letti con quest’ottica di imperscrutabilità (Un amore)[17]. La letteratura di Buzzati appartiene al genere fantastico con molteplici spunti, talvolta con vicinanze al surrealismo, l’orrore e alla fantascienza[18] (Il grande ritratto e alcuni racconti).

Momento centrale della sua narrativa è comunque Il deserto dei Tartari nel quale il protagonista, Giovanni Drogo, tenente di prima nomina è mandato in una fortezza sperduta ai limiti del deserto, dove egli vive una sorta di iniziazione alla morte. La Fortezza Bastiani è un avamposto ai limiti dell’impero che si colloca in un contesto caratterizzato da una surreale assenza di definizioni spazio-temporali.

Il clima della Fortezza, coi suoi luoghi e le sue atmosfere, sostanzialmente fuori del tempo e dello spazio, determina negli abitanti una specie di malattia psichica, una sorta di “morbo della Bastiani” che colpisce tutti. Drogo non tarda ad accorgersi che i giorni si snocciolano in una routine abitudinaria senza sbocchi e prospettive in una ripetizione sterile di atti stereotipati. Gli spazi limitati, le azioni limitate, la sua cameretta, l’ineliminabile stillicidio della cisterna, gli angoli e le scale, i suoni, le luci, le ombre, avevano fatto sì che egli incorporasse tutto ciò: «queste cose erano diventate sue».[19]

Dopo due anni di permanenza a Giovanni Drogo pare che tutto sia rimasto uguale, immobile nel suoi rituali da caserma. Nulla è cambiato, tutto si ripete e la noia avanza e invade tutto con le sue regole spesso assurde, persino i sonni sono scanditi dalle regole. Si tratta di una sorta di incantesimo in cui però permane sempre l’illusione di essere stato mandato lì “per sbaglio” e che a sua richiesta potrebbe essere trasferito altrove in qualsiasi momento.

Ma egli ha momenti in cui torna prepotente la voglia di andarsene, con la certezza di poterlo fare quando vorrà. Un giorno decide di lasciare la Bastiani e va dal medico per farsi fare un certificato da allegare alla domanda di trasferimento. Il medico gli dice:

« «Tutti, caro figliolo, son venuti quassù per uno sbaglio […]. Chi più chi meno, anche quelli che ci sono rimasti.»[20] »

Mentre però il medico procede alla compilazione del certificato, Giovanni si accosta alla finestra e subisce una sorta di incantesimo. La fortezza gli appare improvvisamente grandiosa, immensa, con una sorta di sua perfezione geometrica, guerrieri immobili e bellissimi con le baionette innestate, poi trombe dai suoni squillanti e bellissimi. Rapidamente Drogo confronta tutto ciò con la città e se ne fa un’immagine di squallore e di piattezza, il cambiamento è repentino e la decisione stupefacente. All’«Ecco qua il certificato» del dottor Rovina egli risponde che non vuol più partire[21].

Questa scena rappresenta il momento di massima evidenza di quella malattia della Bastiani dalla quale Drogo è ormai contagiato. Tra le altre componenti l’aspetto più rilevante di tale malattia è “l’attesa”. Si attende l’invasione dei Tartari, ma nessun elemento oggettivo lascia pensare che essa avverrà mai. Drogo però a un certo momento si ammala veramente, nel fisico, di una malattia che lo consuma giorno per giorno e lo rende inabile fino a diventare una larva umana ingombrante che dovrebbe lasciare la fortezza; egli tuttavia si oppone. Quando è ormai moribondo accade l’impensabile: i Tartari attaccano. È l’evento tanto atteso, ma è troppo tardi.

Dediche

A Buzzati sono stati dedicati:

  • una sala presso la sede milanese del Corriere della Sera
  • una via di Milano, una a Limana e la via panoramica di Belluno
  • Largo Dino Buzzati a Roma
  • il sentiero che collega Valmorel a Limana (provincia di Belluno)
  • un sentiero attrezzato che porta alla cima del monte Cimerlo nel Gruppo delle Pale di San Martino (Trento)
  • una cima del gruppo della Croda da Lago, sulle dolomiti bellunesi (campanile Buzzati)
  • il nome di un orso che per mesi nel 2010 ha vagato nelle foreste delle Dolomiti e delle Prealpi Venete.
  • la biblioteca di Villa Welsperg (la Casa del Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino) in Val Canali, Tonadico, Trentino
  • una scuola media a Milano (ICS Buzzati) e una a Limana
  • una via a Pozzuoli (NA)

Lo scrittore sudafricano J. M. Coetzee, premio Nobel nel 2003, si è ispirato alla trama de Il deserto dei Tartari per scrivere uno dei suoi capolavori, Aspettando i barbari, pubblicato nel 1980. Ancora oggi, grazie a un numero elevatissimo di traduzioni – in primis la Francia, dove, quasi avendolo eletto a loro autore, ne hanno pubblicato l’Opera Omnia – Buzzati gode di un vasto riconoscimento in tutto il mondo.

Opere

Raccolte di opere

  • Romanzi e racconti[22], a cura di G. Gramigna, Mondadori, Milano 1975 (“I Meridiani”).
  • Opere scelte, a cura di G. Carnazzi, , Mondadori, Milano 1998 (“I Meridiani”).
  • I capolavori[23], a cura di G. Carnazzi, Mondadori, Milano 2005.

Romanzi

Racconti e novelle

Raccolte postume:

Scritti giornalistici

  • Cronache terrestri, a cura di D. Porzio, Mondadori, Milano 1972.
  • Il delitto all’italiana. 18 cronache “nere” e undici disegni, prefazione di Franco Di Bella, Mondadori, Milano 1977.
  • I misteri d’Italia, Mondadori, Milano 1978.
  • Dino Buzzati al Giro d’Italia, a cura di C. Marabini, Mondadori, Milano 1981.
  • Cronache Nere, a cura di O. del Buono, Theoria, Roma-Napoli 1984.
  • Le montagne di vetro, a cura di E. Camanni, Vivalda, Torino 1989.
  • Il buttafuoco. Cronache di guerra sul mare, Mondadori, Milano 1992.
  • La «nera» di Dino Buzzati (2 volumi: I. Crimini e misteri, II. Incubi), a cura di L. Viganò, Mondadori, Milano 2002.
  • Sulle Dolomiti. Scritti dal 1932 al 1970, a cura di M. A. Ferrari, Editoriale Domus, Rozzano 2005.
  • I fuorilegge della montagna (2 volumi: I. Uomini e Imprese alpinistiche, II. Scalate, Discese e Gare Olimpiche), a cura di L. Viganò, Mondadori, Milano 2010.
  • Con il Papa in Terrasanta, a cura di L. Viganò, Henry Beyle, Milano 2014.

Poesia

  • Il capitano Pic e altre poesie, Neri Pozza, Vicenza 1965 (poi in Le Poesie, Neri Pozza, Vicenza 1982).
  • Scusi, da che parte per Piazza del Duomo?, in G. Pirelli – C. Orsi, Milano, Alfieri, Milano 1965 (poi in Due Poemetti, Neri Pozza, Vicenza 1967; quindi in Le Poesie, cit.).
  • Tre colpi alla porta, in “Il Caffè”, n.5, 1965 (poi in Due Poemetti, cit.; quindi in Le Poesie, cit.).

Teatro

  • Piccola passeggiata, 1942.
  • La rivolta contro i poveri, in «I quaderni di “Film”», 1946.
  • Un caso clinico, Mondadori, Milano 1953.
  • Drammatica fine di un noto musicista, in «Corriere d’Informazione», 3-4 novembre 1955.
  • Sola in casa, in «L’Illustrazione italiana», maggio 1958, pp. 75-80.
  • Una ragazza arrivò…, 1959.
  • Le finestre, in «Corriere d’Informazione», 13-14 giugno 1959.
  • L’orologio, 1959.
  • Un verme al Ministero, in «Il dramma», aprile 1960, pp. 15-48.
  • Il mantello, in «Il dramma», giugno 1960, pp. 37-47.
  • I suggeritori, in «Documento Moda 1960», Milano 1960.
  • L’uomo che andrà in America, ne «Il dramma», giugno 1962, pp. 5-37.
  • L’aumento, «Carte segrete», Roma 1972 (scritto nel 1962).
  • La colonna infame, in «Il dramma», dicembre 1962, pp. 33-61.
  • Spogliarello, 1964.
  • La telefonista, «Sipario», 1992 (scritto nel 1964).
  • La fine del borghese, Bietti, Milano 1966.
  • Teatro, a cura di Guido Davico Bonino, Mondadori, Milano 1980 (ristampato nel 2006 con l’aggiunta di un testo inedito).

Libretti per musica

  • Ferrovia soprelevata, Edizioni della Rotonda, Bergamo 1955 (poi Ferriani, Milano 1960) (musica di Luciano Chailly).
  • Procedura penale, Ricordi, Milano 1959 (musica di Luciano Chailly).
  • Il mantello, Ricordi, Milano 1960 (musica di Luciano Chailly).
  • Battono alla porta, Suvini-Zerboni, Milano 1963 (musica di Riccardo Malipiero), Premio Italia.
  • Era proibito, Ricordi, Milano 1963 (musica di Luciano Chailly).

Cataloghi d’arte e altre opere grafiche

  • Le storie dipinte, a cura di Mario Oriani e Adriano Ravegnani, All’insegna dei Re Magi, Milano 1958 di 520 esemplari (poi con testo di Adriano Ravegnani, Il Libraio di Via Sant’Andrea, Milano 1977, stampato su carta a mano Rusticus della Cartiera Miliani di Fabriano in 1000 copie; infine a cura di Lorenzo Viganò, Mondadori, Milano 2013).
  • Poema a fumetti, Mondadori, Milano 1969.
  • I miracoli di Val Morel, Garzanti, Milano 1971 (1ª ed. nel catalogo Miracoli inediti di una santa, Edizioni del Naviglio, Milano 1970; poi Per grazia ricevuta, GEI, Milano 1983).
  • Osvaldo Patani, Le gambe di Saint Germain, con acqueforti di Dino Buzzati, 1971.
  • Maccari e Buzzati al Teatro alla Scala. Mostra sesta a cura di Giulio Carlo Argan. Bozzetti e figurini 1959-1973, Edizione Amici della Scala, Milano 1990.
  • Buzzati pittore, a cura di Raffaele De Grada, Editoriale Giorgio Mondadori, 1992.
  • Dino Buzzati. La donna, la città, l’inferno, a cura di M. Ferrari, Canova, Treviso 1997.
  • Buzzati 1969: il laboratorio di “Poema a fumetti”, a cura di Maria Teresa Ferrari, Mazzotta, 2002.
  • Buzzati racconta. Storie dipinte e disegnate (catalogo della mostra, Milano, 15 novembre 2006-28 gennaio 2007), a cura di Maria Teresa Ferrari, Mondadori Electa, Milano 2006.
  • Buzzati alla Scala, a cura di Vittoria Crespi Morbio, Allemandi, Torino 2006.
  • Catalogo dell’opera pittorica, a cura di Nicoletta Comar, Edizioni della Laguna, Gorizia 2006.

Altri scritti

  • Il libro delle pipe, in collaborazione con G. Ramazzotti e con disegni dell’autore, Antonioli, Milano 1945 (poi Martello, Milano 1966).
  • Come fece Erostrato, in AA.VV., Quando l’Italia tollerava, a cura di G. Fusco, Canesi, Roma 1965, pp. 101-106.
  • I dispiaceri del re, illustrazioni di Gloria Leonetti, Stampatori, Torino 1980 (poi, con illustrazioni di Annalisa Bertoldi, Mondadori, Milano1986).
  • Lettere a Brambilla, a cura di Luciano Simonelli, De Agostini, Novara 1985.
  • La mia Belluno, a cura della Comunità Montana Bellunese – Assessorato alla cultura, 1992.
  • Far pubblicare un romanzo. È più difficile o più facile di una volta?, a cura di G. Lucini, Henry Beyle, Milano 2011.
  • L’uomo che viveva di diritti d’autore, a cura di Lorenzo Viganò, Henry Beyle, Milano 2013.
  • Il golf, Henry Beyle, Milano 2013.
  • L’antiquario, Henry Beyle, Milano 2014.

Dipinti (elenco parziale)

  • Romantica, 1924.
  • Primo amore, 1930.
  • Piazza del Duomo di Milano (olio su tela, 70×90), 1952.
  • Una fine del mondo (80×100), 1957.
  • Duello notturno, 1957.
  • Le nuvole (olio su tavola, 55×38), 1957.
  • Toc, toc (olio su tela, 30×20), 1957.
  • Sorgeva in quel di Saluzzo un albero (olio su cartoncino, 25×35), 1957.
  • Maiali volanti (olio su tavola, 24,9×35), 1957.
  • Dico a lei, giovanotto!, 1958.
  • La Sfinge, 1958.
  • La parete (tempera su cartone, 50×72), 1958.
  • Allons enfants de la Patrie, 1958.
  • I lupi nuotatori (tempera su cartone, 36×50), 1958.
  • Ornitophorus (tempera su cartone, 50,5×36,5), 1958.
  • Permette, signorina? (olio su tela, 48×40), 1958.
  • Gli apriranno? (acrilico su tela, 100×55), 1958.
  • I medici condotti (tempera su cartone, 34×49), 1958.
  • Le Termopili (tempera e soldatini di piombo su cartone, 50×70), 1958.
  • Adieu (olio su tela, 80×60), 1958.
  • Il sonno del Lanzichenecco, 1958.
  • La morta del solaio (Rebus) (tempera su tavola, 35×50), 1958.
  • Ritratto del Califfo Mash Er Rum e delle sue mogli (olio su cartone, 50×70), 1958.
  • Le buone amiche (tempera e occhi di bambola su tavola, 50×70), 1962.
  • Il delitto di via Calumi (olio su cartone, 70×100), 1962.
  • Il visitatore del mattino (tempera su tela, 99×69), 1963.
  • In attesa della telefonata (matite e pastelli su carta, 50×56), 1964.
  • Un invadente parlamentare (matita nera e pastelli, china e acquerelli su cartoncino bianco, 35,7×47,4), 1964.
  • Le sedie (tempera su cartone, 52×72), 1965.
  • La vampira (acrilici su cartone, 73×102), 1965.
  • La gattona (acrilici su cartone, 58×79), 1965.
  • La casa dei misteri (matita, china e tempera su carta, 47×35,5), 1965.
  • Un amore (tempera su tela, 51×72), 1965.
  • Il circo Kroll (acrilici su tavola, 70×50), 1965.
  • Nella nebbia (acrilici su tavola, 70×50), 1966.
  • Miraggio (tempera su carta, 53×29), 1966.
  • Uno strano furto (acrilici su tela, 25×40), 1966.
  • Santa ingenuità (acrilici su tela, 100×67), 1966.
  • Escalation (acrilici su tela, 120×61), 1966.
  • Nevicata (acrilici su tela), 1966.
  • I due leoni (acrilici su tela, 40×52), 1967.
  • Il Babau (acrilici su tela, 80×119), 1967.
  • Il vicario di Stinfeld (inchiostri di china e tempera su carta, 28×43), 1967.
  • Gli amici di mezzanotte (acrilici su tela, 55×70), 1967.
  • L’archeologa e il menhir (acrilici su tela, 65×86), 1967.
  • Ritratto di un vecchio nobile austriaco (acrilici su carta, 57×43), 1967.
  • Il lampione bis (acrilici su tela, 72×72), 1967.
  • Diabolik (acrilici su tela, 60×52), 1967.
  • Laide (acrilici su tela, 100×80), 1967.
  • I misteri dei condomini (acrilici su tela, 100×65), 1967.
  • Strano fenomeno in Piazza Sant’Ignazio bis (china, pastelli e tempera su carta, 50×60), 1967.
  • L’urlo (china e acrilici su carta), 1967.
  • Sorpresa serale (tempera su tela), 1967.
  • Le mille e una notte (acrilici su tela, 50×34), 1968.
  • Un utile indirizzo (acrilici su cartone, 36×51), 1968.
  • La stanza (olio su tela, 70×45), 1968.
  • Il pied-à-terre dell’on. Rongo Rongo (china e tempera su carta, 55×44), 1969.
  • Cagnone a San Pellegrino (acrilici su tela, 100×70), 1969.
  • La signora gatta (acrilici su cartone, 43×60), 1970.

Filmografia

Film tratti da opere di Buzzati:

Note

  1. ^ Renata Asquer, La grande torre. Vita e morte di Dino Buzzati, Manni Editori, 2002, pp. 27-28.
  2. ^ a b c Lorenzo Viganò (a cura di), Album Buzzati, Mondadori, 2006, p. 13.
  3. ^ a b Giovanna Ioli, Dino Buzzati, Mursia, 1988, p. 203.
  4. ^ Il nome gli fu dato in ricordo dello zio materno, il letterato Dino Mantovani, noto per aver scritto una biografia di Ippolito Nievo.
  5. ^ Lorenzo Viganò, L'”altro mondo” di Dino Buzzati, introduzione a Dino Buzzati, Le cronache fantastiche di Dino Buzzati, Mondadori, Milano, 2003, pp. XV-XVIII.
  6. ^ Sul soggiorno nella città dello Stretto, dove si invaghì di una “donna del popolo” locale, si veda l’approfondito articolo di Sergio Di GiacomoDino Buzzati e quell’amore sbocciato a Messina, con una scheda letteraria Quel volto che ricordava Antonello e il brano di Un amore, in Gazzetta del Sud, Messina, 15 agosto 2012, p.31.
  7. ^ Lorenzo Viganò, Buzzati: la vocazione per la «nera», introduzione a La «nera» di Dino Buzzati, Mondadori, Milano 2002
  8. ^ La Domenica di Buzzati
  9. ^ Un provinciale in Giappone (novembre 1963), Due delitti a Tokio (novembre 1963), Chiamate a Tokio il numero 5131313 (novembre 1963), Perché l’India è diversa dagli altri paesi (gennaio 1965)
  10. ^ Giulio Carnazzi, Introduzione a Dino Buzzati, Opere scelte, Mondadori, Milano, 1998, pp. XLV-XLVI.
  11. ^ Claudio Toscani, Introduzione e Domenico Porzio, Prefazione alla prima edizione a Dino Buzzati, Cronache terrestri, Mondadori, Milano, 1995, pp. V-XVI.
  12. ^ Alberto Papuzzi, «Dino Buzzati», La Stampa, 28 aprile 2010.
  13. ^ Dino Buzzati, Un equivoco in: Le storie dipinte, Milano, Mondadori, 2013, p.143
  14. ^ Lorenzo Viganò, «Sono un pittore, ma nessuno mi crede», introduzione a Dino Buzzati, Le storie dipinte, cit., pp. 17-18
  15. ^ Lorenzo Viganò, La discesa nell’Aldilà: l’ultimo libro di Dino Buzzati, introduzione a Dino Buzzati, Poema a fumetti, Mondadori, Milano 2009, p. XIX
  16. ^ Disperdere le ceneri ora si può: Buzzati tornerà sulle Dolomiti
  17. ^ L’amore carnale per una città in un capolavoro dimenticato di Dino Buzzati
  18. ^ Fausto Gianfranceschi, Dino Buzzati, Borla, 1967, pp. 63, 64.
  19. ^ D. Buzzati, Il deserto dei Tartari, in: Opere scelte, Milano, Mondadori 1998, p.72
  20. ^ Il deserto dei Tartari, cit., p.66
  21. ^ Il deserto dei Tartari, cit., pp. 67-69
  22. ^ Contiene Il deserto dei TartariUn amore, una scelta di racconti e la raccolta di poesie Scusi da che parte per piazza del Duomo?.
  23. ^ Contiene Il deserto dei TartariUn amore e Sessanta racconti.
  24. ^ Sono escluse dall’elenco le edizioni scolastiche e per ragazzi (L’uccisione del drago e altri raccontiIl deserto dei Tartari e dodici raccontiIl borghese stregato e altri racconti.)
  25. ^ Sono esclusi dall’elenco i dipinti meno famosi e le tele de I miracoli di Val Morel

Bibliografia

Opere dedicate a Dino Buzzati

  • Fausto Gianfranceschi, Dino Buzzati, Borla, Roma 1967.
  • Dino Buzzati. Un caso a parte, con un’autocritica di Buzzati, introduzione di Giancarlo Vigorelli, scritti di Enrico BajAlfonso Gatto e altri, Delta Editori, Roma 1971.
  • Dino Buzzati: un autoritratto. Dialoghi con Yves Panafieu (luglio-settembre 1971), Mondadori, Milano 1973.
  • Antonia Arslan, Invito alla lettura di Dino Buzzati, Ugo Mursia, Milano 1974.
  • Dino Buzzati, a cura di Alvise Fontanella, Olschki, Firenze 1982.
  • Claudio Toscani, Guida alla lettura di Buzzati, Mondadori, Milano 1987.
  • Giuseppe Fanelli, Dino Buzzati. Bibliografia della critica (1933-1989), Quattroventi, Urbino 1990.
  • Dino Buzzati. Ironia e Mistero, testi di Ferdinando Albertazzi, Almerina Buzzati, Giuseppe Fulcheri, Giovanna Iuli, Angelo Mistrangelo, Arte & Arti, 1991 (stampato in 1500 copie).
  • Marcello Carlino, Come leggere Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati, Ugo Mursia, Milano 1993.
  • Dino Buzzati: la Lingua, le Lingue. Atti del Convegno Internazionale, a cura di Nella Giannetto, Mondadori, Milano 1995.
  • Luigi De Anna, Dino Buzzati e il segreto della montagna, Tararà, Verbano Cusio Ossola 1997.
  • Le Alpi di Buzzati (“Quaderni del Centro Studi Buzzati”), a cura di R. Ricci, Ist. Editoriali e Poligrafici, Pisa-Roma 2002.
  • Renata Asquer, La grande torre. Vita e morte di Dino Buzzati, Manni, Lecce 2002.
  • Patrizia Dalla Rosa, Dove qualcosa sfugge: lingue e luoghi di Buzzati (“Quaderni del Centro Studi Buzzati”), Ist. Editoriali e Poligrafici, Pisa-Roma 2004.
  • Poema a fumetti di Dino Buzzati nella cultura degli anni ’60 tra fumetto, fotografia a arti visive (Atti del Convegno internazionale di Feltre, Belluno, settembre 2002), a cura di Nella Giannetto, Mondadori, Milano 2005.
  • Maurizio Trevisan, Dino Buzzati, l’alpinista (“Quaderni del Centro Studi Buzzati”), Ist. Editoriali e Poligrafici, Pisa-Roma 2006.
  • Fabrizio De Rossi Re (compositore), Il quadro di Buzzati, su testo di Luis Gabriel Santiago, opera in musica per la radio scritta per la Rai RadioTre in occasione del centenario della nascita di Buzzati (trasmissione RAI RadioTre ottobre 2006).
  • Vittorio Caratozzolo, La finestra sul deserto: a Oriente di BuzzatiBonanno Editore, Acireale-Roma 2006.
  • Lucia Bellaspiga, «Dio che non esisti, ti prego». Dino Buzzati, la fatica di credere, Ancora, Milano 2006.
  • Album Buzzati, a cura di Lorenzo Viganò, Mondadori, Milano 2006.
  • La saggezza del mistero. Saggi su Dino Buzzati, a cura di S. Mecenate, Ibiskos Editrice Risolo, Empoli 2007.
  • Stefano Lazzarin, Il Buzzati “secondo”. Saggio sui fattori di letterarietà nell’opera buzzatiana, Vecchiarelli, Roma 2008.
  • Stefano Lazzarin, Fantasmi antichi e moderni. Tecnologia e perturbante in Buzzati e nella letteratura fantastica otto-novecentesca (“ Quaderni del Centro Studi Buzzati”), Fabrizio Serra Editore, Pisa 2010.
  • Un gigante trascurato? 1988-2008: vent’anni di promozione di studi dell’Associazione Internazionale Dino Buzzati (“Quaderni del Centro Studi Buzzati”), a cura di Patrizia Dalla Rosa, Fabrizio Serra Editore, Pisa 2010.
  • Lucia Bellaspiga, E se poi venisse davvero? Natale in casa Buzzati, Ancora, Milano 2010.
  • Cinzia Posenato, Il «bestiario» di Dino Buzzati, Gli Inchiostri Associati, Bologna 2010.
  • Sara di Santo Prada, Il coraggio della bontà. Dino Buzzati e don Zeno Saltini: cronaca di un’amicizia, Ibiskos Editrice Risolo, Empoli 2010.
  • Fabio Atzori, Alias in via Solferino. Studi e ricerche sulla lingua di Buzzati (“Quaderni del Centro Studi Buzzati”), Fabrizio Serra Editore, Pisa 2012.
  • David Borioni, Incontro con Dino Buzzati, a cura di Valeria Tugnoli, Phasar, Firenze 2012.
  • Roberta Coglitore, Storie dipinte. Gli ex voto di Dino Buzzati, Edizioni di Passaggio, Palermo 2012.
  • Rolly Marchi e Bepi Pellegrinon, Il dialogo segreto. La Dolomiti di Dino Buzzati, Nuovi Sentieri Editore, 2012.
  • L’attesa e l’ignoto. L’opera multiforme di Dino Buzzati, a cura di Mario Germani, con una intervista ad Almerina Buzzati, L’arcolaio, Forlì 2012.
  • Patrizia Dalla Rosa, Lassù… laggiù… Il paesaggio veneto nella pagina di Dino Buzzati, Marsilio, Venezia 2013.
  • Teresa Russo, Viaggio agli inferi del tempo. Il teatro di Dino Buzzati, Felici, Pisa 2013.
  • Lucia Bellaspiga, Il deserto dei Tartari, romanzo a lieto fine. Una rilettura del capolavoro di Dino Buzzati, Ancora, Milano 2014.
  • Cristiana Lardo, “Ci vorrà naturalmente una guida”. Memoria e dialoghi nell’opera di Dino Buzzati, Studium, Roma 2014.
  • Serena Mazzone, Oltre l’immaginazione lo sguardo. Il teatro di Dino Buzzati, Aracne, Roma 2014.

Discografia

Opere dedicate / ispirate a Dino Buzzati

Collegamenti esterni

Il deserto dei Tartari (romanzo)

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
Il deserto dei Tartari
Autore Dino Buzzati
1ª ed. originale 1940
Genere romanzo
Lingua originale italiano
Ambientazione Fortezza Bastiani

Il deserto dei Tartari è un romanzo di Dino Buzzati. Pubblicato nel 1940, segnò la consacrazione di Buzzati tra i grandi scrittori del Novecento italiano.

Lo scrittore bellunese in un’intervista affermò che lo spunto per il romanzo, era nato:

« dalla monotona routine redazionale notturna che facevo a quei tempi. Molto spesso avevo l’idea che quel tran tran dovesse andare avanti senza termine e che mi avrebbe consumato così inutilmente la vita. È un sentimento comune, io penso, alla maggioranza degli uomini, soprattutto se incasellati nell’esistenza ad orario delle città. La trasposizione di questa idea in un mondo militare fantastico è stata per me quasi istintiva”. »

Il tema centrale del romanzo è dunque quello della fuga del tempo.

Trama

Il romanzo è ambientato in un immaginario paese che ricorda l’Austria dell’Ottocento, soprattutto per i nomi dei personaggi. La trama segue la vita del sottotenente Giovanni Drogo dal momento in cui, divenuto Ufficiale, viene assegnato come prima nomina alla Fortezza Bastiani, molto distante dalla capitale.La Fortezza, ultimo avamposto ai confini settentrionali del Regno, domina la desolata pianura chiamata “deserto dei Tartari”, un tempo teatro di rovinose incursioni da parte dei nemici. Tuttavia, da innumerevoli anni nessuna minaccia è più apparsa su quel fronte; la Fortezza, svuotata ormai della sua importanza strategica, è rimasta solo una costruzione arroccata su una solitaria montagna, di cui molti ignorano finanche l’esistenza.

Dopo un viaggio a cavallo di più giorni, Drogo ha una cattiva impressione della fortezza. Confida all’aiutante maggiore Matti di voler chiedere l’avvicinamento alla capitale, questi gli consiglia di attendere quattro mesi fino alla visita medica periodica, dopo la quale potrà farlo trasferire per motivi sanitari. Drogo si pente subito di avere acconsentito, ma in questo periodo subisce inconsciamente il fascino degli immensi spazi desertici che si aprono a settentrione. La vita alla Fortezza Bastiani si svolge secondo le norme ferree che regolano la disciplina militare, e esercita sui soldati una sorta di malia che impedisce loro di lasciarla. I militari sono sorretti da un’unica speranza: vedere apparire all’orizzonte, contro le aspettative di tutti, il Nemico. Fronteggiare i Tartari, combatterli, diventare eroi: sarebbe l’unica via per restituire alla Fortezza la sua importanza, per dimostrare il proprio valore e, in ultima analisi, per dare un senso agli anni buttati via qui al confine.

Il giorno della visita medica che dovrebbe sancire la sua inabilità per il servizio alla Fortezza, Drogo la vede improvvisamente trasformata; davanti ai suoi occhi si espande a dismisura con camminamenti, spalti e mura che mai ha visto. Il selvaggio paesaggio del nord gli appare bellissimo. Rinuncia al trasferimento e si lascia affascinare dalle rassicuranti e pigre abitudini che scandiscono il tempo alla Fortezza, dalla speranza di una futura gloria come quella parte di commilitoni che si sono lasciati catturare dalla situazione.

Un giorno occorre un incidente, quando un soldato uscito per recuperare un cavallo sbandato rientra senza conoscere la parola d’ordine e viene abbattuto dalla sentinella che pure lo ha riconosciuto: eppure le regole del servizio lo impongono. Qualche tempo dopo sembra che ciò che tutti attendono stia per accadere: lunghe colonne di uomini armati si avvicinano da settentrione attraverso la pianura deserta. La Fortezza è in fermento, i soldati sognano battaglia e gloria, ma si scopre che non sono tartari bensì soldati del Regno confinante che vengono a definire la linea di frontiera.

Dopo quattro anni Drogo torna a casa in licenza, ma non si ritrova più nei ritmi della città: prova un senso di estraneità e smarrimento nel ritornare al suo vecchio mondo, a una casa che non può più dire sua, ad affetti a cui scopre di non saper più parlare. Maria, sorella del suo amico, gli sembra indifferente, eppure basterebbe una sola parola di Drogo perché lei rinunci a un viaggio in Olanda e rimanga con lui. Si reca da un Generale per ottenere il trasferimento, come sarebbe prassi dopo quattro anni in Fortezza, ma il superiore gli dice che l’organico della piazzaforte sarà drasticamente ridotto e molti suoi colleghi hanno presentato domanda prima di lui, senza dirgli nulla.

Drogo ritorna alla Fortezza e ai suoi ritmi immutabili. Ora la guarnigione è appena sufficiente. Il collega tenente Simeoni crede di avvistare del movimento in fondo alla pianura settentrionale, il comandante è il primo a disilluderlo. In realtà con il tempo si scopre che il Regno del Nord starebbe costruendo una strada diretta verso le montagne di confine, ma occorreranno quindici anni di lavori attraverso il vasto deserto per arrivare nei paraggi della Fortezza. Nel frattempo tutti si sono abituati a considerarlo un lavoro di ingegneria civile.

Nell’attesa della “grande occasione” si consuma la vita dei soldati di guarnigione; su di loro trascorrono, inavvertiti, i mesi, poi gli anni. Drogo vedrà alcuni dei suoi compagni morire, altri lasciare la fortezza ancora giovani o ormai vecchi. Dopo trent’anni di servizio è Maggiore e vicecomandante della Fortezza. Una malattia al fegato lo corrode fino a costringerlo a letto, quando improvvisamente accade ciò che giustificherebbe tutta la vita trascorsa in questo avamposto: la guerra contro il regno del Nord, che fa affluire truppe e artiglierie lungo la strada.

Ma mentre arrivano due reggimenti di rinforzo alla Fortezza Bastiani, il comandante e suo ex collega Simeoni fa evacuare Drogo malato per liberare spazio ai nuovi ufficiali. La morte lo coglierà solo, in un’anonima stanza di una sperduta locanda, ma non in preda alla rabbia e alla delusione. Drogo, infatti, riflettendo su tutta la sua vita, capirà, nei suoi ultimi istanti, quale fosse in realtà la sua personale missione, l’occasione per provare il suo valore che aveva atteso per tutta la vita: affrontare la Morte con dignità, “mangiato dal male, esiliato tra ignota gente”. Drogo non ha quindi centrato l’obiettivo della sua esistenza ma ha sconfitto il nemico più grande: non la morte ma la paura di morire. Con questa raggiunta consapevolezza di aver combattuto questa battaglia decisiva e più importante, Drogo muore da vero soldato, riappacificato con la sua storia, della quale ha finalmente trovato un senso che supera la sua individualità personale.

Paolo Valerio su dismappa


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