Il femminicidio, l’uccisione di donne in quanto donne, non è un “dramma d’amore”. In Italia, da inizio 2013, ogni mese, più di dieci donne sono state uccise dalla violenza di maschi a loro vicini. Il fenomeno esiste da sempre, ma solo oggi è emerso nelle sue reali e terrificanti dimensioni. Esso tocca tutte le classi sociali e non può più essere visto come una somma di casi isolati: va, invece, riconosciuto come espressione diffusa della violenza del genere maschile sul genere femminile. Da questa consapevolezza è nata “Isolina e…” Che cosa è “Isolina e…” Isolina è un’associazione di donne e di uomini che si è costituita a giugno 2013 a Verona per contribuire ad affrontare con efficacia la gravissima emergenza umana, sociale, culturale e politica dovuta al devastante fenomeno dei femminicidi. Isolina prende il nome da Isolina Canuti, giovane donna veronese uccisa ai primi del ’900 da un capitano dell’esercito perché non rimanesse traccia della sua gravidanza. Perché “Isolina e...” Isolina si propone di chiedere giustizia in nome di tutte le donne, di segnalare la gravissima situazione alla società tutta e alle Istituzioni che la rappresentano, di aprire un dibattito pubblico sulla necessità di un radicale cambiamento culturale dell’identità maschile e dei suoi modelli. Per chi “Isolina e…” Isolina vuole agire perché siano predisposte le strategie più efficaci a livello legislativo e sociale coinvolgendo soprattutto la scuola, luogo fondamentale per realizzare percorsi di sensibilizzazione e di educazione a partire dall’infanzia. Parliamone ora… Isolina intende agire in nome di tutte le donne anche a livello giudiziario. Si costituirà, quindi, “Parte Civile” nei processi penali contro i maschi responsabili di femminicidi per chiedere giustizia e per dare visibilità a questioni che fino ad ora sono state troppo spesso rubricate come drammi personali privati. Sono invece questioni che affondano le loro radici in comportamenti, linguaggi, credenze profonde di un Paese che non accetta e non rispetta ancora la libertà delle donne. Facciamo nascere Isolina in tante città… Uniamoci perché, in ogni città, nasca un’associazione che prenda il nome da una donna uccisa dalla violenza maschile. Questi nomi possono diventare il simbolo del “Basta!” di ognuna e ognuno di noi Solidarietà e Associazioni

“Isolina e…” si presenta con Dacia Maraini


“ Isolina e…” , associazione  di donne e  di uomini costituitasi a giugno 2013  per contribuire alla prevenzione dei femminicidi, si presenta con DACIA MARAINI , autrice del romanzo sulla tragica storia di Isolina Canuti.
L’incontro avverrà Domenica 13 ottobre  dalle 10 alle 12 all’Accademia di Agricoltura  Scienze  Lettere in via Leoncino 6 –Verona (accessibile tramite ascensore nel cortile interno).

[learn_more caption=”Manifesto Isolina e…”] Il femminicidio, l’uccisione di donne in quanto donne, non è un “dramma d’amore”. In Italia, da inizio 2013, ogni mese, più di dieci donne sono state uccise dalla violenza di maschi a loro vicini. Il fenomeno esiste da sempre, ma solo oggi è emerso nelle sue reali e terrificanti dimensioni. Esso tocca tutte le classi sociali e non può più essere visto come una somma di casi isolati: va, invece, riconosciuto come espressione diffusa della violenza del genere maschile sul genere femminile. Da questa consapevolezza è nata “Isolina e…” Che cosa è “Isolina e…” Isolina è un’associazione di donne e di uomini che si è costituita a giugno 2013 a Verona per contribuire ad affrontare con efficacia la gravissima emergenza umana, sociale, culturale e politica dovuta al devastante fenomeno dei femminicidi. Isolina prende il nome da Isolina Canuti, giovane donna veronese uccisa ai primi del ’900 da un capitano dell’esercito perché non rimanesse traccia della sua gravidanza. Perché “Isolina e…” Isolina si propone di chiedere giustizia in nome di tutte le donne, di segnalare la gravissima situazione alla società tutta e alle Istituzioni che la rappresentano, di aprire un dibattito pubblico sulla necessità di un radicale cambiamento culturale dell’identità maschile e dei suoi modelli. Per chi “Isolina e…” Isolina vuole agire perché siano predisposte le strategie più efficaci a livello legislativo e sociale coinvolgendo soprattutto la scuola, luogo fondamentale per realizzare percorsi di sensibilizzazione e di educazione a partire dall’infanzia. Parliamone ora… Isolina intende agire in nome di tutte le donne anche a livello giudiziario. Si costituirà, quindi, “Parte Civile” nei processi penali contro i maschi responsabili di femminicidi per chiedere giustizia e per dare visibilità a questioni che fino ad ora sono state troppo spesso rubricate come drammi personali privati. Sono invece questioni che affondano le loro radici in comportamenti, linguaggi, credenze profonde di un Paese che non accetta e non rispetta ancora la libertà delle donne. Facciamo nascere Isolina in tante città… Uniamoci perché, in ogni città, nasca un’associazione che prenda il nome da una donna uccisa dalla violenza maschile. Questi nomi possono diventare il simbolo del “Basta!” di ognuna e ognuno di noi.[/learn_more]

volantino Isolina e…

Invito Isolina Dacia Maraini

[learn_more caption=”Rassegna stampa”]

Domenica 13 ottobre la scrittrice Dacia Maraini sarà a Verona per parlare di femminicidio, ospite dell’associazione Isolina e…, che prende il nome dal romanzo della giornalista fiesolana, che narra la tragica storia di una donna veronese dell’Ottocento. L’incontro si svolgerà alle 10 all’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di via Leoncino, 6.

In provincia di Verona tra il 2008 e il 2013 sono state in media due all’anno le donne uccise, mentre il dato nazionale è di 113 nel 2008 e di 124 del 2012, anno in cui gli omicidi complessivi sono stati 526 (il numero più basso degli ultimi 40 anni). Quest’anno le donne uccise in Italia sono già un centinaio, come risulta dai dati raccolti dalla Casa delle donne per non subire violenza, di Bologna, che dal 2005 pubblica i numeri sul fenomeno.

Le donne veronesi coinvolte nel periodo di riferimento sono 10 e tutte italiane, mentre tra gli autori degli omicidi si conta solo 1 di provenienza non italiana, dall’Est Europa. In Italia invece le donne italiane uccise sono il 69% e gli autori italiani il 73%. Sia a livello locale che nazionale «le donne risultano essere vittime di femicidio in qualsiasi momento della loro vita», si legge nel resoconto della Casa delle donne.

Comparando i dati di Verona con quelli delle altre province italiane vediamo che nel 2012 si registrano dati bassi (2 vittime) rispetto alle grandi metropoli: Milano (10), Napoli (10), Torino (8). In Veneto, dove lo scorso anno ci sono state 6 vittime, la tendenza si inverte e Verona è in testa, mentre Venezia, Treviso, Padova e Vicenza vedono un solo caso per ognuna. La nostra regione è comunque a un livello inferiore rispetto alle altre come la Lombardia (19), la Campania (18) e l’Emilia Romagna (15).

L’analisi è stata condotta sulla base di dati sottostimati perché, come sostiene Angela Romanin della Casa delle donne, «le informazioni sono raccolte da un gruppo di volontarie attraverso un’indagine della stampa nazionale e locale dal momento che in Italia non esiste un osservatorio governativo sul territorio per il monitoraggio del fenomeno».

Nell’aprile 2013 la Regione Veneto ha approvato il disegno di legge Interventi regionali per prevenire e contrastare la violenza contro le donne. La normativa riconosce l’importanza dei Centri antiviolenza e delle Case di rifugio e prevede uno stanziamento di 400 mila euro nel 2013 per l’attuazione di azioni volte a creare una rete sul territorio che prevenga e contrasti le violenze di genere.

Un gruppo di insegnanti, del liceo artistico Nani-Boccioni di Verona, «presenterà un progetto sul femminicidio, nell’ambito delle tematiche salute e benessere, mentre un docente di arti figurative tratterà il tema sulla base della materia di insegnamento», dichiara la dirigente scolastica Mariangela Icarelli.

Mario Bonini, preside del Liceo Medi di Villafranca, afferma che «il tema sarà trattato con degli esperti nelle assemblee di istituto. L’iniziativa farà parte di un progetto di più ampio respiro riguardante l’educazione all’identità, l’affettività e la sessualità da presentare alle classi seconde».

E intanto continuano le richieste di aiuto al Telefono Rosa di Verona, dove nel 2012 è stata fornita assistenza legale e psicologica a 96 donne della provincia che hanno subito violenze dentro o fuori il contesto familiare. In questo caso le donne originarie del Nord Italia rappresentano il 70% dei contatti, il 14% proviene da uno stato extracomunitario, il 13% da uno stato UE e il resto dal Sud Italia.

La Casa delle donne per non subire violenza di Bologna è nata nel 1990 per fornire alle donne uno spazio dove confrontarsi con il problema della violenza e ricevere ascolto e sostegno. Il centro dal 2005 pubblica le raccolte dati sul fenomeno del femminicidio l’otto marzo di ogni anno.

Delitti e misteri a Verona: Isolina, trovata a pezzi in Adige 

Il 16 gennaio 1900. Verso le 7 nelle acque gelide dell’Adige vengono ritrovate diverse parti del corpo di Isolina Canuti, 19 anni. Mancano la testa, le gambe e le braccia. Varie tracce sembrano portare al tenente degli alpini Carlo Trivulzio, 25 anni, amante della vittima e alla levatrice Friedman. Arrestati, vengono poi prosciolti. L’unica condanna che verrà emessa sarà quella a 23 mesi di reclusione per il direttore del giornale Verona del Popolo, Mario Todeschini, colpevole di aver chiesto giustizia per il fatto.

Due lavandaie, Maria Menapace e Luigia Marconcini, mentre sono chine ad insaponare le lenzuola nelle acque dell’Adige sotto il ponte Garibaldi, scorgono un sacco impigliato tra sterpi e siepi. «Sarà carne inferior, per frodar el dazio», questo è il primo pensiero delle donne, come risulta dalla loro testimonianza. Quel sacco nasconde invece, come scoprono qualche istante più tardi, i resti straziati di una giovane donna uccisa, fatta a pezzi ed infine buttata a fiume come uno scarto qualsiasi.

La vittima, una popolana di diciannove anni, è Isolina Canuti, figlia di Felice Canuti impiegato da 25 anni nell’amministrazione di una grossa azienda, la Tressa. Al momento della morte la ragazza era incinta di quattro mesi. Chi e perché ha compiuto un simile delitto? La città è in allarme, la popolazione si sente coinvolta e comincia la caccia all’assassino. In molti scandagliano il fiume per ritrovare la testa della donna che sarà recuperata solamente il 24 dicembre nei pressi di Ronco all’Adige.

Le prime indagini su questo delitto, che tiene con il fiato sospeso tutta l’Italia, sono condotte dal questore, cavalier Cacciatori. Carlo Trivulzio, il sospettato, è un tenente del Sesto Alpini, che aveva preso in affitto una stanza in casa Canuti, al 25 di via Cavour, e intrattenuto una relazione amorosa con Isolina. Trivulzio apparteneva a una famiglia nobile di Udine, era ricco e stimato sia dai commilitoni che dai superiori. Il giovane ufficiale ammette di essere stato l’amante della ragazza e di essere al corrente del suo stato di gravidanza, ma respinge ogni accusa e nega anche di averla esortata ad abortire.

Dopo ulteriori indagini, che portano alla scarcerazione di Trivulzio, il questore di Verona si dimette e c’è chi vorrebbe mettere tutto a tacere. Perché? Nel 1900 Verona era una città di guarnigione in cui i militari, che erano quasi più numerosi dei civili, si sentivano i veri figli della città. Erano anni politicamente difficili. L’Italia era divisa tra ricchi e poveri, nobili e plebei, militaristi e pacifisti, socialisti e conservatori. Era terminata da poco, con una costosa sconfitta, la Guerra d’Etiopia. Scioperi e agitazioni erano repressi violentemente, soprattutto a Milano dov’era avvenuta una vera carneficina durante le quattro giornate dal 6 al 9 maggio 1898 quando il generale Bava Beccaris, per ordine del re Umberto I, aveva soffocato nel sangue i tumulti. Le università erano state chiuse, come le camere del Lavoro, e in un clima di tensione e repressione il generale Pelloux, chiamato al governo da un re impaurito e tentennante, pensava di dirigere il paese con i poteri speciali e decreti regi. In questa atmosfera di tensione e paura tutti sembrano voler dimenticare, la gente vuole divertirsi. La città offre molte possibilità di svago, ci sono ben sei teatri: il Filarmonico, il Ristori, il Manzoni, il Drammatico, l’Arena ed il Gambrinus.

Isolina sarebbe stata presto dimenticata, la sua vicenda sarebbe diventata uno dei tanti casi insoluti, se non fosse per Mario Todeschini, deputato socialista e direttore del giornale Verona del Popolo. Prima con una interrogazione al Parlamento e poi con una serie di articoli provocatori, Todeschini mette alle strette Carlo Trivulzio costringendolo a uscire dal silenzio nel quale si era rifugiato. Le provocazioni del giornalista, insieme alle nuove scoperte sul caso, costringono l’ufficiale a querelare Todeschini: non farlo sarebbe stato come ammettere la propria colpevolezza. In questo modo si arriva finalmente a un processo, ma non contro il presunto assassino, bensì per diffamazione contro il deputato socialista.

L’opinione pubblica si divide, i giornali si schierano: Il Gazzettino e Verona del Popolo dalla parte di Isolina e del Todeschini, L’Arena, Verona Fedele, L’Adige, Il Resto del Carlino e La Stampa dalla parte di Trivulzio e dell’esercito. Il Corriere della Sera si tiene in una posizione di mezzo: a volte interessato alla scoperta della verità, a volte trascinato dall’onda del perbenismo.

É una piccola storia quella di Isolina, quasi scontata: quella di una ragazza che rimasta incinta dell’amante spera di riuscire a sposarsi. Durante una cena alla Trattoria del Chiodo, al 9 di vicolo Chiodo, la giovane donna in stato di evidente ubriachezza, viene fatta abortire con violenza, ma nel corso dell’operazione muore e qualcuno la fa a pezzi. Tutti gli indizi portano a un gruppo di ufficiali, amici di Trivulzio. Lo stesso questore della città è convinto della colpevolezza dei militari. Per far assolvere il Trivulzio, in mancanza di meglio, gli avvocati dell’accusa mirano a far apparire Isolina «leggera», una che la morte se l’è peggio che cercata, «se l’è voluta». A questo bastano una vicina di casa animata da qualche risentimento, i pettegoli, i bigotti, la retorica, i finti moralismi. L’intera vicenda viene così politicizzata e lo stesso Capo di Stato Pelloux lascia intendere di tenere molto all’esercito e di preferire che tutto venga sepolto.

Il processo termina con la condanna per diffamazione nei confronti di Todeschini. Lo stabilisce la sentenza del 31 dicembre 1901: «In seguito a tutte queste osservazioni il Collegio dichiara colpevole l’onorevole Mario Filippo Todeschini del delitto di diffamazione continuata per mezzo della stampa in danno di Trivulzio Carlo, coll’aggravante della recidiva generica e col beneficio delle attenuanti generiche, lo condanna alla reclusione per la durata di 23 mesi e 10 giorni e alla multa di L. 1458. Lo condanna inoltre al pagamento delle spese processuali, della pubblicazione della sentenza, al risarcimento danni».

Delitto senza castigo, per il colpevole mai condannato; castigo invece per chi ha mosso le acque. Del resto Isolina è figlia di un impiegato, un povero uomo che s’arrangia dando in affitto qualche camera agli ufficiali di passaggio; Trivulzio proviene invece da una famiglia nobile e ricca, e poi cosa conta la vita di una ragazzina semplice e povera di fronte all’onore dell’esercito? Ed è quello che alla fine viene salvato, contro tutte le evidenze. Isolina vittima in una storia in cui i veri protagonisti sono la ferocia e il conformismo.

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