20140704 Anteprima Mostra Paolo Veronese Gran Guardia 674 Spettacoli

Mostra Paolo Veronese. L’illusione della realtà


Palazzo della Gran Guardia
5 luglio – 5 ottobre 2014

Apre il 5 luglio 2014, al Palazzo della Gran Guardia, la mostra Paolo Veronese. L’illusione della realtà, a cura di Paola Marini, direttrice del Museo di Castelvecchio e Bernard Aikema, dell’Università degli Studi di Verona a 26 anni dall’ultima rassegna su Paolo Caliari, dopo 3 anni di lavori preparatori: 100 le opere esposte fra dipinti e disegni provenienti dai più prestigiosi musei italiani ed internazionali.

Manifesto della mostra su Paolo Veronese in via Roma a Verona, con Castelvecchio sullo sfondo

La mostra monografica è la prima di tale ampiezza in Italia dopo quella memorabile curata da Rodolfo Pallucchini a Venezia nel 1939 e presenta Paolo Veronese attraverso 6 sezioni espositive: la formazione a Verona, i fondamentali rapporti dell’artista con l’architettura e gli architetti (da Michele Sanmicheli a Jacopo Sansovino a Andrea Palladio), la committenza, i temi allegorici e mitologici, lareligiosità, e infine le collaborazioni e la bottega, importanti fin dall’inizio del suo lavoro. Oltre ad un’ampia scelta di capolavori dell’artista, la mostra comprende numerosi disegni di eccezionale qualità e varietà tematica e tecnica, con l’obiettivo di testimoniare il ruolo della progettazione e riflessione grafica non solo nel percorso creativo di Paolo ma anche nella dinamica produttiva del suo atelier.

Galleria fotografica dell’anteprima del 4 luglio 2014:

Informazioni e prenotazioni:
numero verde 848 002 008
da lunedì a sabato, ore 9.00-18.00

Orari:
dal lunedì al giovedì, sabato e domenica: dalle 10 alle 21
il venerdì: dalle 10 alle 22

20140704 Anteprima Mostra Paolo Veronese Gran Guardia 760

Ingresso:

biglietto intero: 12 euro
biglietto ridotto:
9 euro (gruppi superiori alle 15 unità, studenti di 18 anni e studenti universitari con libretto, maggiori di 65 anni, possessori del biglietto di ingresso al Museo di Castelvecchio, possessori della Verona Card, possessori di carta ICOM)
6 euro (minorenni 7 – 17 anni, scuole, accompagnatori di disabili)
gratuito: bambini fino ai 6 anni, un accompagnatore per ogni gruppo, disabili, due insegnanti accompagnatori per classe, dipendenti MIBAC, guide turistiche con patentino

Sito web ufficiale http://mostraveronese.it/

Vedi anche

A tu per tu con Paolo Veronese: il restauro della “Cena in casa di Levi”

La mostra «Paolo Veronese. L’illusione della realtà» seguirà e completerà un’esposizione dedicata a Paolo Veronese organizzata presso la National Gallery di Londra condividendone alcuni dei prestiti: Venere Marte e Cupido dalla National Gallery of Scotland, Marco Curzio e la consacrazione di David dal Kunsthistorisches Museum di Vienna, la Pala Bonaldi e l’Allegoria della battaglia di Lepanto dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia, Cristo nell’orto di Getsemani dalla Pinacoteca di Brera, Il Paradiso Dal Musée de Beaux Arts di Lille.
Un’importante e preziosissima sezione della mostra di Verona sarà poi quella dedicata ai disegni.
Con l’occasione verrà restaurata e portata in esposizione al palazzo della Gran Guardia il grande telero “La cena in casa di Simone il Fariseo” completata dalla bottega di Paolo Caliari dopo la morte dell’artista e finora esposta a Palazzo Barbieri, il municipio di Verona.

I curatori della mostra su Paolo Veronese, Bernard Aikema e Paola Marini, da tempo immersi nell’approfondimento del mondo dell’artista e impegnati ad assicurarsi i prestiti dai musei di tutto il mondo (25 arriveranno dalla National Gallery di Londra e si vedranno nelle due mostre), parlano di un progetto molto complesso, il più ricco di opere dalla mostra del 1988, in occasione dei 400 anni dalla scomparsa dell’artista. «La nostra, ha dichiarato Paola Marini, non sarà una ripetizione di quella londinese, ma le esposizioni si integreranno per offrire una visione più completa del grande Paolo Caliari». Per un motivo tecnico Londra non esporrà i disegni dell’artista che si vedranno invece a Verona: la National Gallery ha infatti deciso di esporre le opere al piano nobile della sede in Trafalgar Square dove i grandi lucernari favoriranno la visione dei quadri a «luce naturale», sicuramente dannosa per i disegni e le opere grafiche.

 

Mostra del «Veronese» al via
Tosi: «Valore per la città»

VERONA. «Una mostra eccezionale, unica nel suo genere, e un grande allestimento per rendere omaggio al più grande artista cui Verona abbia mai dato i natali. Si tratta di un’occasione sicuramente di arricchimento per i cittadini del nostro territorio, ma anche di un importante evento in grado di creare indotto per l’economia e in particolar modo per il turismo della nostra città, terza in Italia per numero di visitatori. L’inaugurazione di oggi è certamente un’altra fondamentale tappa di un percorso espositivo iniziato qualche anno fa e destinato a proseguire, in quanto è volontà dell’amministrazione comunale continuare a realizzare eventi culturali importanti, nonostante i pochi fondi a disposizione, per valorizzare la propensione culturale e artistica della nostra città e per incentivare la ripresa economica di Verona. A nome della città ringrazio i curatori della mostra, quanti hanno lavorato in questi anni per la realizzazione dell’esposizione e tutti i sostenitori che hanno permesso concretamente di arrivare a questa giornata».

Questo in sintesi quanto dichiarato questa mattina dal sindaco Flavio Tosi durante la presentazione della mostra «Paolo Veronese – L’Illusione della realtà», che sarà inaugurata nel pomeriggio in Gran Guardia. Presenti, oltre ai curatori dell’esposizione Paola Marini, direttrice del Museo di Castelvecchio e Bernard Aikema, dell’Università degli Studi di Verona, il Rettore dell’Università Nicola Sartor, il Soprintendente ai Beni storici, artistici ed etnoantropologici Saverio Urciuoli, il vicepresidente della Regione Veneto Marino Zorzato, il consigliere della Fondazione Cariverona Paolo Richelli, il manager Unicredit Romano Artoni e il presidente del Comitato territoriale della Divisione Banca Popolare di Verona Franco Menini.

ARTE. Genius loci: alla Gran Guardia la mostra sul pittore più nostro

«TUTI MATI»
PATENTE
VERONESE

Giuseppe Anti

L’estro di Paolo Caliari nell’esposizione che ne riunisce i capolavori. Sfidò l’Inquisizione per la libertà delle sue invenzioni. Fanno ancora stupire. E sorridere

C’è un detto famoso nel Veneto che li vuole «tuti mati» e i veronesi ne andavano fieri. Come credevano sul serio che «non c’è vita fuor di queste mura», tanto da inciderlo sui Portoni della Bra. Se questo lo scrisse Shakespeare (e i veronesi lo sanno, è scolpito nella lapide), la patente del matto è merito di Paolo Caliari veronese, anzi il Veronese. Finì davanti all’Inquisizione per i suoi quadri di soggetto sacro dipinti con estro laico. L’accusa di eresia scattò per una Cena di Nostro Signore, più simile a un carnevale dell’aristocrazia veneziana che al convito eucaristico. Discolparsi? «Sono licenze», risposta di genio agli inquisitori, «che ci pigliamo nui pittori, i poeti e li matti». Artista e matto di un Veronese: bisognava perdonarlo. Se la cavò cambiando solo il titolo al dipinto: Cena del Signore, sì, ma in casa di Levi. Ricco pubblicano, si poteva concedere un ricevimento sfarzoso, no?
C’è da divertirsi a guardare così i capolavori del Veronese riuniti da oggi nella sua Verona. Ecco quella magnificenza della Venezia rinascimentale che affascinava Shakespeare e che descrive nelle sue commedie; ma qui è dipinta dal vivo per i nostri occhi. La vita come dovrebbe essere: ogni donna è meravigliosa, ogni uomo è valoroso, le architetture sono sontuose, i vestiti splendidi. Ma sempre lo sguardo malandrino.
Non è solo l’aria di casa (del Monte Baldo, si dice qui) a indurlo. Succedeva anche nelle aule della National Gallery di Londra, dove fino al 15 giugno sono stati esposti 30 dei capolavori ora in mostra («la mostra della vita», The Spectator: ma ora a Verona le opere in tutto sono ben 108!) A Londra un critico austero ed esigente come Álvar Gonzáles Palacios si è trovato a sorridere di fronte al Marte e Venere dalla Galleria Sabauda di Torino, ora alla Gran Guardia. «Un senso dello humour quasi unico nella storia dell’arte italiana», ha scritto sul Sole 24 Ore: «il piede di Marte rattrappito in uno spasmo amoroso, la gamba indiscreta di Venere, il cupido bambino che fa scendere dalla scala un cavallo sornione come un cane mansueto, fanno sorridere da questo bizzarro coitus interruptus».
NON RIESCONO a concludere, i poveri amanti olimpici, neanche nel quadro di analogo soggetto prestato alla mostra veronese da Edinburgo: sul più bello dello striptease, qui arriva un cagnolino.
Ma anche nei quadri da chiesa (l’Inquisizione aveva le sue buone ragioni, a tenerlo d’occhio) c’è da divertirsi. Ecco la citata Adorazione dei magi, da Santa Corona di Vicenza. Gli angeli volano in cielo, per aprire con le ali un oblò nelle nuvole. Così la luna riesce a illuminare. Il bambino Gesù? No. La luce passa da un buco nel tetto. Virtuosismo: scende a far bianche le ragnatele, e l’occhio segue il fascio luminoso fin dove vuole il pittore. Sui regali dei magi. In realtà sono mezzo coperti dal manto in primo piano. Omaggio allo sponsor, che lo merita ad aver finanziato queste meraviglie: allora Marcantonio Cogollo, industriale tessile vicentino, oggi tutti quelli che hanno sostenuto la mostra di Verona. I servitori sono distratti (uno dà un bacino al cavallo) ma tutti i personaggi importanti hanno lo sguardo fissato in un punto. Il bambino Gesù? No: i doni, quello è il centro della scena. Tutti guardano lì, tranne uno: il magio dal mantello Cogollo. Lui guarda san Giuseppe, il padrone di casa: sarà contento dei regali?
A Santa Corona i custodi una volta ti spiegavano che nel genuflesso griffato Cogollo il Veronese avrebbe ritratto il Palladio. Interpretazione maliziosa: i due geni del Cinquecento veneziano avevano collaborato alla villa di Maser, ma il Palladio non cita mai il Veronese, come se non lo considerasse suo pari. Neri Pozza ci scrisse un bel racconto, La grande villa (1977) sulla «contrarietà di Palladio verso la decorazione pittorica di Maser eseguita da Paolo Caliari». Brontola il sommo architetto: «Quel maturlan veronese… Bravo, bravon, ma balengo. Non rispetta le idee di nessuno». Forse il Veronese ha saputo e si è vendicato mettendolo in ginocchio.
Gli angeli volano spesso nei quadri del Veronese: più che un omaggio ai dettami della Controriforma, è il ricorso a specialisti degli effetti speciali. Nello strepitoso Riposo durante la fuga in Egitto uno è in cabrata sulle fronde della palma, per staccare datteri; l’altro sta fermo a mezz’aria, elicottero, a raccoglierli; un terzo striglia l’asino. Del quarto, in ruolo palladiano, si vede solo una mano: stende ad asciugare la biancheria del bambino Gesù, motivo della sosta. Il quadro degli angeli volanti giustamente è giunto in volo da Sarasota, Florida «dove il circense Ringling», spiega la curatrice Paola Marini, «portava a svernare gli elefanti dalla fredda Chicago». Annotazione che sarebbe piaciuta al Veronese inquisito per i pappagalli e le scimmie.
Verona non è più così maturlana. L’aria del Monte Baldo resta fuori dalla Gran Guardia climatizzata. Ma i colori di Paolo Veronese («viene da chiedersi se ci sia qualcuno che abbia dipinto meglio», e lo disse Bernard Berenson) riescono a splendere anche se orripilanti serrande azzurrine rovinano la facciata e blindano fuori il sole.
Dal Louvre è finalmente arrivata una Bella, dopo il bidone della Ferroniére: e questa Nani, con la sua cornice originale, è perfino in gialloblù. Ci sono i discorsi ufficiali, ma non di circostanza. Il sovrintendente Saverio Urciuoli, di quegli uffici ministeriali che il sindaco Flavio Tosi bollò come difensori «di quattro sassi», riassume con le parole di una vecchia canzone: «Se stiamo assieme ci sarà un perché». Stavolta tutti hanno collaborato — Comune, Soprintendenza, Università, finanziatori privati — a partire dall’idea dei curatori Paola Marini e Bernard Aikema, tre anni fa: lavorare assieme alla National Gallery per ottenere i prestiti. Ha funzionato: 95mila visitatori a Londra, ora tocca a Verona. Il gioco coinvolge tutto il Veneto (la mostra collegata a Vicenza, gli itinerari…) e a Verona anche chi non lo sa. Così di fronte al palazzo della mostra il vallo dell’Arena è invaso dalle scenografie del Ballo in maschera: architetture palladiane, quelle che dipingeva il Veronese. E hai un bel rovinare il capolavoro del Sanmicheli, l’architetto che tenne a bottega il piccolo Paolo Caliari. È il palazzo più bello della piazza, con le arcate che richiamano quelle dell’anfiteatro romano di fronte. Quindi ci hanno costruito davanti una pensilina metallica, che toglie la vista.
Ma al balcone si affaccia un moro con camicia rosso-violacea, come quello sulla balaustra alla Cena di San Nazaro e l’architettura sembra prendere vita in una scena del Veronese: che eresia avrebbe dipinto su un plateatico così.

LA MOSTRA. Cinque sale per 108 opere, i disegni sono davanti ai dipinti

Maddalena, la Bella Nani e Caterina le primedonne

sabato 05 luglio 2014 CULTURA, pagina 54

L’arte di Paolo Caliari detto il Veronese (1528-1588) torna nella sua città natale con la mostra dedicata alla sua figura e alla sua opera, promossa e organizzata da Comune di Verona, Università di Verona e Soprintendenza, in associazione con la National Gallery di Londra. L’esposizione, curata da Paola Marini direttrice del Museo di Castelvecchio e Bernard Aikema dell’Università di Verona si apre oggi al palazzo della Gran Guardia e si chiuderà il 5 ottobre. Orari: tutti i giorni dalle 10 alle 21; venerdì, 10-22 (chiusura un’ora prima). Biglietto 12 euro (audioguida compresa). Informazioni e prenotazioni: www.geticket.it. Prenotazione di visite guidate, telefono 848.002.008 (dal lunedì al sabato, ore 9-18). Notizie di iniziative speciali sul sito www.mostraveronese.it.
ESPOSTE 108 opere, fra dipinti e disegni, provenienti da 54 musei italiani e internazionali, tra cui la Gemäldegalerie di Dresda, la National Gallery of Scotland di Edinburgo, il Museo degli Uffizi di Firenze, Palazzo Rosso di Genova, il British Museum e la National Gallery di Londra (La conversione della Maddalena) , il John Paul Getty Museum di Los Angeles, il Museo National del Prado di Madrid, la Pinacoteca Estense di Modena, la Pinacoteca di Brera di Milano, il Metropolitan Museum of Art di New York, il Louvre di Parigi (La Bella Nani), i Musei Vaticani di Roma, le Gallerie dell’Accademia di Venezia (Il matrimonio mistico di santa Caterina), il Kunsthistorisches Museum di Vienna, la National Gallery of Art di Washington.
SEI LE SEZIONI espositive: la formazione a Verona, i fondamentali rapporti dell’artista con l’architettura e gli architetti (da Michele Sanmicheli a Jacopo Sansovino ad Andrea Palladio), la committenza, i temi allegorici e mitologici, la religiosità, e infine le collaborazioni e la bottega. Di fronte ai capolavori, i disegni di preparazione.
CATALOGO Paolo Veronese. L’illsusione delle realtà, a cura di Paola Marini e Bernard Aikema, Electa, 400 pagine, 35 euro (30 alla mostra), con testi di Bernard Aikema, Stefano Lodi, Ettore Napione, Diana Gisolfi, Paola Marini, Stefania Mason, Giorgio Tagliaferro, Enrico Maria Dal Pozzolo, Thomas Dalla Costa, Agostino Contò, Alba Di Lieto, Nicola Brunelli.

Maestro nei colori capaci ancora di sfidare i secoli

sabato 05 luglio 2014 CULTURA, pagina 55

Paolo Caliari detto il Veronese (1528-1588) fu, già in vita, nella triade dei grandi pittori veneti del Cinquecento con Tintoretto e Tiziano, il più ammirato. Fu celebrato per i colori che, grazie alla sua abilità tecnica (virtuoso nello smalto vetroso per gli azzurri e nelle velature al verderame per il verde) in molti capolavori si sono ben conservati. È chiamato «pittore dei pittori», perché da Rubens a Rembrandt, da Watteau al Tiepolo, altri maestri si sono ispirati a lui. Per Roberto Longhi, il più grande storico dell’arte italiano, il Veronese è «uno dei grandi pittori del mondo». Conferma Bernard Berenson, l’inglese di Firenze: «Il più grande nella visione pittorica, come Michelagelo lo fu in quella plastica».

L’ALLESTIMENTO. Risolto con eleganza il problema di esporre assieme ma con luci diverse dipinti e delicati disegni

Cinque saloni e prospettiva mozzafiato

Dall’ingresso una infilata di «finestre» inquadra con effetto spettacolare la pala dall’Accademia

L’allestimento, curato da Alba Di Lieto di Castelvecchio con Nicola Brunelli e Ketty Bertolaso, doveva risolvere il problema di esporre assieme i quadri (in piena luce) e i disegni (in penombra). La soluzione, semplice ed elegante: per i disegni bacheche a casetta, con un tetto che fa ombra, al centro in ognuna delle cinque sale. Le casette non hanno pareti, solo quattro pilastrini. Visti dall’ingresso, creano un’infilata di cornici grige e creano uno spettacolare effetto prospettico, inquandrando la grande pala del Matrimonio mistico di santa Caterina, al posto d’onore nel salone centrale. Il colpo d’occhio, entrando in questo salone, il terzo dall’ingresso, è mozzafiato. Di fronte a chi entra, la santa Caterina. Alla sua sinistra la Cena da Torino che fu nel convento veronese di San Nazaro, alla destra il Centurione da Madrid. Ma l’occhio si spinge già al di là della grande pala di santa Caterina, sistemata in mezzo al salone, perché nell’altra metà del vasto ambiente, su tutta la parete di destra, reclamano l’attenzione le quattro Allegorie dell’amore da Londra, nelle loro sontuose cornici. Passata la Caterina, sul retro del pannello, appare il Ratto d’Europa: è una sorpresa analoga a quella architettata da Carlo Scarpa, quando a Castelvecchio mise la prima statua, un’altra Caterina, di spalle: per costringere il visitatore a farle un giro attorno, e scoprire così tutto l’ambiente. Se il riferimento scarpiano non era intenzionale, è ancora più impressionante: si vede che l’architetto Di Lieto, conservatrice dell’Archivio Scarpa a Castelvecchio, ha fatto suo lo stile. Intanto ha ricevuto i complimenti da Antonio Piva, che fu suo mastro di museografia. G.A.

CASTELVECCHIO. Prenotazioni per venerdì

Paolo Veronese aperitivo
Dj-set e festa al museo

Ingresso gratuito per i giovani fino a 35 anni all’anteprima della grande esposizione

L’Arena, giovedì 26 giugno 2014 SPETTACOLI, pagina 52

Venerdì 27 giugno aperitivo per Paolo Veronese. Gli Amici del museo invitano i giovani veronesi a Castelvecchio per una serata tra arte, cultura e divertimento. In attesa dell’inaugurazione della mostra «Paolo Veronese. L’illusione della realtà», dal 5 luglio alla Gran Guardia, il gruppo giovani degli Amici dei civici musei organizza una serata dedicata al grande artista veronese. Dalle 18,30 di venerdì 27 giugno, nel Museo di Castelvecchio, aperto gratis per l’occasione a tutti i giovani fino ai 35 anni, sarà possibile conoscere da vicino Paolo Caliari, il Veronese, e la sua opera, scoprendo i dettagli della mostra che sta per aprirsi alla Gran Guardia. Grazie alle cantine Brigaldara e Giovanni Ederle, sarà offerto un aperitivo con dj-set nel corso del quale saranno presentati il percorso della mostra e i capolavori in arrivo dai più importanti musei del mondo. La serata, sostenuta dal Comune di Verona /Cultura e dalla Direzione dei Civici Musei, sarà un’occasione imperdibile per avvicinarsi in maniera divertente e alternativa all’arte di Paolo Veronese. Ingresso fino a esaurimento dei posti; iscrizione su www.facebook.com/aperitivoveronese.

MUSEO DI CASTELVECCHIO. Su invito degli Amici dei civici musei

Aperitivo per Veronese
La mostra in anteprima

Aperitivo e dj set, ieri, aspettando Paolo Veronese: al Museo di Castelvecchio una serata di arte, cultura e divertimento per i «ragazzi» under 35, invitati dal gruppo giovani degli Amici dei civici musei per conoscere da vicino Paolo Caliari, il Veronese, e la sua opera, scoprendo in anteprima i dettagli della mostra che si aprirà sabato prossimo alla Gran Guardia con il titolo «Paolo Veronese. L’illusione della realtà», l’evento culturale di quest’anno non solo per la nostra città.
Con l’aperitivo in collaborazione alle cantine Brigaldara e Giovanni Ederle, è stata offerta la presentazione del percorso della mostra e dei capolavori in arrivo dai più importanti musei del mondo.
CONCERTI. A San Giorgio in Braida e a San Paolo, le chiese che custodiscono opere del Veronese, la settimana prossima si terranno i due concerti per l’inaugurazione della mostra: rispettivamente venerdì alle 21 con l’ensemble En Chamade e l’Insieme corale Ecclesia Nova e sabato alle 20,45 con il soprano Olena Kharachko e l’orchestra Verona Classica.

Ritorna il Veronese più veronese

Arriva in prestito da Torino la «Cena in casa di Simone». Fu dipinta per il convento di San Nazaro: non è più stata qui dal 1650

Arriva a Verona La Cena in casa di Simone per la mostra alla Gran Guardia su Paolo Veronese: tra i 100 capolavori che vi ammireremo, questo è il Veronese più veronese. La grande tela (315 x 451 cm) fu dipinta infatti da Paolo Caliari nel 1560 per il refettorio del convento benedettino annesso alla chiesa dei Santi Nazaro e Celso, nella zona di Veronetta dove il pittore era nato.

Ma dov’era esattamente il quadro? Andiamo a San Nazaro, dove il convento non c’è più: era sull’area che ospitò la prima stamperia veronese di Arnoldo Mondadori e dove c’è tuttora l’istituto Giorgi. La parrocchia, attigua al chiostro superstite, ha una sala conferenze, dalla volta a vele, ancora chiamata «refettorio». Ma «non può essere questa, è toppo bassa», dice il parroco, monsignor Massimo Boarotto. Infatti lo studioso Stefano Lodi ha identificato un’altra probabile posizione per il refettorio veronesiano (vedi in alto a destra nella pagina), dopo aver studiato i documenti all’Archivio di Stato (una riproduzione delle mappe, disegnate nel 1771 da Alvise Francesco Duodo, si può vedere anche appesa al portone della parrocchia di San Nazaro).
Ma il quadro come lasciò Verona? La storia è raccontata da Stefano Lodi, Ettore Napione e Bernard Aikema sul catalogo della mostra veronese; ne ha scritto anche Xavier F. Salomon nel catalogo della mostra conclusasi a Londra il 15 giugno scorso. La tela era stata commissionata nel 1556 dal priore Mauro Vercelli, dei monaci benedettini della congregazione cassinese dei Santi Nazaro e Celso. Fu la prima di quelle spettacolari Cene che daranno celebrità imperitura al Veronese. La scena è ambientata sullo sfondo di architetture ispirate a quelle del Palladio, edifici tratti dai modelli classici. Paolo, classe 1528, è ancora relativamente giovane ed è impegnato contemporaneamente a Venezia, dove ha preso casa dal 1555, per gli affreschi in San Sebastiano. Grazie al successo di questa Cena veronese, otto anni dopo ne avrebbe dipinto un’altra, il telero delle Nozze di Cana per il refettorio palladiano del cenobio di San Giorgio Maggiore a Venezia, anch’esso dei monaci cassinesi. Il soggetto per San Nazaro è un episodio dalla vita di Gesù, narrato, con varianti, in tutti e quattro i vangeli: la cena che il lebbroso (o fariseo?) Simone fece per Gesù, in cui irrompe la Maddalena, che, ai piedi di Gesù, li bagna delle sue lacrime, li lava con un unguento profumato tratto da un vaso di alabastro e li asciuga con i suoi lunghi capelli. Paolo immagina una Maddalena bionda, la stessa che volge il suo bel viso verso Gesù nella Conversione di Maria Maddalena, 1548, ora alla National Gallery. Il suo gesto suscita perplessità agli astanti, (l’apostolo Giuda: «Sarebbe stato meglio vendere il prezioso unguento per aiutare i poveri»), ma Maddalena viene difesa da Gesù («Ha molto peccato, ma sarà perdonata perché molto ha amato»). La scena, nella regia di Paolo, è divisa in due parti: a destra il Cristo, un po’ in ombra, ai cui piedi sta la Maddalena, circondato da Marta, dal padrone di casa Simone (ricco: con la mantellina di ermellino), e da commensali (l’ultimo a destra è Pietro?) Nel fondo, sopra questo gruppo, appare una testa di profilo, un po’ incongrua: il committente, Mauro Vercelli? A sinistra, nel portico a colonne corinzie, Giuda, vestito in giallo-rosa-blu, sparla indicando un pezzente mentre alle sue spalle i camerieri si affrettano o curiosano (tipica scena che ritroveremo in altre scene veronesiane). Intorno la folla di servi in livrea, stranieri in turbante, cani… Il set caotico che avrebbe fatto infuriare i censori dell’Inquisizione. C’è un chiodo conficcato nella colonna a sinistra, che vi apre una crepa tutt’attorno: Paolo Caliari è figlio di scalpellino, in dialetto taiapiera («spezapreda» prova a tradurre il Caliari in un documento). Forse, da uomo del mestiere, svela un trucco del non troppo amico Palladio: le sue colonne non sono di marmo, ma di mattoni poi intonacati. Aveva inventato i prefabbricati per risparmiare… Tutto il dipinto era incorniciato, presumibilmente ad affresco, sempre di mano di Paolo «di vaga architettura e due colonne intrecciate da vitalbe, che sostengono un maestoso frontespizio, e tra quelle pose piccaglie di festoni appese a teschi di animali», come testimonia Ridolfi un secolo dopo. Il collezionista genovese Filippo Spinola, per la cui famiglia Van Dyck andava dipingendo bellissimi ritratti femminili, lo acquistò nel 1650 dai frati, che lo sostituirono con una copia, poi passò al genovese Gerolamo Durazzo. Di qui in dotazione alla Real Casa di Genova, fino al 1737 quando giunse alla Galleria Sabauda di Torino. Che ora lo presta a Verona.

Paola Altichieri Donella (fonte)

In arrivo alla Gran Guardia la mostra del «Veronese»

VERONA. Capolavori assoluti del ’500 veneziano, come la monumentale «Cena in casa di Levi» appositamente restraurata, il «Martirio di San Giorgio» o il «Matrimonio mistico di Santa Catrina» raccontano in una grande mostra allestita dal 5 luglio al 5 ottobre alla Gran Guardia di Verona il genio visionario di Paolo Caliari detto il Veronese. Riunite per l’occasione circa 100 opere (tra dipinti e disegni) provenienti dai maggiori musei del mondo e dalle chiese che gelosamente custodiscono le meravigliose pale d’altare che furono per l’artista il pretesto per raccontare in tutto il loro splendore le sontuose feste dell’aristocrazia veneziana del tempo.

In prima battuta alla National Gallery di Londra (dallo scorso marzo), «Paolo Veronese. L’illusione della realta» è stata promossa e organizzata dal comune di Verona in collaborazione con l’ateneo cittadino e la Soprintendenza per i Beni Storici e in associazione con il prestigioso museo londinese. L’iniziativa è inoltre integrata da diversi itinerari pensati per guidare il visitatore e il turista alla scoperta delle opere di Paolo Veronese conservate nelle chiese e nei musei e degli affreschi realizzati dall’artista a Verona, Vicenza, Padova, Maser, Castelfranco Veneto e Venezia.
Curata da Paola Marini, direttrice del Museo di Castelvecchio e Bernard Aikema, dell’Università di Verona, la mostra, che rispetto all’allestimento della National Gallery si arricchisce dei disegni e della «Cena a casa di Levi» (un olio su tela dalle ragguardevoli dimensioni di 550 per 1010 cm di proprietà delle Gallerie dell’Accademia di Venezia e in deposito presso il Comune di Verona) sottoposta a un lungo e complesso intervento di restauro, è la più completa realizata negli ultimi decenni e si ricollega idealmente a quella memorabile curata da Rodolfo Pallucchini a Venezia nel 1939. Scopo della rassegna è infatti di illustrare la grandezza del maestro cinquecentesco che fu antesignano del Manierismo sulla laguna, capace di celebrare con la sua pittura innovativa, fatta di luce, colore, ardite prospettive, il vivere civile di Venezia, l’apertura intellettuale della città, quando ancora non avevano preso piede i rigidi dettami della Controriforma. Per questo, anche in epoche successive, influenzò generazioni di artisti, tra cui Van Dyck, Rubens, Watteau, Tiepolo, Delacroix.
Figlio di uno scalpellino, Paolo Caliari nasceva nel 1528 a Verona, dove si svolgeva la sua prima formazione artistica nella bottega di Antonio Badile. Ma è il suo mentore, Michele Sanmicheli, a introdurlo alle suggestioni della «maniera nuova», sia quella di provenienza tosco-romana, rappresentata soprattutto da Giulio Romano, a lungo attivo nella vicina Mantova, sia il suo versante emiliano, riconducibile all’opera di Correggio e Parmigianino. Una matrice questa che caratterizzerà la sua cifra anche durante tutto il periodo veneziano, nonostante gli innegabili influssi di Tiziano, a cui fu legato da vicendevole ammirazione.
La pittura del Veronese, al contrario della scuola veneta, assegnava un ruolo assolutamente centrale al disegno, mentre al tonalismo spesso preferiva campiture ben definite, caratterizzate da decisi cangiantismi. Eppure, una volta operativo a Venezia, fu proprio il Vecellio a sostenerlo presso le autorità cittadine, a introdurlo nella cerchia di Palladio che stava rivoluzionando l’architettura del tempo. Tanto che le decorazioni pittoriche di Villa Barbaro sono tra i capolavori assoluti del Veronese. Tra i maestri più contesi della Serenissima, Paolo Caliari fu chiamato a dipingere pale monumentali nelle chiese più importanti del Veneto. Furono una sua invenzione le scene corali dedicate ai banchetti evangelici, comunemente indicate come «Le Cene», in cui l’artista trovava il pretesto per raccontare in tutto il loro splendore le sontuose feste dell’aristocrazia veneziana del tempo. Veronese è quindi famoso per queste straordinarie, complesse visioni delle allegorie, per le storie mitologiche e gli impareggiabili ritratti.
La mostra alla Gran Guardia ne racconta la grandezza in un percorso espositivo suddiviso in sei sezioni: la formazione a Verona, i fondamentali rapporti dell’artista con l’architettura e gli architetti (da Michele Sanmicheli a Jacopo Sansovino a Andrea Palladio), la committenza, i temi allegorici e mitologici, la religiosità, e infine le collaborazioni e la bottega, importanti fin dall’inizio del suo lavoro. Oltre ad un’ampia scelta di capolavori dell’artista, la mostra comprende quindi numerosi disegni di eccezionale qualità e varietà tematica e tecnica, con l’obiettivo di testimoniare il ruolo della progettazione e riflessione grafica non solo nel percorso creativo di Paolo ma anche nella dinamica produttiva del suo atelier. (fonte)

ARTE. Il capolavoro di Paolo Caliari restituito dalla National Gallery
Addio Londra, San Giorgio è ritornato a casa
di Lorenza Costantino
Operazioni di trasporto assicurate per 12 milioni di euro. Il «Martirio» ricontrollato centimetro per centimetro prima di essere issato al suo posto
Il capolavoro di Paolo Caliari è tornato a casa. Ieri, verso le 10, il Martirio di San Giorgio (1566) veniva scaricato da un enorme camion parcheggiato accanto alla chiesa di San Giorgio in Braida – che pena ottenere il permesso per la sosta! – dopo tre mesi di esposizione e di gloria alla National Gallery, dove è stato accolto dalla critica come «il più bel dipinto al mondo».
Operazioni di trasporto assicurate per 12 milioni di euro; una cassa rossa su misura imbottita di gommapiuma, «packaging made in England» degli esperti londinesi; un viaggio a temperatura e umidità controllate. E finalmente eccolo di ritorno, il San Giorgio: sotto gli occhi estatici dei parrocchiani, che lo amano come un loro familiare, alla presenza del parroco don Piergiorgio Rizzini, e davanti alle fotocamere di un gruppo di turisti russi, informati dell’evento eccezionale cui stavano assistendo.
Chiara Scardellato della Soprintendenza per i beni storici, artistici ed etnoantropologici – la restauratrice che curò le puliture del San Giorgio già nel 1988 e prima della mostra londinese – ha controllato la tela con una luce a led, centimetro per centimetro, al fine di escludere eventuali microtraumi. Poi gli operai della ditta Apice hanno issato l’opera al suo posto sull’altare maggiore, sotto la bella cupola dell’architetto Michele Sanmicheli, scopritore e maestro di Paolo Caliari, detto il Veronese.
Il dipinto, qui nella sua collocazione originale, sarà uno dei pezzi forti della mostra che si aprirà il 5 luglio in Gran Guardia, con le due dependance a San Giorgio in Braida e a San Paolo in Campo Marzio, dove è custodita invece la Pala Marogna del Veronese.
Durante le operazioni all’interno della chiesa, chi assisteva ha potuto ammirare da vicino il San Giorgio, in cui il Caliari «ha dato la più perfetta misura del suo ingegno», scriveva nel 1928 Angelo Dall’Oca Bianca, ammaliato in particolare dal cavaliere che spunta appena sul lato destro del quadro, eppure si percepisce come figura intera, «lo scorcio più stupefacente che si possa mai pensare».
«Con rara potenza», commentava il pittore e cantore di Verona, «egli qui sa rivelare il bruto e il sublime; e passa dal ceffo incosciente e bestiale del boia alla ghigna coscientemente beffarda e crudele dell’ufficiale che gli sta vicino; dalla magnifica testa del sacerdote pagano a quella del comandante, grave, riflessiva, pensosa. E San Giorgio, nell’atto del martirio, solleva la fronte al cielo, con un gesto di così eroica rinuncia, che noi siamo condotti col pensiero al di là dei confini dell’arte nostra».

Visita alle sale dove si sta ultimando la sistemazione delle opere. Accolta dal terremoto la «Cena» nata per il nostro San Nazaro nel 1556

Bentornato in patria, Paolo Veronese
Mai tanti tesori riuniti

Giuseppe Anti

Arrivano i quadri attesi da Londra e da altri musei. Sono esposti i disegni davanti all’opera ultimata Prima li vide così solo l’autore

domenica 29 giugno 2014 CULTURA, pagina 49

Fa venire la tremarella vedere tanti capolavori di Paolo Veronese riuniti assieme per la prima volta nella sua città. Ha tremato letteralmente la Gran Guardia, giovedì alla scossa di terremoto, «e proprio nel momento», racconta Paola Marini, «in cui avevamo appena aperto la cassa con La cena in casa di Simone. Ero già emozionata per il ritorno a Verona dell’opera, l’unica tra le 108 in mostra che Paolo Caliari aveva dipinto proprio per la nostra città: era al convento di San Nazaro. Ma così, poi… Beh, siamo rimasti scossi».
Coincidenze telluriche a parte, la mostra curata dalla direttrice di Castelvecchio e da Bernard Aikema, che si apre il 5 luglio, resterà memorabile. Tornano assieme, come se il Veronese avesse riaperto bottega nella sua città, capolavori che la fama planetaria del maestro ha fatto accaparrare in epoche diverse a 54 tra musei e collezioni di tutto il mondo. L’elenco dei prestatori sembra un’enciclopedia dell’arte: dal Louvre (La bella Nani, sarà la bionda più ammirata) alla National Gallery (le Allegorie dell’amore, mai uscite dal museo di Londra. «È il nostro ringraziamento», ha detto il direttore Nicholas Penny, «perché ci avete prestato il Martirio di san Giorgio», tornato l’altro ieri alla sua chiesa sull’Adige), al Kunsthistoriches di Vienna (il tondo da vertigini del Marco Curzio)…
Ci sono i quadri e i loro disegni di preparazione: l’ultima volta, a vederli assieme così, fu il maestro in studio, mentre dipingeva. Ecco le Allegorie citate e, giusto di fronte, in una bacheca al centro della sala, i disegni. «La centralità del disegno, come diceva il Vasari», teorizza Paola Marini. Lo stesso allestimento per lo strepitoso Marte e Venere da Edimburgo.
Il viavai di spedizionieri alla Gran Guardia — quattro camion da Londra, con tre accompagnatori guidati da Marc Slattery, senior technician, solo per le tele della National Gallery — dà un’idea del coordinamento internazionale che c’è dietro la mostra. Ma arrivano i tondi dal soffitto di San Sebastiano a Venezia («praticamente inediti», dice Paola Marini. «Chi li ha mai visti là, a 15 metri d’altezza?») ecco suggestioni da Serenissima veronesiana, con i tecnici della ditta Apice a spiegare come, nel sottotetto della chiesa, «i òmeni xe passài par sora». Certo, nel 1939 per la sua mostra Rodolfo Pallucchini fece smontare anche i teleri del Palazzo Ducale, «ma era Pallucchini, anche se aveva 31 anni». (Marini).
Senza fare confronti impossibili, dopo quell’evento veneziano irripetibile toccava a Verona e chi vedrà potrà dire «c’ero anch’io».

Los Angeles e Sarasota prestano tele

domenica 29 giugno 2014 CULTURA, pagina 49

L’arte di Paolo Caliari detto il Veronese (1528-1588) torna nella sua città natale con la mostra dedicata alla sua figura e alla sua opera, promossa e organizzata dal Comune di Verona, direzione musei d’arte e monumenti, insieme con l’Università di Verona e la Soprintendenza per i Beni storici, artistici ed etnoantropologici, in associazione con la National Gallery di Londra. L’esposizione, curata da Paola Marini direttrice del Museo di Castelvecchio e Bernard Aikema dell’Università di Verona si apre il 5 luglio al palazzo della Gran Guardia e si chiuderà il 5 ottobre. Orari: tutti i giorni dalle 10 alle 21; venerdì, 10-22 (chiusura un’ora prima). Biglietto 12 euro (audioguida compresa). Informazioni e prenotazioni: www.geticket.it. Prenotazione di visite guidate, telefono 848.002.008 (dal lunedì al sabato, ore 9-18). Notizie di iniziative speciali sul sito www.mostraveronese.it.
IN MOSTRA saranno esposte 108 opere, fra dipinti e disegni, provenienti da 54 musei italiani e internazionali, tra cui la Gemäldegalerie di Dresda, la National Gallery of Scotland di Edinburgo, il Museo degli Uffizi di Firenze, Palazzo Rosso di Genova, il British Museum e la National Gallery di Londra, il J. Paul Getty Museum di Los Angeles, il Museo National del Prado di Madrid, la Pinacoteca Estense di Modena, la Pinacoteca di Brera di Milano, il Metropolitan Museum of Art di New York, il Musée du Louvre di Parigi, i Musei Vaticani di Roma, le Gallerie dell’Accademia di Venezia, il Kunsthistorisches Museum di Vienna, la National Gallery of Art di Washington.
SEI LE SEZIONI espositive: la formazione a Verona, i fondamentali rapporti dell’artista con l’architettura e gli architetti (da Michele Sanmicheli a Jacopo Sansovino ad Andrea Palladio), la committenza, i temi allegorici e mitologici, la religiosità, e infine le collaborazioni e la bottega, importanti fin dall’inizio del suo lavoro. Oltre ai capolavori dell’artista, la mostra comprende numerosi disegni di eccezionale qualità e varietà.


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1 commento on Mostra Paolo Veronese. L’illusione della realtà

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