marina abramovic method - verona, piccolo teatro di giulietta Theatre Art Verona

The theatre is present


Marina Abramović – The artist is present

Lunedì 22 ottobre 2012 / ore 18.00 – Piccolo Teatro di Giulietta

La proiezione del film è a ingresso libero fino ad esaurimento posti

Incontro sulla vita della grande artista, icona della performance art, con proiezione dello straordinario e coivolgente film documentario, nell’incantevole Piccolo Teatro di Giulietta.
Presentazione a cura di Simone Azzoni.

Vedi la Scheda accessibilità Piccolo Teatro di Giulietta

Marianna Cappi

Icona della performance art, da quarant’anni Marina Abramovic conduce la propria riflessione sull’arte e sul mondo letteralmente sulla propria pelle, spingendo il corpo a misurarsi con i propri limiti, anzi ad oltrepassarli. Quello della performance è uno stato mentale, raggiunto il quale il fisico può fare cose che normalmente non arriverebbe mai a fare.
Nata a Belgrado, figlia di due partigiani, Marina si trasferisce nel 1976 ad Amsterdam e qui incontra il performer tedesco Ulay (Uwe Laysiepen), che diventa suo partner nella vita e nel lavoro. Nati lo stesso giorno, i due sono anime gemelle che mettono alla prova i reciproci ego traboccanti sulla scena e intrattengono una relazione simbiotica fortissima, che dura più di un decennio. Il documentario di Matthew Akers segue l’artista nella preparazione della grande retrospettiva che il Museum of Modern Art di New York ha dedicato alla Abramovic nel 2010, la più grande esibizione che il MoMA abbia mai dedicato all’arte della performance.
Ultrasessantenne ma dotata di un’energia assolutamente fuori del comune (il curatore della retrospettiva, Klaus Biesenbach dice giustamente di lei, nel film: “She’s never not performing”), Marina lavora con instancabile impegno, mostrandoci l’enorme carico amministrativo che sta dietro un’opera d’arte. Ma quella professionale e cinematografica è anche l’occasione di un rincontro, a distanza di anni, con l’amato Ulay. Chiamato in causa dalla sua presenza nelle installazioni del passato, che la mostra ricrea con nuovi giovani artisti, selezionati da Marina in persona, Ulay partecipa anche alla performance principale dell’evento: “The artist is present”, in un frangente di fortissima commozione, che la lente della videocamera riprende con grande rispetto, nonostante la vicinanza massima. Dal 14 marzo al 31 maggio, infatti, Marina Abramovic si è messa a disposizione del pubblico, in una grande sala vuota, dove è stata seduta immobile per sei giorni alla settimana, dall’apertura alla chiusura delle porte del museo, ospitando uno alla volta gli spettatori nella sedia posta di fronte di lei. Il film riprende l’artista, animata dalla convinzione che la cosa più difficile sia fare qualcosa che si avvicini al niente, mentre alza lo sguardo ogni volta sulla persona che ha di fronte e gli si dedica, senza distrazione alcuna, per tutto il tempo che l’altro desidera. Come in altre opere precedenti (tra cui quella pericolosissima del ’74 a Napoli), l’artista si mette così nelle mani del pubblico, totalmente vulnerabile e attaccabile, e, ancora come altrove, la reazione dello spettatore – oltre che la prova estrema imposta al proprio corpo – diventa l’oggetto stesso della performance.
Lo sguardo occhi negli occhi con questa donna che non ha paura di nulla e sa donare se stessa senza limiti, suscita spesso il pianto o comunque l’emozione forte, unica e irripetibile, ed è un’emozione che la camera di Akers riesce a restituire, facendoci riflettere anche sulla natura dello schermo come specchio e del primo piano, quale lo catalogava Deleuze, come immagine-affezione. Nonostante – o proprio in virtù di – un’immagine sempre pulita e luminosa, la camera sempre fissata nella posizione migliore e una scansione temporale lineare e progressiva (che rende anche la progressione della fatica dell’artista, che arriverà stremata alla meta), il documentario si configura esso stesso come un film d’arte, per osmosi con l’oggetto e i modi dell’indagine.

Marina Abramović: The Artist Is Present – review

Artist Marina Abramović’s piece de resistance has been captured in a sharp documentary

Marina Abramović: The Artist is Present

Highly diverting … Marina Abramović: The Artist is Present.

Marina Abramović emerges from this arresting documentary as the Maria Callas of performance art. At 65 years old, though looking far younger, the Serbian-born Abramović has become a virtual legend in this enclosed world after decades of highly personal work, and Matthew Akers’s film is about the simple yet strangely brilliant idea she had for her 2010 show The Artist Is Present at the New York Museum of Modern Art. It may be destined to go down as her masterpiece. The piece consisted simply of Abramović, seated at a table in a sort of Whistler’s Mother pose; onlookers were invited to become part of the exhibit by coming into the performance space and, seated opposite, gazing into her eyes for a few minutes before being moved on: the performance would continue all day every day for three months.

Xan Brooks and Peter Bradshaw review Marina Abramović: The Artist is Present Link to this videoMuseum guards intervened if anyone behaved wrongly. One well-meaning admirer is shown being hauled away for taking her clothes off; another is ejected for a wearing a weird screen that concealed the face. (Did anyone try wearing a nijab?) Now, this is of course a highly absurd, preposterous and mockable idea – the sort of thing that was in fact mocked in a famous episode of TV’s Sex and the City, when Carrie goes to see a performance artist in New York seated on a ladder made of knives, 24/7, claiming not to eat, and joked it was just another Manhattan singleton. The gallery director is shown dissuading Abramović from letting David Blaine get involved: he clearly and understandably fears Blaine would turn the whole thing into a bit of a joke or stunt.

Presented as pure art, the resulting event electrifies the public. A benign group delirium progressively takes hold as everyone becomes moved to tears in Abramović’s presence, many unselfconsciously adopting a hand-on-heart posture. And the event does have something real to say: in our daily lives we never look intently, for a long time, into someone else’s face, the mysterious primal seat of personality and identity. (Perhaps even the most intense of lovers get out of the habit after a month or so.) A highly diverting film.

Marina Abramović su wikipedia

Marina Abramović (Belgrado, 30 novembre 1946) è un’artista serba, attiva nel campo della performance art. Tra le sue opere più note ricordiamo Bed from Mineral Room del 1994 e Cleaning that Mirror del 1995.

Ha vinto il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia del 1997. Il lavoro della Abramović esplora la relazione tra esecutore e pubblico, i limiti del corpo e le possibilità della mente.

Indice

Biografia

Il nonno di Marina Abramović era un patriarca della chiesa ortodossa serba. Dopo la morte fu proclamato santo e tumulato nella chiesa S. Sava a Belgrado. Entrambi i genitori furono partigiani durante la Seconda guerra mondiale: suo padre Vojo fu un comandante acclamato come eroe nazionale dopo la guerra; sua madre Danica fu maggiore nell’esercito e alla metà degli anni sessanta fu direttore del Museo della Rivoluzione e Arte in Belgrado.

Abramović ha studiato presso l’Accademia di Belle Arti di Belgrado dal 1965-70. Ha completato la sua formazione all’Accademia di Belle Arti di Zagabria nel 1972. Dal 1973 al 1975 ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Novi Sad, mentre creava le sue prime esecuzioni. Nel 1974 viene conosciuta anche in Italia, presentando la sua esecuzione Rhytm 4 nella galleria Diagramma di Luciano Inga Pin a Milano.

Nel 1976 Abramović lascia la Jugoslavia per trasferirsi ad Amsterdam. Nello stesso anno inizia la collaborazione e la relazione con Ulay, artista tedesco, nato tra l’altro nel suo stesso giorno. I due termineranno il loro rapporto dodici anni dopo, nel 1989, con una camminata lungo la Grande Muraglia Cinese: Marina decide di partire dal lato orientale della muraglia sulle sponde del Mar Giallo, mentre Ulay dalla periferia sud occidentale del deserto del Gobi. I due cammineranno novanta giorni per poi incontrarsi a metà strada dopo aver percorso entrambi duemila e cinquecento chilometri e dirsi addio.

Negli anni ottanta viaggia in Australia e nei deserti di Thar e del Gobi e in Cina; dal 1992 tiene workshop, conferenze, mostre personali e collettive in tutto il mondo fino a vincere nel 1997 la Biennale di Venezia con l’esecuzione “Balkan Baroque”, dove per tre giorni Marina Abramovic ha grattato e pulito una montagna sanguinolenta di ossa di animale, cantando litanie e lamenti, tra video che celebravano la sua appartenenza ad un paese dilaniato dalle guerre in quegli anni.

Esecuzioni

Rhythm 10, 1973

Nella sua prima esecuzione la Abramović esplora elementi di ritualità gestuale. Usando venti coltelli e due registratori, l’artista esegue un gioco russo nel quale ritmici colpi di coltello sono diretti tra le dita aperte della mano. Ogni volta che si taglia, deve prendere un nuovo coltello dalla fila dei venti che ha predisposto, e l’operazione viene registrata. Dopo essersi tagliata venti volte, l’artista fa scorrere la registrazione, ascolta i suoni e tenta di ripetere gli stessi movimenti, cercando di replicare gli errori, mescolando passato e presente. Tenta di esplorare le limitazioni fisiche e mentali del corpo: “Una volta che sei entrato nello stato dell’esecuzione, puoi spingere il tuo corpo a fare cose che non potresti assolutamente mai fare normalmente.” (Kaplan, 9)

Rhythm 0, 1974

Si presenta al pubblico di Napoli, posando sul tavolo vari strumenti di piacere e dolore; fu detto agli spettatori che per un periodo di sei ore l’artista sarebbe rimasta passivamente priva di volontà e che loro avrebbero potuto usare liberamente quegli strumenti in quelle ore. Si era imposta tale prova in un tempo prefissato secondo una strategia di John Cage, adottata da molti altri artisti dell’esecuzione allo scopo di dare un inizio e una fine ad un evento non lineare.
Ciò che era iniziato piuttosto in sordina per le prime tre ore, con i partecipanti che le giravano intorno con qualche approccio intimo, esplose poi in uno spettacolo pericoloso e incontrollato; tutti i vestiti della Abramovic furono tagliati con lamette; nella quarta ora le stesse lamette furono usate per tagliuzzare la sua pelle e da cui poter succhiare il suo sangue. Il pubblico si rese conto che quella donna non avrebbe fatto niente per proteggersi e che era probabile che venisse violentata; si sviluppò allora un gruppo di protezione e quando le fu messa in mano un’arma carica e il suo dito posto sul grilletto, scoppiò un tafferuglio tra il gruppo degli istigatori e quello dei protettori. Mettendo il proprio corpo in condizione di farsi male, la Abramovic crea un’opera molto seria nei confronti dell’arte, allo scopo di affrontare le sue paure circa il proprio corpo” [1].

Rhythm 5, 1974

Abramović ha cercato di rievocare l’energia prodotta dal dolore, in questo caso usando una grande stella intrisa di petrolio, che l’artista accende all’inizio dell’esecuzione. Rimanendo fuori dalla stella, Abramovic si taglia le unghie, le unghie dei piedi e capelli. Finita ognuna delle operazioni, getta i ritagli nelle fiamme, creando un’esplosione di luce ogni volta. Bruciando la stella a cinque punte vuole rappresentare una purificazione fisica e mentale, riferendosi contemporaneamente alle tradizione politiche del suo passato.

Nell’atto finale della purificazione, Abramović salta attraverso le fiamme, spingendosi nel centro della grande stella. A causa della luce e del fumo che emana dal fuoco, l’osservatore non realizza che, una volta all’interno della stella, l’artista ha perso conoscenza a causa della mancanza di ossigeno. Alcuni membri del pubblico comprendono cosa è accaduto solo quando le fiamme arrivano molto vicino al corpo e lei rimane inerte. Un medico e vari spettatori intervengono per estrarrla dalla stella.

Abramović più tardi commentò su questa esperienza: “Ero molto arrabbiata perché avevo capito che c’è un limite fisico: quando perdi coscienza non puoi essere presente; non puoi performare.” (Daneri, 29).

Art Must Be Beautiful,1975

L’artista si spazzola i capelli per un’ora con una spazzola di metallo nella mano destra e contemporaneamente si pettina con un pettine di metallo nella sinistra mentre ripete continuamente “L’arte deve essere bella, l’artista deve essere bello” fino a quando si sfregia il volto e si rovina i capelli.

Lips of Thomas,1975

In questa esecuzione l’artista esplora all’estremo i limiti fisici del proprio corpo arrivando, tramite una serie di azioni, anche a superarli. L’esecutrice esordisce mangiando un chilogrammo di miele con un cucchiaio d’argento, prosegue bevendo un litro di vino rosso e rompendo con la sua stessa mano il bicchiere. Poco a poco l’azione diventa più violenta, e culmina in atti di autolesionismo, come l’incisione di una stella a cinque punte che l’artista pratica con un rasoio sul proprio ventre: è un’immagine violentissima e cruda che diventa una vera e propria icona della Performance Art. Facendo riferimento a diversi temi propri della fede cristiana e a riti di purificazione e di autopunizione, l’esecutrice si fustiga e si distende su una croce composta di blocchi di ghiaccio e, mentre un getto d’aria calda diretta sul suo ventre fa sanguinare la stella incisa, il resto del corpo comincia a gelare. Gli spettatori, che non riescono a rimanere passivi dinanzi a una simile visione, intervengono togliendola di forza dallo stato di congelamento. L’esecuzione diventa un dialogo, un rapporto diretto di azione e reazione, tra l’esecutrice e lo spettatore che non può restare inattivo mentre assiste in prima persona all’azione ed è quindi psicologicamente costretto a reagire. La reazione dello spettatore diventa l’oggetto dell’esecuzione.

Freeing The Body,1975

Si avvolge la testa in una sciarpa nera e inizia a muoversi a ritmo di un tamburo africano, balla finché non è completamente esausta e cade per terra; l’esecuzione dura otto ore.

Freeing The Memory,1976

L’artista rimane seduta con la testa reclinata all’indietro mentre pronuncia tutte le parole che è in grado di ricordare: parla prevalentemente serbo-croato, ma anche inglese e olandese. Recitando tutte le parole immagazzinate nella propria mente tenta di liberarsi della lingua acquisita intesa come convenzione comunicativa.

Freeing The Voice,1976

L’artista giace supina con la testa reclinata all’indietro, in modo che il suo volto sia perfettamente visibile al pubblico, spalanca la bocca ed inizia ad emettere un unico suono atono. Inizialmente sembra un grido di richiesta di aiuto poi diviene più introverso e successivamente, incontrollato. Il senso dell’esecuzione è da ricercarsi nell’istintivo rispondere al grido da parte del pubblico: la reazione dello spettatore diventa l’esecuzione stessa. Poi la sua voce vacilla, si trasforma in pesante respirazione ed infine muore. Il fisico è stato svuotato e l’annullamento del corpo segue quello della mente. La stessa Marina Abramović, in un’intervista relativa a questo lavoro dice: “Quando gridi in questo modo, senza interruzione, in un primo momento riconosci il suono della tua stessa voce, ma successivamente quando ti spingi ai tuoi stessi limiti la tua voce diventa un puro oggetto sonoro”.

“Freeing The Body”, “Freeing The Memory” e “Freeing The Voice” sono una serie di esecuzioni in cui Marina Abramović si prefigge il fine di purificare il proprio corpo e la propria mente e di scivolare in uno stato di incoscienza; nella prima muove incessantemente il proprio corpo fino a crollare a terra; nella seconda riprende parole dalla propria memoria fino a non ricordare più nulla e nella terza urla fino a perdere la voce.

Dragon Heads,1990

Seduta immobile su una sedia circondata da un cerchio formato da blocchi di ghiaccio,l’artista ha cinque pitoni che si muovono sul suo corpo(lunghi 2, 3 e 4 metri e privati di cibo nelle due settimane precedenti l’esecuzione).

The Abramovich Method, 2012

La performance ha avuto luogo a Milano presso il PAC di via Palestro. Il Metodo Abramovich nasce da una riflessione che l’artista ha sviluppato partendo dalle sue ultime tre performance: The House With the Ocean View (2002), Seven Easy Pieces (2005) e The Artist is Present (2010), esperienze che hanno segnato profondamente il suo modo di percepire il proprio lavoro in rapporto al pubblico. Il pubblico, guidato e motivato dall’artista, a vivere e sperimentare le sue “installazioni interattive”. Le opere – con cui il pubblico potrà interagire rimanendo in piedi, seduto o sdraiato, sono realizzate con minerali e legno[2]. L’esperienza è fatta di buio e luce, assenza e presenza, percezioni spazio-temporali alterate. La performance consiste nell’entrare nel mondo del silenzio, lontani dai rumori, rimanere soli con se stessi e allontanarsi per poche ore dalla realtà.

Premi e riconoscimenti

  • Leone d’oro, XLVII Biennale di Venezia, 1997
  • Niedersächsischer Kunstpreis, 2003
  • New York Dance and Performance Award (The Bessies), 2003
  • International Association of Art Critics, Best Show in a Commercial Gallery Award, 2003

Note

  1. ^ Paul Schimmel, Un salto nel vuoto: la performance e l’oggetto
  2. ^ Wevux

Bibliografia

Lavori di Abramović:

  • Artist Body: Performances 1969-1998, (Charta, 1998).
  • Public Body: Installations and Objects 1965-2001, (Charta, 2001)
  • The House with the Ocean View, (Charta, 2004).
  • The Biography of Biographies, (Charta, 2004).
  • Balkan Epic, (Skira, 2006).
  • Seven Easy Pieces, (Charta, 2007)

Studi critici e accademici:

  • A Daneri, et al, (eds.), Marina Abramović, (Charta, 2002)
  • Laurie Anderson, “Marina Abramović,” Bomb Summer 2003: 25-31.
  • Jennifer Fisher, “Interperformance: The Live Tableaux of Suzanne Lacy, Janine Antoni, and Marina Abramović,” Art Journal 56 (1997): 28-33.
  • Charles Green, “Doppelgangers and the Third Force: The Artistic Collaborations of Gilbert & George and Marina Abramović/Ulay,” Art Journal 59.2: 36-45.
  • Shogo Hagiwara, “Art Hurts: Blood and Pain are Abramović’s Media,” The Daily Yomiuri 1 April, 2004 p18.
  • Janet Kaplan, “Deeper and Deeper: Interview with Marina Abramović,” Art Journal 58:2 (1999):6-19.
  • Zoe Kosmidou, “A Conversation with Marina Abramović,” Sculpture Nov. 2001: 27-31.
  • Tom Lubbock, “Visual Arts: Caught In the Act; It’s Video But Not As We Know It,” The Independent 2 Sept. 2003.
  • Thomas McEvilley, “Performing the Present Tense,” Art in America April 2003: 114-117; 153.
  • Asami Nagai, “Art in Harmony with Nature,” The Daily Yomiuri 24 July 2003, p. 13.
  • Anna Novakov, “Point of Access: Marina Abramović’s 1975 Performance Role Exchange,” Woman’s Art Journal Fall 2003/Winter 2004: 31-35.
  • Jennifer Phipps, “Marina Abramović/Ulay/Ulay/Marina Abramović,” Art & Text 3 (1981).
  • Theresa Smalec, “Not What It Seems: The Politics of Re-Performing Vito Acconci’s Seedbed,” PMC: Postmodern Culture 17 (1) 2006 [1]
  • “Writing Art,” Art Monthly 1999 230:13-17.
  • Peter Lodermeyer, Karlyn De Jongh & Sarah Gold, “Personal Structures: Time Space Existence”, DuMont Verlag, Cologne, Germany, (2009): p. 172-177.

Filmografia

  • Marina Abramović – The Artist Is Present (USA, 2012) di Matthew Akers, documentario, 99′.

Altri progetti

Collegamenti esterni

    1. euronews le mag – Une opéra sur Marina Abramovic par Robert Wilson

      fr.euronews.com Raconter la vie de la papesse de l’art corporel dans un opéra. Drôle de mis en abîme. Surtout quand l’objet de l’oeuvre est Marina

      di euronewsfr 1108 visualizzazioni

Video in primo piano

  1. Marina Abramovic, un’arte di performance..

    documentario dedicato alla body artist più importante degli ultimi tempi.. un’analisi del suo lavoro e dei suoi obbiettivi nel film Balkan Baroque.

    3 anni fa • 222145 visualizzazioni

    di Lelenina3

  2. MARINA ABRAMOVIC IN MILAN – A video by Tiziano Sossi

    Un’intervista di Rossella Farinotti e il sottoscritto all’artista Marina Abramovic, al Museo PAC di Milano il 13 marzo 2012, in occasione dell

    7 mesi fa • 1135 visualizzazioni

    di titicas2002

  3. Marina Abramovic: 54esima biennale di Venezia con Confessione

    A Palazzo Balbi nella mostra Personal Struttures curata da Karlyn De Jongh e Sarah Gold presenta Marina Abramovic con la sua performanc

    1 anno fa • 54590 visualizzazioni

    di Claudio Simeoni

  4. Marina Abramović – Balkan Erotic Epic –

    Marina Abramović was born in 1946 in Belgrade, Yugoslavia. Since the beginning of her career, during the early 1970s where she attended the

    1 anno fa • 1394410 visualizzazioni

    di JodoBoro

  5. Marina Abramović: Live at MoMA

    For more information, please visit: www.moma.org Marina Abramović: The Artist Is Present March 14-May 31, 2010 Images courtesy of Marina Abramović

    2 anni fa • 194350 visualizzazioni

    di MoMAvideos

  6. Marina Abramović – Rhythm 10 (“The Star”, 1999)

    The recreation of performance “Rythm 10” (1973) from “The Star” movie

    5 anni fa • 316092 visualizzazioni

    di aszmedai

  7. Marina Abramović at the Smithsonian’s Hirshhorn Museum and Sculpture Garden

    Marina Abramović at the Smithsonian’s Hirshhorn Museum and Sculpture Garden

    1 anno fa • 107952 visualizzazioni

    di SmithsonianVideos

  8. Art: Marina Abramović: Rhythm 0

    2 anni fa • 161685 visualizzazioni

    di westfinearts

  9. Marina Abramovic Video: Research 1

    Part one of Marina Abramovic video. Compilation of performances.

    2 anni fa • 59738 visualizzazioni

    di blindhunts

  10. Marina Abramovic talks about Seven Easy Pieces, Bologna 28.1.11, Part Three

    Marina Abramovic talks about Seven Easy Pieces, Aula Magna di Santa Lucia, Bologna 28.1.11 (part 3 of 3): Marina answers question if she ever

    1 anno fa • 1234 visualizzazioni

    di casserorama

  11. Marina Abramović

    www.hotreview.org

    1 anno fa • 24593 visualizzazioni

    di martikiwi

  12. Marina Abramović – The Abramović Method

    Milano, 19 marzo 2012 – Conferenza stampa al PAC-Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano per la presentazione della performance “The Abramović

    7 mesi fa • 1214 visualizzazioni

    di BOERIperMILANO

  13. Marina Abramovic

    praguebiennale 3

    5 anni fa • 430196 visualizzazioni

    di Benedikt Kratschmer

  14. Marina Abramović The Artist is Present trailer HBO

    Source: MoMa website www.moma.org For the exhibition Marina Abramović: The Artist Is Present, The Museum of Modern Art’s first performance

    8 mesi fa • 103789 visualizzazioni

    di Poledanceofthestars

  15. Miniatura8:36 Conversation: Marina Abramovic

    For more on this story visit Art Beat: www.pbs.org Jeffrey Brown talks to performance artist Marina Abramovic, who was the subject of a highly

    1 anno fa • 5484 visualizzazioni

    di PBSNewsHour

  16. James Franco Interviews Artist Marina Abramovic / Dec 3, 2009

    December 3, 2009 – Actor James Franco visits performance artist Marina Abramovic. He discusses her art and samples one of her edible creations

    2 anni fa • 66220 visualizzazioni

    di IrinaJF

  17. Marina Abramovic on Belgrade culture

    Bonus footage taken from the 2012 documentary “Marina Abramovic. The Artist Is Present”

    3 sett. fa • 336 visualizzazioni

    di lzichon

  18. Marina Abramović: Marina’s First Performance

    For more information, please visit: www.moma.org Marina Abramović: The Artist Is Present March 14-May 31, 2010 Images courtesy of Marina Abramović

    2 anni fa • 29904 visualizzazioni

    di MoMAvideos

  19. Marina Abramovic on her passion for performance art. Marina Abramović is, to many people, the definitive performance artist. Her works test the

    3 anni fa • 35425 visualizzazioni

    di tate

  20. Marina Abramović: Embracing Fashion | “Exclusive” | Art21

    Episode #155: Filmed at her New York office in 2011, Marina Abramović discusses how her relationship to fashion and femininity have evolved over

    5 mesi fa • 8655 visualizzazioni

    di art21org

Video in primo piano

Marina Abramovic at Italian TV show “Quelli che il calcio”

Marina Abramovic, one of the leading contemporary artists, was …

di furla 4570 visualizzazioni

The Abramovic Method

A tu per tu con la grande artista-sciamana, la nostra esperienza al PA…

di IlGiornaledelLusso 829 visualizzazioni

Marina Abramovic

performance artist