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Gabriele Lavia, L’uomo dal fiore in bocca


Teatro Nuovo di Verona
Rassegna Il Grande Teatro
7-8-9-10-11 marzo 2017, ore 20.45;
Incontro con gli attori (ingresso libero) Giovedì 9 marzo, ore 17.00

Fondazione Teatro della Toscana

L’uomo dal fiore in bocca

Il Grande Teatro (rassegna organizzata dal Comune di Verona e dal Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale con Unicredit come main partner) prosegue – martedì 7 marzo alle 20.45 al Teatro Nuovo – con L’uomo dal fiore in bocca di Luigi Pirandello con la regia di Gabriele Lavia che ne è anche protagonista. L’allestimento è della Fondazione Teatro della Toscana.

L’uomo dal fiore in bocca è un atto unico messo in scena per la prima volta nel 1923 al Teatro degli Indipendenti di Roma. Gli anni Venti sono anni d’oro per Luigi Pirandello: dopo i riconoscimenti letterari iniziati col successo del romanzo Il fu Mattia Pascal (1904), è la compagnia di prosa Teatro d’Arte di Roma (i cui primi attori sono Marta Abba e Ruggero Ruggeri) che lui fonda nel 1925 e con cui gira il mondo ricevendo grandi consensi, a dargli quella fama internazionale grazie alla quale nel 1934 viene insignito del premio Nobel.

Con L’uomo dal fiore in bocca Gabriele Lavia (protagonista, nella nostra città, di memorabili interpretazioni sia al Nuovo che al Teatro Romano dove l’ultima volta ha proposto un Amleto “one man show”) continua il suo percorso pirandelliano di questi anni iniziato con Tutto per bene e proseguito con La trappola e con Sei personaggi in cerca di autore.

«Un uomo… “un po’ strano”, un uomo… “pacifico” e una donna come “un’ombra che passa in lontananza” sono i tre protagonisti del capolavoro di Pirandello L’uomo dal fiore in bocca. Nel 1922 – spiega Gabriele Lavia – Anton Giulio Bragaglia chiese a Pirandello di scrivergli qualcosa per il “Teatro Sperimentale degli Indipendenti”. Pirandello riprese “integralmente” il testo della sua novella Caffè notturno, scritta nel 1918, pubblicata successivamente col titolo La morte addosso nelle Novelle per un anno. Il titolo della novella trasformata in testo per il teatro diventò L’uomo dal fiore in bocca, il più breve testo teatrale di tutta l’opera di Pirandello. Forse l’opera più folgorante. Un capolavoro. Ora L’uomo dal fiore in bocca diventa – prosegue Lavia – uno spettacolo vero e proprio la cui durata è un’ora e un quarto. Il breve “atto unico” è stato interpolato con “pezzi” di novelle che affrontano il tema (fatale per Pirandello) del rapporto tormentato tra marito e moglie (“si dovrebbe dire La marito e, per conseguenza, Il moglie”) che viene visto col distacco di un’ironia che rende i personaggi vicinissimi a noi. Così questa “donna che passa da lontano” e che forse è il simbolo di quella “morte” che l’uomo si porta appresso “come un’ombra”, diviene, in questa “drammaturgia”, la protagonista invisibile dei “guai” grandi e piccoli ma pur sempre “inguaribili” dei due protagonisti. Ma può l’uomo rinunciare alla donna? Al simbolo del sesso femminile come “un’albicocca spaccata a metà e spremuta” che è una delle immagini più sconce ed erotiche del Teatro di tutti i tempi? No. L’uomo – conclude Gabriele Lavia – non può proprio fare a meno della donna. La sua malattia mortale».

Ecco la trama di questo testo teatrale che affronta il tema della morte, tema ricorrente – da Thomas Mann a Roberto Bolaño – in molta letteratura mondiale. Un uomo prossimo alla morte s’interroga sul mistero della vita e tenta di penetrarne l’essenza. Per chi, come lui, sa che la morte è vicina, tutti i particolari e le cose, insignificanti agli occhi altrui, assumono un valore e una collocazione diversa. L’azione non si svolge nel caffè di una stazione come decretava Pirandello ma in un’enorme sala d’aspetto dominata da un orologio che non segna più il tempo e dove monumentali vetrate lasciano intravedere i treni in corsa e i bagliori di un temporale estivo fitto di tuoni e pioggia. Ma soprattutto ci fanno scorgere, le vetrate, una donna che forse è la moglie del protagonista o forse no, forse è la morte.

Qui, in questa sala d’aspetto dalle volute liberty, l’uomo dal “fiore in bocca” parla con un uomo qualsiasi (il Pacifico avventore) che ha perso il treno per la gran quantità di pacchi regalo che ha e che la monotonia e la banalità della vita quotidiana hanno reso scialbo, piatto e vuoto. Fino alla rivelazione finale: «Venga… le faccio vedere una cosa… Guardi, qua, sotto questo baffo… La morte, capisce? è passata. M’ha ficcato questo fiore in bocca, e m’ha detto: “Tientelo, caro, ripasserò fra otto o dieci mesi”».

Insieme a Gabriele Lavia è in scena, nel ruolo del “pacifico avventore”, Michele Demaria.
Le scene sono di Alessandro Camera, i costumi di Elena Bianchini, le musiche di Giordano Corapi e le luci di Michelangelo Vitullo.

La rassegna ha sottoscritto il manifesto dei teatri accessibili e ha aderito all’iniziativa Teatri 10 e lode promossa dall’Associazione disMappa: compatibilmente al numero dei posti riservati, disabile e accompagnatore potranno assistere a ogni spettacolo al prezzo speciale di 10 euro.

20162017-il-grande-teatro-nuovo-veronaINFORMAZIONI tel. 0458006100 e www.ilgrandeteatro.comune.verona.it
e www.teatrostabileveneto.it
Vendita biglietti al Teatro Nuovo, tel. 0458006100.
Servizio biglietteria anche presso BOX OFFICE, via Pallone 16, tel. 0458011154.

 


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