Palazzo della Gran Guardia di Verona: Vittoria Alata scultura in legno e metallo realizzata da Francesco Rubino, ispirata alla celebre "Nike di Samotracia" conservata al Museo del Louvre di Parigi. Scultura e installazioni

La Vittoria Alata di Francesco Rubino


Palazzo della Gran Guardia di Verona

Palazzo della Gran Guardia di Verona: Vittoria Alata scultura in legno e metallo realizzata da Francesco Rubino, ispirata alla celebre "Nike di Samotracia" conservata al Museo del Louvre di Parigi.Vittoria Alata

Scultura in legno e metallo realizzata da Francesco Rubino, ispirata alla celebre “Nike di Samotracia” conservata al Museo del Louvre di Parigi.

Francesco Rubino, di origini siciliane e veronese di adozione, ha esposto la sua opera, alta circa 4 metri, per la prima volta all’Eataly di Roma e successivamente in occasione dell’Expo tenutosi a Milano nel 2015.

La “Nike di Samotracia” del Louvre fu scoperta nel 1863 nell’isola di Samotracia e divenne subito un capolavoro riconoscibile dell’arte greca antica. Nonostante la scultura sia priva delle braccia e della testa, racchiude in sé una propria eloquenza e un’intensa incisività, che hanno ispirato artisti e intellettuali nel tempo, come Gabriele D’Annunzio, che le dedicò un sonetto.

Francesco Rubino si confronta con questo capolavoro di bellezza, vero archetipo dell’antichità, che ancora oggi continua a meravigliare il pubblico. L’artista la ricrea con materiali e dimensioni differenti, dando vita a qualcosa di “nuovo”Si ritrova l’incompletezza dell’originale e la suggestione dell’opera antica, ma Rubino immette, nella sua Nike, una sensibilità contemporanea e la sua interpretazione del tempo antico e del presente, cercando di rivelare qualcosa di nascosto.

Crea un’opera fluida, leggera, non statica, definita dall’artista stesso come uno studio, un’anatomia della Nike. La geometria ordinata e la scomposizione in orizzontale del corpo materico conferiscono una struttura nuova e di più facile lettura rispetto all’originale.

www.francescorubino.it

Nike di Samotracia

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
Nike di Samotracia
Nike di Samotracia
Autore Pitocrito?
Data 2° secolo circa
Materiale Marmo pario
Altezza 245 cm
Ubicazione Museo del LouvreParigi

La Nike di Samotracia è una scultura in marmo pario (h. 245 cm) di scuola rodia, attribuita a Pitocrito, databile al 200180 a.C. circa e oggi conservata nel Museo del Louvre di Parigi.

Storia

Ricostruzione della Nike (foto del 1879)

La Nike di Samotracia venne scolpita a Rodi in epoca ellenistica per commemorare la vittoria della lega delio-attica nella battaglia dell’Eurimedonte, in cui il re siriano Antioco III combatté contro un’alleanza tra Roma, Pergamo, Rodi e Samotracia. Quest’ultima volle commemorare il buon esito del conflitto realizzando un grande tempio votivo in onore dei Grandi Dei Cabiri che si sviluppava su più livelli, dei quali quello alla sommità era occupato proprio dalla Nike. L’autore è sconosciuto, ma con tutta probabilità si tratta dello scultore ellenisticoPitocrito, come suggerito dal nome rinvenuto sul basamento.[1]

Dopo esser rimasta nel santuario dei Grandi Dei di Samotracia per diversi secoli, la Nike scomparve misteriosamente, per poi essere rinvenuta il 15 aprile 1863 in stato frammentario daCharles Champoiseau, viceconsole francese a Edirne, nella stessa isola egea (all’epoca parte dell’impero Ottomanoe nota come Semadirek). Successivamente l’opera fu acquistata dai Francesi, che intendevano includerla nelle collezioni del museo del Louvre, dove arrivò dopo un impervio viaggio che si sviluppò tra Costantinopoli, il Pireo, Marsiglia e infine Parigi. Giunta nella Ville Lumière, la statua venne ricomposta e infine collocata sulla sommità della scala Daru, progettata da Hector Lefuel per raccordare la Galerie d’Apollon e il Salon Carré. Dalla nuova sede del Louvre la Nike venne spostata solo una volta, nel 1939, quando per proteggerla dall’imminente seconda guerra mondiale venne trasportata nel castello di Valençay.[2]

Notevole il restauro svoltosi tra il 2013 e il 2014, con un costo globale di circa quattro milioni di euro, grazie al quale sono state ripristinate tre nuove piume sull’ala sinistra e la cromia originale del marmo pario.[3]

Descrizione

La Nike che si erge maestosa in cima alla scala Daru

La statua, rinvenuta acefala e senza braccia, raffigura Nike, la giovane dea alata figlia del titano Pallante e della ninfa Stige adorata dai Greci come personificazione della vittoria sportiva e bellica. La dea, vestita con un leggero chitone, è qui effigiata nell’atto di posarsi sulla prua di una nave da battaglia (il basamento, scolpito nel pregiato marmo di Larthos, proveniente dall’isola di Rodi). Un vento impetuoso investe la figura protesa in avanti, muovendo il panneggio che aderisce strettamente al corpo e crea un gioco chiaroscurale di pieghette dall’altissimo valore virtuosistico, in grado di valorizzare il risalto dello slancio. Dinamismo ed abilità di esecuzione si uniscono quindi in un’opera che concilia spunti dai migliori artisti dei decenni precedenti: il vibrante panneggio fidiaco, gli effetti di trasparenza e leggerezza prassitelici e la tridimensionalità lisippea.

Scolpita nel pregiato marmo di Paro, la dea posa con leggerezza il piede destro sulla nave, mentre per il fitto battere delle ali, che frenano l’impeto del volo, il petto si protende in avanti e la gamba sinistra rimane indietro. Le braccia sono perdute, ma alcuni frammenti delle mani e dell’attaccatura delle spalle mostrano che il braccio destro era abbassato, a reggere probabilmente il pennone appoggiato alla stessa spalla, mentre il braccio sinistro era sollevato, con la mano aperta a compiere, secondo Marianne Hamiaux, un gesto di saluto, oppure a reggere una corona. La volontà dell’autore della Nike ha esasperato tutto ciò che può suggerire il movimento e la velocità.

Influenza culturale

Simon GlücklichNocturne. Trio mit Klavier, Geige und Cello; è visibile una riproduzione della Nike sullo sfondo

L’immagine della Nike di Samotracia ha conosciuto una vastissima popolarità, specialmente al principio del XX secolo, quando fu adottata da Filippo Tommaso Marinetti per glorificare il dinamismo della vita moderna. Nel proprio Manifesto del futurismo Marinetti scrisse: «un’automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia». Alla bellezza ellenistica della Nike, infatti, Marinetti preferisce il fascino roboante dell’automobile, in quanto confacente a quell’«estetica della velocità» sconosciuta agli antichi Greci.

Anche Umberto Boccioni, memore della lezione futurista di Marinetti, plasmò la propria scultura Forme uniche della continuità nello spazio sulle forme della Nike; analogamente fecero Salvador Dalì, che nel 1968 eseguì Les Deux Nike, la Double Victoire de Samotrace, e Evgenij Vučetič, autore della Statua della Madre Russia.[5] Il riferimento più plateale alla Nike, tuttavia, si ha con il logo della Nike, società statunitense presente nel settore nel mercato dell’abbigliamento sportivo. Carolyn Davidson, per realizzare il marchio Nike, si ispirò esplicitamente a una delle ali della statua, per poi farne una stilizzazione: fu così che nacque il simbolo dell’azienda, Swoosh.[6]

Per via della grande notorietà raggiunta, infine, la statua è stata soggetta a numerose riproduzioni: a MontevideoLinzBilbaoRio de JaneiroMontpellierLas Vegas e altre città si possono trovare copie della Nike.

La vittoria alata di Las Vegas

The Winged Victory of Samothrace 
C. 190 BC 
Provenance: Island of Samothrace (northern Aegean)
Grey Lartos marble (boat); Parian marble (statue)
H. 3.28 m

The Greeks had the poetic idea of portraying Victory as a winged woman, messenger of Zeus. In 1863, Charles Champoiseau discovered the monument on the island of Samothrace in the north-eastern Aegean Sea. It is composed of three parts: a rectangular plinth, a base in the form of a ship’s prow and the Winged Victory statue.
The plinth and base are in grey Rhodian marble, while the Winged Victory statue is sculpted from white Parian marble. Traces of color on the wings and garments, discovered during the conservation treatment in 2014, revealed that the monument was originally painted. The left part of the bust and the right wing were recreated in plaster in the 19th century.