A ricordo della piena dell'Adige del 3 e 4 ottobre 1512, che causò anche il crollo di Ponte Nuovo, questa iscrizione nei pressi di Santa Maria in Chiavica Targhe e lapidi

La piena dell’Adige del 1512


A ricordo della piena dell’Adige del 3 e 4 ottobre 1512, che causò anche il crollo di Ponte Nuovo, questa iscrizione nei pressi di Santa Maria in Chiavica

A ricordo della piena dell'Adige del 1512, che causò anche il crollo di Ponte Nuovo, questa iscrizione nei pressi di Santa Maria in Chiavica

MDXII ADI III E A IIII
OCTOBRIO LADEXE
E A QVESTO SEGNO

Ponte Nuovo

Altrettanto affascinanti e complesse sono le vicende del ponte Nuovo che, a dispetto del suo nome, non è affatto di costruzione recente. Tuttavia, come suggerisce Gino Beltramini, “le sue vicende furono tali e tante che l’attributo nuovo gli fu sempre congeniale e il nome non suonò fuori tempo, anche al di là dell’ambientazione storica”.

In effetti, nel corso dei tanti secoli della sua storia il manufatto perì almeno una dozzina di volte, perlopiù travolto dalle piene dell’Adige, ma fu sempre prontamente ricostruito.

Il ponte, importantissimo perché metteva in comunicazione il centro della città con il quartiere dell’Isolo, è menzionato per la prima volta in un documento del 1179. Sappiamo che andò distrutto durante l’inondazione del 1239, come ricorda un graffito tracciato sopra un muro della basilica di San Zeno: “1239 piena de ladese meno sio 3 ponti preda nova nave a di 3 otobre”, ovvero “1239, la piena dell’Adige travolse tre ponti, Pietra, Nuovo e Navi, nel giorno 3 di ottobre”. Il fatto è ricordato anche da un’iscrizione analoga che ritroviamo sul portale della chiesa di Santo Stefano.

Il ponte fu ricostruito nel 1299, per volontà di Alberto della Scala, con struttura in legno sostenuta da pile in pietra: al suo ingresso, sulla riva destra, fu allora munito di una torre con tanto di ponte levatoio. Nel 1336, al tempo di Mastino della Scala, il ponte fu completamente costruito in pietra, poiché l’anno precedente era andato distrutto in un incendio, come racconta Pier Zagata nella sua Chronica di Verona:

“del mese de zugno a la fine del mexo in su l’Isolo de sovra e se aprese un gran fogo, che brusò tutto el legname e case, e brusò el ponte novo che era de legname, e durò quel fogo due zorni, e possa l’anno seguente fò fatto el dito ponte de preda”. 

Un ulteriore avvenimento traumatico dovette comunque colpirlo di lì a poco, se un secolo più le tardi – è il 19 novembre 1439 – ritroviamo il ponte la nuovamente in legno, a cedere sotto il passaggio delle truppe lombarde in ritirata.

Non è finita: ricostruito in pietra, il ponte Nuovo crollò un’altra volta nel 1512, travolto da un’ennesima piena dell’Adige. Pochi anni più tardi, nel 1529, il manufatto rinacque in pietra, a quattro arcate, su disegno di un architetto d’eccezione: Michele Sanmicheli. In questa forma, il ponte Nuovo resistette quasi quattro secoli, per crollare, ancora una volta, nel corso della devastante alluvione del 1882.

E’ di quell’anno una sua bella descrizione, quasi un epitaffio, opera di Giovanni Battista Biadego. “Sui rostri delle pile a monte – scrive il Biadego – e sugli speroni a valle, esistevano dei piazzaletti, opportunissimi sia come rifugio in caso di pericolo, sia per godere la stupenda vista che si scorge da questo punto. Era assai bello quello della seconda pila a destra, a monte. (…) Il ponte non aveva uniformità di lavoro nella parte in vista; ma appunto questa bizzarria e varietà di aspetto gli dava un non so che di strano che piaceva. Ma nel suo insieme era molto bello e presentava un aspetto severo e imponente, e se durò dal secolo XVI ad oggi può anche dirsi, e con ragione, che cadde da forte”.

Ricorda Tullio Lenotti che sulla spalletta del ponte era stata costruita una cappellina, che ospitava una statua – scolpita nel 1740 da Michelangelo Speranza – raffigurante San Giovanni Nepomuceno. La cappella fu abbattuta nel 1802, quando Verona era divisa tra Francesi (a destra dell’Adige) e Austriaci (alla sua sinistra). Nel 1825, uguale sorte toccò alle casette che si affollavano agli ingressi del ponte: con loro, fu demolita anche la torre di Alberto della Scala.

Dopo l’alluvione del 1882, il ponte fu nuovamente ricostruito, in ferro e ad una sola arcata. Inaugurato il 30 agosto 1884, fu intitolato a re Umberto l, in ricordo della visita compiuta dal sovrano a Verona nei giorni dell’alluvione. I Veronesi, tuttavia, continuarono a chiamarlo ponte Nuovo.

Nemmeno portare il nome di un re gli garantì maggiore fortuna: appena dieci anni più tardi, fu nuovamente abbattuto, stavolta per consentire la costruzione dei muraglioni. Nuovamente ricostruito, ancora in ferro, su progetto dell’ingegner Alessandro Peretti, il ponte durò appena quarant’anni. Nel 1938, infatti, fu abbattuto e rifatto per l’ennesima volta, dato che la sua struttura non era più sufficiente alle accresciute esigenze del transito.

Il nuovo manufatto, in cemento rivestito in pietra, con parapetti decorati da piccoli pilastri in marmo che si alternavano a ringhiere in ferro, fu progettato da Arturo Midana, e durò appena sette anni. La notte del 25 aprile 1945, infatti, anch’esso fu distrutto. Anche questa volta, però, fu ricostruito, se pure in forme più semplici. Fu inaugurato il 16 ottobre 1946: per l’occasione, riebbe anche il suo nome di sempre, tornando a chiamarsi ufficialmente ponte Nuovo. (fonte)