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I cittadini con disabilità nei programmi elettorali


Handylex ha pubblicato gli estratti riguardanti i disabili nei programmi elettorali dei partiti per le elezioni politiche del 4 marzo 2018:

Programma del Movimento 5 Stelle

[dentro il programma dedicato alla salute]

Disabilità e non autosufficienza

– dare completa attuazione alla Convenzione O.N.U. sul diritto alle persone con disabilità procedendo ad una completa revisione delle leggi esistenti e garantendo che ogni scelta del legislatore si collochi sempre nell’ambito di una piena consapevolezza che “le persone con disabilità includono quanti hanno minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine che in interazione con varie barriere possono impedire la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza con gli altri”;

– introdurre un assegno per l’assistenza personale per la vita indipendente e autodeterminata delle persone con handicap grave;

– garantire adeguate risorse al fine di consentire alle persone con disabilità di vivere in maniera indipendente e di partecipare pienamente a tutti gli ambiti della vita, assicurando l’accesso all’ambiente fisico, ai trasporti, all’informazione e alla comunicazione, compresi i sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione, e ad altre attrezzature e servizi aperti o offerti al pubblico;

– determinare e garantire i livelli essenziali delle prestazioni a tutela dei diritti civili e sociali, introducendo una definizione che garantisca il diritto di ciascuno all’erogazione delle prestazioni necessarie ;

 – sportelli di riferimento per persone con disabilità: formazione continua del personale addetto agli sportelli diffusi su tutto il territorio lombardo che devono fungere da riferimento per informazioni su tutte le misure attivate da Stato e Regione riguardo le disabilità. Implementazione degli sportelli telematici;

– azioni per garantire pari opportunità alle persone con disabilità e ai caregivers: intervenire presso le aziende con incentivi per sensibilizzarle e incentivare l’assunzione di persone con disabilità e caregiver. Stanziare fondi per retribuire i disability manager.

– stanziare fondi specifici per favorire il trasporto e la mobilità delle persone con disabilità;

– abbattimento delle barriere architettoniche negli edifici privati e nell’ambito pubblico;

– controlli sulle strutture sociosanitarie convenzionate: rendere obbligatorio, per essere accreditati e contrattualizzati, la trasparenza e la pubblicazione dei bilanci e della gestione economica dei servizi;

– caregivers familiari: organizzare corsi di formazione specifica, tenuti da personale sanitario e tramite incontri di automutuoaiuto, per aumentare conoscenze e competenze dei caregivers.

– attivare un numero verde dedicato ai caregivers per accedere a liste d’attesa sanitarie specifiche e prioritarie e per richiedere personale formato sostitutivo del caregiver in caso di necessità sanitaria;

– garanti regionali dei disabili: istituire il Garante quale figura di riferimento al quale rivolgersi in caso di inadempienze e violazioni dei diritti delle persone con disabilità – agire sulle regioni affinché il tetto massimo di impegnative sia costantemente aggiornato e corrispondente alle reali esigenze del territorio;

– diffondere il cohousing

[nulla di specifico o ulteriore è previsto nei sotto-programmi scuola, lavoro, trasporti]

Programma del Partito Democratico

[Dentro il capitolo “Prendersi cura delle persone”]

Non autosufficienza: sostegno economico, servizi di cura e investimento sull’autonomia

Dopo avere colmato nella legislatura appena terminata una lacuna storica del welfare italiano, quella del contrasto alla povertà, è arrivato il momento di affrontare altri bisogni sui quali l’Italia è ancora in ritardo: la cura delle persone non autosufficienti.

Negli altri paesi europei, negli ultimi due decenni, sono state introdotte nuove politiche per la non autosufficienza; noi abbiamo iniziato in modo sistematico solo negli ultimi anni. Le cose fatte dai governi a guida PD sono importanti: la legge sul Dopo di noi, il rico noscimento e il sostegno a chi si prende cura di un familiare malato o disabile (caregiver familiare), la previsione di un Piano nazionale per la non autosufficienza. Su queste basi costruiremo una riforma più ampia, che dia a tutte le persone non autosufficienti e alle loro famiglie diritti, sostegno economico e certezze. Partendo dalla consapevolezza che, per le persone nonautosufficienti, l’assistenza da parte dei collaboratori familiari non è un lusso ma una necessità esistenziale al pari delle spese mediche, vogliamo rendere le politiche per la non autosufficienza un diritto di cittadinanza e l’indennità di accompagnamento un diritto soggettivo legato al bisogno di cura individuale.

Per questo, aumenteremo l’indennità in base ai bisogni effettivi delle persone, dando libertà di scelta tra un assegno di cura e un budget di cura, favorendo così il riconoscimento professionale e la regolarizzazione degli assistenti familiari. L’indennità aumenterà per tutti e arriverà a raddoppiare per i casi più gravi. I finanziamenti aggiuntivi saranno reperiti attraverso un contributo specifico di 0,5% della retribuzione lorda. Il costo del lavoro delle imprese si ridurrà in ogni caso rispetto a oggi per via della riduzione di quattro punti del cuneo contributivo.

Si potrà così risolvere uno dei principali limiti dell’indennità di accompagnamento: il fatto che non è graduata in base alle condizioni del beneficiario. Per farlo, occorrerà definire in modo univoco condizioni e livelli di disabilità e non autosufficienza per l’accesso alle prestazioni, e introdurre sistemi uniformi di valutazione, basati sull’utilizzo di scale omogenee derivati dalla ricerca scientifica e validati dalla pratica internazionale. Questi indicatori dovranno servire anche per calibrare la presa in carico della persona, che sarà coinvolta – direttamente o attraverso chi la rappresenta – nell’elaborazione del proprio piano di assistenza, anche nella prospettiva di costruire, per quanto possibile, percorsi di vita autonoma e indipendente. L’accesso, ovviamente, resterà universale e l’indennità dipenderà dalla gravità delle condizioni di non autosufficienza. Tali condizioni potranno dare accesso anche a erogazioni una tantum per l’acquisto certificato di strumenti e attrezzature, calibrate in base alla categoria di bisogno (in aggiunta a quanto già previsto per gli ausili).

La nostra riforma interverrà così su un ulteriore limite dell’attuale indennità di accompagnamento, che è erogata soltanto in forma monetaria, come assegno di cura. Nella nostra proposta, invece, sulla parte aggiuntiva rispetto a quello che già oggi è presente, sarà possibile scegliere se ricevere l’indennità sotto forma monetaria o come budget di cura vincolato nel suo utilizzo ma di importo più elevato. Il budget di cura è una somma utilizzabile soltanto per l’acquisto di servizi professionali accreditati o per l’impiego regolare di assistenti familiari certificati. Costruiremo così un mercato regolare e certificato di servizi alla persona e alle famiglie. E daremo la possibilità di ricevere un mix di trasferimenti e servizi diretti. Occorrerà poi prevedere e sostenere servizi di incontro fra domanda e offerta di servizi di assistenza certificati e di qualità, per evitare che le famiglie siano lasciate sole nella ricerca e nella scelta.

Sarà infine possibile l’integrazione fra l’indennità e le reti di offerta dei servizi a livello locale, nonché con ulteriori interventi introdotti da regioni e comuni. Nell’ampio quadro di questa riforma, sarà utilizzata anche la leva fiscale, così da tenere nella dovuta considerazione il maggiore costo della vita che le persone non autosufficienti si trovano a dover sostenere per affrontare i bisogni di assistenza quotidiana.

Prendersi cura delle persone con disabilità non vuol dire solo aumentare il sostegno economico e rafforzare i servizi, ma anche investire sulla loro autonomia, soprattutto nel caso delle nuove generazioni. Purtroppo il tasso di occupazione delle persone disabili in Italia è dovuto più alla legislazione sulle assunzioni obbligatorie che alla capacità di valorizzare le loro competenze.

Serve quindi una politica specifica sui giovani, in grado di consentire un impiego di qualità che accresca l’indipendenza economica delle persone con disabilità e rappresenti la loro migliore tutela contro il rischio povertà. Come? Investendo in tutti i nuovi strumenti tecnologici e informatici che possono consentire non solo l’inserimento ma il potenziamento della partecipazione scolastica delle persone con disabilità e la valorizzazione del loro potenziale.

Costruendo una rete di servizi (con percorsi specifici nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro) che accompagnino le imprese e le persone disabili nel processo di inserimento lavorativo, in modo da individuare competenze e abilità. Dando vita a un piano di investimenti omogenei su tutto il territorio in tema di inclusione universitaria delle persone con disabilità (per esempio con borse di studio apposite, sgravi fiscali per le spese necessarie, supporto all’assistenza, accesso a tecnologie appropriate).

[nulla di specifico o trasversaleè previsto nelle parti dedicate a scuola, lavoro, trasporti]

Programma di + Europa

[Unico passaggio in cui si accenna alla disabilità al paragrafo Salute]

L’allocazione delle risorse è ancora troppo concentrata sulle cure per acuti mentre l’emergenza dovuta all’invecchiamento richiederebbe maggiori stanziamenti per la cura delle cronicità e disabilità.

(…)

Programma della Lista Insieme

(Verdi, Area Civica, Partito Socialista Italiano)

[Alcuni cenni alla disabilità sono presenti nel capitolo che segue]

Insieme per i nuovi diritti, la salute pubblica e un nuovo welfare

Insieme vuole costruire un’Italia per il sociale e per la salute.

Insieme intende agire per diritti sociali più forti, porre fine al dumping sociale e unire le forze nella lotta contro la povertà.

Occorre garantire gli asili nido pubblici a tutti. In futuro la nostra società sarà composta prevalentemente da anziani, il tasso di crescita demografica, infatti, in Italia è 1,34. Famiglie mononucleari, fuga dei giovani all’estero, anziani – per lo più donne – che vivono soli e spesso indigenti, in un contesto sociale degradato e frammentario, sono uno scenario verso il quale il Paese cammina spedito. La scelta di lavarsi le mani, con gli insufficienti assegni di accompagnamento, dalle responsabilità sociali di assistenza e cura di anziani e disabili, scarica sui singoli le inefficienze dell’intero sistema, che resta incapace di organizzare in maniera pubblica i servizi e preferisce esternalizzare, usando associazioni che lucrano a discapito della qualità.

Le politiche per la salute devono mettere al primo posto la prevenzione primaria. L’aumento delle morti premature e delle malattie degenerative dovute all’inquinamento sono una tragica realtà che colpisce innanzitutto i più poveri ed i bambini. Un bambino su quattro muore per inquinamento nel mondo. Rimuovere le cause dell’inquinamento con la conversione ecologica e promuovere stili di vita sani è la prima politica sanitaria.

Occorre difendere il Sistema Sanitario pubblico universale, contrastando i tagli indiscriminati e l’accentramento dei servizi che sguarniscono il territorio e fanno pagare costi aggiuntivi ai cittadini. Il sistema sanitario pubblico italiano, con tutti i suoi limiti, si pone ancora ai vertici dei sistemi sanitari, assicurando l’universalità della cura di qualità con la spesa procapite tra le più basse tra i paesi occidentali.

Insieme propone come prime misure urgenti

– Accesso gratuito agli asili pubblici e sussidi veri alle famiglie con prole.

– Approvazione della legge sullo Ius Soli.

– Inserimento del codice “rosa” in tutti gli ospedali e aumento del Fondo per i centri antiviolenza contro il femminicidio.

– Investimenti immediati per l’abbattimento delle barriere architettoniche e sostegni concreti alle persone disabili.

Programma condiviso della Coalizione Centrodestra

(Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia, Noi con l’Italia)

[tratto dalla sintesi per punti elenco, unica disponibile]

– Raddoppio dell’assegno minimo per le pensioni di invalidità e sostegno alla disabilità

– Incentivi all’inserimento dei disabili nel mondo del lavoro.

Programma di Fratelli d’Italia

[Unica parte del programma in 15 punti in cui si fa cenno alla disabilità]

CONTRASTO ALLA POVERTÀ POLITICHE SOCIALI EFFICIENTI E TUTELA DELLA SALUTE

No all’assistenzialismo del reddito di cittadinanza. Aiuto economico concreto a chi è impossibilitato a lavorare per ragioni oggettive: bambini, disabili, ultra sessantenni privi di reddito. Aumento delle pensioni minime e raddoppio dell’assegno di invalidità. Reale riconoscimento della funzione sociale di chi si prende cura di un familiare non autosufficiente (caregiver), con tutele concrete in ambito lavorativo e normativo.

Patto per la Salute tra Stato e cittadini con forme di incentivi anche fiscali per chi effettua una corretta e periodica prevenzione sanitaria. Garantire il diritto alla salute con il miglioramento e l’estensione delle prestazioni sanitarie. Modifica del sistema pensionistico: superamento della legge Fornero e nuova riforma previdenziale economicamente e socialmente sostenibile con uguali condizioni per tutte le generazioni: abolizione dell’adeguamento automatico dell’età pensionabile alla speranza di vita, flessibilità dell’età pensionabile e possibilità di pensione di anzianità con 41 anni di contributi. Piano casa per affrontare l’emergenza abitativa con mutuo sociale e affitto a riscatto. Cura dei più bisognosi con pasto caldo e dormitorio per tutti ma stop al racket dei mendicanti. Rafforzamento della sussidiarietà. Per un Terzo Settore qualificato, sostenibile e che generi valore: indirne gli “Stati generali” per modificare l’attuale riforma. Inserimento dello sport in Costituzione come strumento essenziale di benessere fisico e mentale, arricchimento valoriale, contrasto alle devianze giovanili, e garantendo l’attività motoria dalla scuola primaria fino alla terza età.

Programma della Lega

[dedica un capitolo specifico alla disabilità]

POLITICHE SOCIALI: DISABILITÀ

Uno Stato civile deve proteggere, tutelare, assistere e integrare chiunque abbia una disabilità.

Il senso di comunità è un valore da difendere e promuovere perché la comunità è la dimensione entro la quale i rapporti interpersonali assumono spontaneamente la forma e la forza di un legame solidarista, alimentando tra i membri della comunità un profondo e naturale bisogno di altruismo e coesione sociale. Entro questo orizzonte di senso e valori, il welfare rappresenta l’espressione più tangibile e stabile del senso di comunità e della naturale propensione della comunità a prendersi cura di tutti i suoi membri, a partire da quelli più fragili e svantaggiati.

Da qui, l’impegno per la disabilità, che è, al contempo, “impegno per i deboli” e “impegno per una società che, nell’essere vicina ai deboli, ritrova e preserva il suo essere comunità ed agire come comunità”. Il tutto, a fronte di un processo di globalizzazione e liquefazione della società, che la vorrebbe sempre più individualista e disgregata, e pertanto insofferente verso le politiche e le spese di welfare. È per noi fondamentale consolidare e

rinnovare le politiche di protezione e inclusione dedicate alle persone con disabilità e finalizzate a garantirne un concreto ed efficace sostegno durante tutte le fasi della vita.

TUTELE

CONSOLIDARE FONDI E SOSTEGNI ECONOMICI

Le politiche per la disabilità e gli strumenti di cui beneficiano le persone con disabilità risultano spesso inadeguati sotto il profilo economico. Allo scopo di rendere più incisiva la protezione delle persone con disabilità si prevede un generale rafforzamento dei fondi sulla disabilità e la non autosufficienza, prestando particolare attenzione al “dopo di noi”. Per non depotenziarne la già ridotta dotazione economica (e dunque, anche l’effettiva efficacia) si dovranno inoltre svincolare dal computo di alcuni indicatori gli strumenti di protezione di cui beneficiano le persone con disabilità. In particolare, si prevede di escludere “tassativamente” l’indennità dal calcolo dell’ISEE (Indicatore della Soglia Economica Equivalente), così come, con riferimento al Reddito di Inclusione si valuterà l’opportunità di escludere dal calcolo dell’ISR (indicatore situazione reddituale) i trattamenti assistenziali, previdenziali ed indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche qualora attinenti a condizione di disabilità.

COSTRUIRE UNA GOVERNANCE COORDINATA E CONDIVISA DEGLI INTERVENTI

Il livello nazionale e quello locale spesso “non dialogano” ed il quadro dei diversi interventi sulle persone con disabilità (ed in particolare sulle disabilità più gravi) risulta “frammentato”, con il rischio di rendere meno universale l’intervento della Pubblica Amministrazione sul bisogno di protezione e inclusione. Serve una governance coordinata e condivisa degli interventi, per superarne l’eccessiva frammentazione ed arrivare ad una maggiore equità nell’attivazione degli stessi, nonché nella distribuzione delle risorse. Solo costruendo una “piattaforma condivisa dei sistemi di protezione”, che metta in rete gli erogatori degli interventi e consenta di avere sempre un quadro chiaro ed aggiornato sul singolo utente, si creeranno le condizioni perché tutta l’utenza fragile ed avente diritto possa accedervi, senza eccessi o dimenticanze, senza che vi siano talvolta dei “grandi beneficiari” (capaci di chiedere / attivare tutti i canali e tutte le risorse) e talvolta dei “grandi esclusi” (che hanno vergogna di chiedere e/o non sanno dove rivolgersi e cosa chiedere).

RIFORMARE LE PENSIONI DI INVALIDITA’ CIVILE, CONSOLIDANDO / SEMPLIFICANDO IL SISTEMA

Seppur diversi e modulati in funzione della tipologia e della gravità, tutti gli strumenti di natura pensionistica, oltre a essere soggetti a limiti reddituali, prevedono oggi importi così ridotti da non adempiere “in concreto” a quanto previsto dall’art 38 della Costituzione italiana: parliamo infatti di circa 300 Euro al mese per la disabilità visiva; ancor meno per le altre forme di disabilità. Serve una riforma delle pensioni che riduca i tipi di prestazioni e che, soprattutto, faccia della pensione lo “strumento cardine” con cui garantire alle persone con disabilità importante una vita dignitosa.

Allo scopo, si procederà a una preliminare ridefinizione dei quadri per cui la disabilità è da ritenersi un “significativo e potenziale” ostacolo al lavoro. In tal senso, potranno essere valutate come “condizioni potenzialmente ostative al lavoro” anche forme di disabilità oggi quantificate al di sotto del grado massimo d’invalidità, ovvero al di sotto del 100%. Con l’individuazione della “soglia d’inabilità” si definiranno dunque due sole fasce (superiore, cioè dalla soglia di inabilità in su, fino al 100%) e inferiore (cioè dalla soglia di inabilità in giù, fino al 74%) entro cui inquadrare le diverse forme di disabilità e, soprattutto, entro cui modulare il trattamento pensionistico.

A tutte le persone con un grado d’invalidità superiore alla soglia d’inabilità sarà riconosciuta la “pensione d’inabilità”. Questa pensione dovrà assumere una consistenza economica tale da poter di per sé garantire (anche indipendentemente dall’indennità) una vita dignitosa. In concreto, tale pensione dovrà ampiamente superare alcuni parametri limite, come la soglia di povertà assoluta. D’altra parte, la pensione d’inabilità non dovrà essere un fattore assolutamente disincentivante rispetto al lavoro.

Si dovranno dunque prevedere dei limiti reddituali tali da stimolarne la ricerca. Limiti, questi, entro cui la persona potrà anche accumulare reddito da lavoro e, a scalare, reddito da pensione, fino al raggiungimento di una soglia massima oltre la quale l’erogazione della pensione d’inabilità verrà totalmente sospesa.

Al di sotto della soglia d’inabilità le persone beneficeranno invece di una “pensione d’invalidità” il cui obiettivo sarà solo la compensazione del deficit e non il sostentamento della persona. Per le pensioni d’invalidità si potrà dunque confermare l’attuale impianto, che appare congruo sia sotto il profilo degli importi, sia sotto il profilo dei limiti reddituali.

RIVISITARE IL MECCANISMO DI RIVALUTAZIONE DELLE RENDITE INAIL

Le rendite Inail corrisposte ai mutilati e agli invalidi del lavoro vengono rivalutate annualmente sulla base di un meccanismo di calcolo che si prefigge di garantire l’adeguatezza delle prestazioni nel tempo. Ma da qualche anno, a causa dello stallo dei salari e dei prezzi al consumo, tale meccanismo risulta di fatto penalizzante.

Attualmente è infatti prevista una rivalutazione delle rendite, con decorrenza 1° gennaio, che scatta quando si verifica una variazione retributiva minima del 10%. Fino a qualche anno fa questa rivalutazione scattava mediamente ogni 3 o 4 anni, ma oggi l’andamento dei salari rende molto difficile raggiungere la percentuale del 10% richiesta dalla legge. In via di anticipo è attualmente prevista anche una rivalutazione annuale, con decorrenza 1° luglio, basata sull’indice ISTAT dei prezzi al consumo.

Anche in questo caso, però, la bassa inflazione impedisce da alcuni anni di ottenere aumenti. Se con la nuova legge di stabilità, il Parlamento non recepirà le proposte emendative delle associazioni di categoria, si provvederà a farlo con la prossima legislatura. In particolare, si provvederà ad eliminare la soglia di aumento minimo dei salari del 10%, prevedendo un’unica rivalutazione annuale con decorrenza 1° luglio, e razionalizzando il meccanismo in un’unica cadenza annuale.

GARANTIRE UN SISTEMA DI AGEVOLAZIONI AGGIORNATO PER L’ACQUISTO DI BENI E AUSILI

Le persone con disabilità godono di alcune agevolazioni fiscali nell’acquisto di beni e/o ausili che ne facilitano l’autonomia personale. Già in passato, l’aggiornamento dell’elenco di tali beni e/o ausili è avvenuto con gravi ritardi, non assecondando l’evoluzione tecnologica e penalizzando di conseguenza l’accesso agevolato a nuove ed importanti opportunità. Allo scopo di cogliere “per tempo” le opportunità della tecnologia, si prevede di coinvolgere le associazioni nelle Commissioni preposte. A titolo esemplificativo, e per colmare un evidente e nuovo gap, si prevede l’inserimento delle autovetture elettriche tra quelle soggette ai benefici fiscali in favore delle persone con disabilità: ciò si rende necessario in quanto la potenza di queste auto non si esprime in centimetri cubici come previsto dalla L. 97/86.

SCUOLA

RAFFORZARE LE COMPETENZE DEI DOCENTI E DI TUTTO IL PERSONALE SCOLASTICO

Gli studenti con disabilità si relazionano con docenti curricolari o per il sostegno che non hanno sufficienti competenze nella gestione dell’alunno con disabilità.

Nonostante l’inclusione scolastica fosse uno degli obiettivi della Buona Scuola, di fatto i cambiamenti introdotti non garantiranno un salto di qualità nella formazione dei docenti né nella continuità didattica. Si dovrà lavorare per garantire una “reale specializzazione” degli insegnanti per il sostegno e consolidarne l’effettiva presenza in aula. Parimenti, andranno altresì individuati dei percorsi di aggiornamento anche per i docenti curricolari, nonché indirizzati a tutte le figure che della scuola sono parte.

Infatti l’inclusione non può essere “affare” del sostegno, ma deve coinvolgere tutta la comunità scolastica.

RICONOSCERE E NORMARE ALCUNE FIGURE PROFESSIONALI

Per quanto prezioso, l’inserimento scolastico degli studenti con disabilità sensoriale non dipende solo dal lavoro dei docenti curricolari e per il sostegno. Al processo educativo/formativo degli alunni sordi, ciechi e ipovedenti,  concorrono infatti anche altre figure, di cui manca però un riconoscimento giuridico che faccia finalmente chiarezza

sugli skills necessari. A livello territoriale, ciò si traduce in una grave confusione nell’attivazione dei servizi d’inclusione scolastica. Si prevede quindi di riconoscere / normare a livello nazionale talune figure professionali.

In particolare, si ritiene opportuno istituzionalizzare la figura dell’educatore alla comunicazione per gli alunni con disabilità sensoriale (visiva o uditiva), e la figura dell’esperto in scienze tiflologiche.

PORTARE A SCUOLA LA DISABILITÀ E FARE CULTURA SULLA DISABILITÀ

L’integrazione delle persone con disabilità passa attraverso una cultura ed una accettazione della disabilità. Di fatto, verso le persone con disabilità, vi sono ancora molti pregiudizi. È allora dalla scuola che si deve iniziare a costruire una società inclusiva e capace di comprendere/relazionarsi con la disabilità. Da qui l’opportunità di fare cultura e inserire nel percorso didattico dei momenti di ascolto / incontro con la disabilità, anche grazie al coinvolgimento delle associazioni dei disabili.

LAVORO

RIDURRE LO SCOPERTO

La legge 68/99 sul collocamento mirato prevede che esistano delle quote riservate alle categorie protette, ma tanto nel pubblico, quanto nel privato, si registrano degli scoperti. Si dovrà innanzitutto procedere ad un’accurata ricognizione degli scoperti nel settore pubblico.

Che lo Stato sia il primo a non adempiere agli obblighi di legge rappresenta infatti un dato inaccettabile. Tanto più se si considera che lo Stato (non soggetto a sanzioni) è però erogatore di sanzioni (anche elevate) per le aziende inadempienti. Di contro, pensare di evitare le elusioni da parte delle aziende facendo leva solo ed esclusivamente sulle sanzioni, costituisce un approccio miope. Serve invece dare spazio anche alla prevenzione, facendo cultura presso le aziende.

Allo scopo s’intende riattivare/ potenziare le commissioni provinciali per il lavoro, coinvolgendo le rappresentanze di categoria: tanto degli imprenditori, quanto delle persone con disabilità.

Le Commissioni, infatti, non sono solo organi preposti al controllo, ma anche momenti di coordinamento e di reciproca comprensione. Il che risulta prezioso per ridurre le resistenze, abbattere i pregiudizi sull’effettiva produttività delle persone con disabilità e rafforzare la conoscenza delle possibili agevolazioni e/o delle diverse modalità di attuazione/adempimento della L.68/99, ivi compresa la convenzione ex art 14 dlgs 276/2003 (legge Biagi). Si renderà necessario porre in essere percorsi lavorativi specifici per disabilità fisiche o psichiche.

BILANCIARE GLI “EFFETTI INDESIDERATI” DEL COLLOCAMENTO MIRATO

Se pur condivisibile, la filosofia del “collocamento mirato” (adottata con legge 68/99 ed ulteriormente consolidata col Jobs Act) tende, per certi versi, a penalizzare le disabilità gravi: attraverso la chiamata nominativa, i datori di lavoro tendono a orientarsi verso forme di disabilità apparentemente più gestibili. Da qui, le maggiori difficoltà di collocamento per specifiche categorie, affette per es, da disabilità visiva o psichica. Si dovranno pertanto confermare (e possibilmente consolidare) gli incentivi al privato, prevedendo agevolazioni “commisurate” alla capacità lavorativa della persona disabile. Ad esempio, si potranno prolungare nel tempo le agevolazioni sull’imponibile previdenziale già previsti dal bonus assunzione disabili. Sempre per bilanciare gli effetti indesiderati del collocamento mirato, si dovrà inoltre prevedere che nell’ambito pubblico parte delle quote destinate alle categorie protette siano specificamente riservate alle disabilità gravi. È infatti solo attraverso il pubblico, e non attraverso il privato, che la comunità può ragionevolmente pensare di farsi carico delle persone più fragili, assumendosi dei precisi impegni anche nei confronti delle situazioni più complesse.

Infatti, il settore pubblico, non solo è il frutto del comune impegno, ma costituisce anche un contesto lavorativo tendenzialmente più adatto ad accogliere persone con disabilità grave, favorendo modelli di lavoro e di comportamento più affini alla cooperazione che non alla competizione.

INDIVIDUARE E NORMARE NUOVE PROFESSIONI

Per alcune disabilità particolarmente svantaggiate, agli indesiderati effetti del collocamento mirato, si sono aggiunte anche le indesiderate conseguenze di alcune evoluzioni di scenario. Lo sviluppo tecnologico, unitamente al mutamento della domanda, hanno di fatto cancellato alcune figure professionali e quindi svuotato di senso alcune leggi, come la legge sul collocamento dei centralinisti ciechi (L.113 del 1985) piuttosto che la legge per i massaggiatori e massofisoterapisti ciechi (L.686 del 1961).

Si dovranno quindi sperimentare e definire nuove figure professionali che (specie in ambito pubblico) potranno, per legge, essere riservate a specifiche disabilità.

Punto di partenza saranno le figure equipollenti già individuate dal DM 10 gennaio 2010 (addetto alle relazioni col pubblico, alla gestione di banche dati, al telemarketing-telesoccorso) che, proprio nel settore pubblico, possono trovare riscontro e garantire l’inserimento di molte persone con disabilità visiva. Si pensi per es. agli URP comunali. Parimenti si potranno riconoscere anche altre e nuove professioni. In tal senso, s’investirà sulla figura del “perito fonico trascrittore” che, una volta normata, potrà dare importanti risultati (per le trascrizioni delle assemblee pubbliche, piuttosto che in ambito forense o presso le forze dell’ordine per la trascrizione di deposizioni e intercettazioni). Analogamente, l’individuazione ed il riconoscimento di alcune professioni da riservarsi a specifiche categorie, potrà essere la “via maestra” attraverso cui tentare di ampliare le opportunità di lavoro anche per altre categorie, come per esempio i sordi.

ACCESSIBILITÀ DI LUOGHI, BENI E SERVIZI

PROMUOVERE L’AUDIT CIVICO IN TEMA DI BARRIERE ARCHITETTONICHE

Nonostante esista una precisa normativa che disciplina l’abbattimento delle barriere architettoniche, di fatto, la traduzione pratica della normativa si rivela spesso deficitaria e/o viziata da imperizia.

E ciò, appare evidente anche nella realizzazione di opere pubbliche. L’idea è quella di prevedere un audit civico per cui, da norma, la Pubblica Amministrazione sia tenuta a verificare, in concreto, e con il coinvolgimento delle persone con disabilità e/o loro associazioni, l’effettiva accessibilità delle opere pubbliche. Se fosse ad esempio prevista nelle procedure dei Comuni, la valutazione civica potrebbe non solo testarne “ex post” la fattiva usabilità, ma anche ottimizzarne “a monte” la progettazione: valutandone preventivamente la fruibilità per le diverse forme di disabilità, e soprattutto adottando/declinando accorgimenti che la normativa non specifica in dettaglio.

SVILUPPARE UNA POLITICA PER L’ABITARE

Le difficoltà d’inserimento al lavoro delle persone con disabilità si accompagnano a livelli reddituali tendenzialmente bassi. Da qui, anche una maggiore difficoltà per chi ha particolari esigenze di autonomia ad accedere ad abitazioni moderne e pienamente accessibili.

Occorre implementare una politica per l’abitare che favorisca l’accesso delle persone con disabilità ad abitazioni di recente concezione / costruzione. Al di là delle agevolazioni previste per l’accesso all’edilizia residenziale pubblica, servono politiche di housing sociale che coinvolgano il privato e introducano negli oneri di urbanizzazione delle quote da riservarsi alle persone con disabilità.

Ovviamente la policy di assegnazione di queste abitazioni potrà essere gestita in collaborazione con i servizi territoriali.

RENDERE ACCESSIBILI I CONTENUTI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Sebbene la legge 4/2004 preveda la completa accessibilità dei contenuti della PA, di fatto molti siti della pubblica amministrazione continuano a risultare inaccessibili, penalizzando chi, proprio da un accesso autonomo ed in remoto, potrebbe trarre più beneficio. Allo scopo di dare concreta attuazione alla Legge Stanca, si prevede dunque di rendere accessibili tutti i documenti, partendo da quelli della Presidenza del Consiglio, fino ad arrivare a quelli degli Enti Locali. A tal fine, si prevede di dare un input chiaro a tutte le amministrazioni, stabilendo meccanismi incentivanti che “motivino” l’ente pubblico ad adempiere a quanto previsto per legge. Sul tema, costituirà punto di riferimento la più recente ed aggiornata Direttiva UE 2016/2102 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 ottobre 2016 relativa all’accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili degli enti pubblici, per cui ci si adopererà per un efficace ed effettivo recepimento della stessa.

RAPPRESENTANZA

PORTARE LA DISABILITÀ “AL GOVERNO”

Talvolta strumentalizzata, la disabilità si ritrova spesso ai margini del processo decisionale, con il rischio di non acquisire sufficiente rilevanza nell’agenda politica. Allo scopo si propone un Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alla disabilità che possa farsi interlocutore privilegiato e punto di raccordo fra i vari Ministeri al fine di coordinare le politiche sulla disabilità.

AMPLIARE LA PARTECIPAZIONE DELLE ASSOCIAZIONI

Vi sono Commissioni di fondamentale rilevanza, che incidono sulla qualità di vita delle persone con disabilità, ma che non prevedono la partecipazione delle associazioni di categoria. Allo scopo di “ascoltare la voce” delle persone con disabilità, tutelandone gli interessi e ottimizzando le politiche sulla disabilità, verrà promossa ad ogni livello la partecipazione delle associazioni, a partire da quelle a cui la legge affida la rappresentanza e la tutela degli interessi morali e materiali di alcune categorie.

Programma di Liberi e Uguali

[si fa cenno alla disabilità in due paragrafi: “Un welfare universale” e “Un mondo digitale”]

Un welfare universale.

Ci battiamo per un welfare universale, non solo per motivi di equità, ma anche per motivi di efficienza ed efficacia. Le politiche sociali, per la famiglia, per la casa, per pensioni e ammortizzatori sociali devono smettere di essere le cenerentole del nostro sistema pubblico.

Vogliamo estendere il Rei (reddito di inclusione) in modo da renderlo realmente uno strumento universale di contrasto alla povertà assoluta, adottare un piano sociosanitario nazionale per la non autosufficienza incentrato sulla domiciliarità e articolato in funzione del grado di bisogno, definire un piano integrato di interventi a favore delle persone con disabilità, che ne favorisca la vita indipendente e che interessi non solo l’inserimento lavorativo ma anche, ad esempio, l’accessibilità delle case e dei luoghi pubblici nonché la mobilità territoriale.

La crisi ha lasciato in eredità un enorme patrimonio immobiliare abbandonato che pesa sui bilanci delle banche.
Dalla sua acquisizione, come abbiamo già detto, può venire una risposta importante all’esigenza di tornare a rendere effettivo il diritto alla casa.

La pensione è uno degli argomenti più delicati per tanti milioni di italiani. Riteniamo occorra rivedere in profondità la riforma Fornero, anche riarticolando il sistema delle uscite anticipate o ritardate per tipologie di attività, in base al carico di gravosità del lavoro svolto. L’eventuale superamento della soglia di età differenziata così identificata deve avvenire esclusivamente su base volontaria. Anche la maternità deve essere riconosciuta come fattore di possibile anticipo dell’età di pensionamento, va garantita la stabilizzazione di “Opzione donna” e, con una nona salvaguardia, la definitiva soluzione del problema degli esodati.

Per avere finalmente una discussione seria nel Paese sul finanziamento dell’insieme del sistema di welfare e sullo stato dei conti dell’Inps, la previdenza va finalmente separata dall’assistenza.

Un mondo digitale.

Internet ha contribuito in maniera decisiva a ridefinire lo spazio pubblico e privato, a strutturare i rapporti tra le persone e tra queste e le Istituzioni. Ha cancellato confini e ha costruito modalità nuove di produzione e utilizzazione della conoscenza. Ha ampliato le possibilità di intervento diretto delle persone nella sfera pubblica. Ha modificato l’organizzazione del lavoro. Ha consentito lo sviluppo di una società più aperta e libera. Internet deve essere considerata come una risorsa globale e si configura come uno spazio economico che rende possibile innovazione e crescita in un contesto democratico. Per tutti questi motivi l’accesso al web rappresenta uno strumento che può influire in maniera determinante sull’effettività dei diritti fondamentali.

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A tutti deve essere garantito il diritto di accesso in rete e va superata ogni forma di divario, da quello di genere a quello economico, da quello dovuto a vulnerabilità personale o a disabilità. (…)

Programma di Potere al Popolo

[si fa cenno alla disabilità nel capitolo “Lotta alla povertà, Sanità, Assistenza”]

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– l’istituzione del reddito minimo garantito, contro l’esclusione sociale e la precarietà della vita, per persone disoccupate e precarie: un reddito che consenta di superare la soglia di povertà relativa, che sia a carattere personale ed erogato fino al superamento della condizione di disagio;

– la garanzia dei livelli essenziali di assistenza erogati dal SSN e la loro omogenità su tutto il territorio nazionale;

– l’eliminazione dei ticket sulle prestazioni sanitarie;

– il taglio drastico dei tempi di attesa, anche attraverso la modifica delle norme che regolano l’intra moenia;

– un nuovo programma di assunzioni per sanità e servizi socio-assistenziali, che elimini il precariato, con l’immediato sblocco del turn-over lavorativo;

– l’uscita del privato dal business dell’assistenza sanitaria;

– il potenziamento dei servizi sanitari esistenti, con il blocco dei processi di ridimensionamento e chiusura degli ospedali e lo sviluppo di una rete capillare di centri di assistenza sanitaria e sociale di prossimità;

– la definizione di un piano nazionale per la non autosufficienza, centrato sull’assistenza domiciliare integrata;

– dare attuazione all’inclusione delle persone con disabilità e dei soggetti fragili nella scuola, nel lavoro, nella società, per il diritto ad una vita piena, cancellando gli ultimi provvedimenti che vanno in senso contrario.

Programma CasaPound Italia

[si fa cenno alla disabilità al paragrafo “Per i diritti sociali”]

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– Piano nazionale di eliminazione delle barriere architettoniche e culturali e piena attuazione della legge 104, anche attraverso l’uso di strumenti fiscali incentivanti e sanzionatori disincentivanti.

– Valendo il principio di integrazione tra famiglia e Stato, tra affetto, efficienza e controllo, in cui unico obiettivo è il benessere del diversamente abile, su cui non si possono attuare finte filantropia o politiche di bilancio, si prevede un riconoscimento previdenziale al familiare che offra assistenza al disabile.

– Essere indipendenti significa essere in grado di lavorare muoversi, studiare e passare il tempo libero, scegliere una destinazione è riuscire a raggiungerla, gestire i propri orari, lavarsi, mangiare, tenere alla cura del proprio corpo, scegliere come vestirsi. Essere indipendenti significa staccarsi dal proprio nucleo familiare o preparare il terreno perché ciò avvenga. Dovrà essere data la più ampia scelta, al disabile o ai suoi tutori, di scegliere tra assistenza diretta o indiretta, attraverso là corresponsione di cifre equivalenti a quelle che si sarebbero stanziate in caso di assistenza diretta.

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fonte http://www.handylex.org/news/2018/02/27/i-programmi-elettorali-e-la-disabilita-confronto