20150117 Ex Teatro Laboratorio Verona Teatro Laboratorio

Festa bahá’í a Verona per il bicentanario di Bahá’u’lláh


Piazza Arsenale, Verona
Sabato 21 ottobre 2017, dalle 18.00

La comunità bahá’í di Verona festeggia oggi al Teatro Laboratorio all’Arsenale con un programma di letture, storie, musica e danza che accompagnerà la celebrazione dei 200 anni della nascita del fondatore. Non mancherà la presentazione delle attività che la comunità bahá’í offre in tutto il mondo, Verona compresa, con l’obiettivo di aiutare l’individuo a sviluppare qualità spirituali e costruire capacità di servizio da offrire alla comunità nella quale vive.Persone di varie età, provenienze, credo e culture, legate da profonda unità spirituale si raduneranno all’ombra dei principi portati da Bahá’u’lláh.

Duecento anni fa nasceva Bahá’u’lláh, straordinario personaggio vissuto in Persia nell’800 che, in un ambiente fortemente ostile a ogni cambiamento, portò un messaggio pacifico ma profondamente innovatore, ricco di insegnamenti che, applicati, possono portare l’intera umanità verso traguardi di giustizia, unità e quindi di pace. Nata in Iran nel 1863, la Fede bahá’í si è rapidamente diffusa in tutto il mondo e, con i suoi otto milioni di fedeli e la sua presenza in almeno 236 Paesi, è divenuta la religione geograficamente più diffusa al mondo dopo il Cristianesimo. Già da inizio anno, le celebrazioni del bicentenario sono in atto in tutto il mondo, salutate da tributi di leader politici locali e nazionali che hanno espresso la loro ammirazione per gli insegnamenti di Bahá’u’lláh sull’unità del genere umano e sulla pace, che vengono particolarmente apprezzati dalle società multi-razziali e multireligiose perché promuovono il dialogo e l’interazione tra persone di diverse religioni.

Tutti gli uomini sono stati creati per far avanzare una civiltà in continuo progresso
Bahá’u’lláh

Ieri si è tenuta una celebrazione nazionale alla Camera dei Deputati, organizzata dall’Assemblea Spirituale Nazionale dei Bahá’í d’Italia a cui hanno partecipato esponenti del mondo politico, religioso e accademico. Tra letture, interventi autorevoli e approfondimenti video, la comunità bahá’í ha illustrato cosa stanno facendo i fedeli in Italia e nel mondo.

 

Bahá’u’lláh

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.

Foto della tomba di Bahá’u’lláh

Mīrzā Ḥusain ‛Ali Nūrī (persianoمیرزا حسینعلی نوری‎‎; Teheran12 novembre 1817 – Acri29 maggio1892) è stato un mistico e profeta persiano; noto come Bahá’u’lláh (in araboبهاء الله ‎, Gloria di Dio), è il fondatore della Fede bahá’í, che si pone come l’ultima di una lunga serie di presunte rivelazioni divine manifestate nel corso dei secoli attraverso gli insegnamenti

Bahá’u’lláh_(Mírzá_Ḥusayn-`Alí_Núrí)_in_1868di KrishnaZoroastroBuddaMaometto[1][2]. Husain Nuri affermò che:

« Il benessere dell’umanità, la sua pace e la sua sicurezza saranno irraggiungibili, a meno che e finché la sua unità non sia saldamente stabilita. »
(Bahá’u’lláh, Spigolature dagli scritti., p.314.)

Si proclamò il promesso dal Bábismo ed il Messaggero di Dio per la realizzazione delle promesse escatologiche del Cristianesimo, dell’Islam e delle altre religioni rivelate, «l’educatore tanto atteso» dall’umanità[1][3]. Bahá’u’lláh a causa della sua dottrina subì l’imprigionamento e l’esilio da parte dell’Impero persiano e poi dalle autorità ottomane e il suo confino si concluse ad Acri in Palestina, dove nel 1892 morì ed è sepolto[1]. Scrisse diversi libri considerati sacri dai fedeli, i più importanti dei quali sono il Kitáb-i-Aqdas e il Kitáb-i-Íqán.

La famiglia

Bahaullah_from_miller-1868Husain Nuri nacque a Teheran da Mírzá Buzurg, nome con cui era noto Mírzá `Abbás-i-Núrí (persianoميرزا عباس نوري‎‎), noto calligrafo e ministro di corte membro dell’aristocraziapersiana, e da Khadíjih Khánum. Il padre ricoprì importanti incarichi governativi, ai quali sarebbe stato destinato anche Husain che, tuttavia giunto il momento, garbatamente rifiutò[4]. Husain si sposò tre volte, secondo un normale andamento dell’epoca in Iran, prima di statuire la monogamianel Kitáb-i-Aqdas, il libro delle sue leggi.

La prima moglie fu Ásíyih Khánum (آسیه خانم), figlia di un nobile persiano, che sposò a Teheran nel settembre-ottobre 1835, quando aveva diciotto anni e lei quindici. Dalla loro unione nacquero sette figli, dei quali solamente tre raggiunsero l’età adulta: ‘Abbás Effendi (18441921), che prenderà, dopo la morte del padre, la guida della comunità bahá’í (dal 1892 al 1921) con il titolo di `Abdu’l-Bahá, «Servo della Gloria»; Bahíyyih Khánum (18461932) e Mírzá Mihdí (18481870)[5].

La seconda moglie fu la cugina Fátimih Khánum che sposò a Teheran nel 1849 quando lui aveva trentadue anni e lei ventuno. Dalla loro unione nacquero sei figli, dei quali solo quattro raggiunsero l’età adulta: Samadíyyih (figlia morta nel 190405), Mírzá Muḥammad-`Alí (figlio, 18521937), Ḍíyá’u’lláh (figlia, 18641898) e Badí’u’lláh (figlio, 18681950)[5]. La terza moglie fu Gawhar Khánum che sposò a Bagdad poco prima del 1863, prima che rivelasse la propria missione religiosa[5]. I Bahai considerano solo il Bahá’u’lláh con Ásíyih Khánum e i loro figli come sacra famiglia, in quanto loro sostennero e seguirono costantemente la fede bahai [6].

Báb

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Báb.

Nel 1844, Siyyid Mírzá `Alí-Muhammad, che prese il titolo di Báb, affermò di essere l’atteso Mahdidell’Islam[7]. Il Báb diede origine a un movimento religioso, il Babismo, che si diffuse velocemente in tutto l’impero persiano, suscitando la viva e feroce opposizione del clero islamico[8]. Il Báb fu fucilato nel 1850, all’età di trentun anni in una piazza di Tabriz e la comunità religiosa che da lui prese il nome fu quasi interamente sterminata negli anni 18521853[8]. Nella maggior parte dei suoi scritti il Báb accennò a Colui che Dio renderà manifesto come al promesso dalle sacre scritture che avrebbe instaurato sulla Terra il regno di Dio e profetizzò la sua venuta come imminente[9].

Accettazione del Bábismo

Bahá’u’lláh ebbe notizia del Báb attorno ai 27 anni, tramite un contatto di Mullá Husayn, ne accettò la rivelazione e ne divenne uno dei più influenti sostenitori, prodigandosi per la diffusione del movimento specialmente nella sua provincia di origine[10]. Il prestigio che godeva fra la gente della sua provincia gli aprì molte porte e i suoi viaggi per diffondere i principi del Babismo ebbero un buon successo, anche nell’ambiente religioso tradizionale. Bahá’u’lláh, nell’estate del 1848, partecipò al congresso di Badasht nella provincia di Khorasan, dove 81 eminenti seguaci del Báb si incontrarono per 22 giorni.

In quel congresso si manifestarono due correnti di pensiero: una che voleva mantenere inalterata la legge islamica e l’altra che riteneva che con la rivelazione del Báb iniziava una nuova era, Bahá’u’lláh prese posizione per questa seconda linea che alla fine risultò vincente[11]. Quando il governo persiano mandò l’esercito contro un gruppo di seguaci del Báb, alla fine del 1848, Bahá’u’lláh cercò di raggiungere i bábisti ma fu preso e imprigionato prima che li potesse raggiungere[11]. Negli anni successivi i seguaci del Báb furono massacrati in diverse province della Persia[11].

L’attentato

Dopo la fucilazione del Báb, nel 1850, alcuni babisti, capeggiati da un certo Azim, complottarono di assassinare lo scià Nasser-al-Din Shah, per vendicare l’esecuzione del Báb[12]. Saputolo, Bahá’u’lláh, condannò l’idea di una tale follia, ma inutilmente: l’attentato ebbe luogo il 15 agosto 1852, ma senza successo[12]. Gli attentatori furono uccisi e nonostante avessero dichiarato di avere agito da soli si scatenò un pogrom contro l’intera comunità dei seguaci del Báb. Molti vennero uccisi, altri, compreso Bahá’u’lláh, furono imprigionati[12].

Fu a Teheran durante tale prigionia nel Siyáh-Chál (letteralmente pozzo nero, una ex cisterna per l’acqua) che Bahá’u’lláh ebbe diverse esperienze mistiche e una visione che gli indicò di essere il Messaggero di Dio la cui venuta era stata profetizzata dal Báb, ma celò tale evento e, solo dal 1863 in poi e molto gradualmente, rese partecipe dapprima la comunità babista e poi il mondo intero di tale avvenimento[13].

Dopo quattro mesi di prigionia, a seguito di pressioni dell’ambasciatore russo che ne chiedeva la liberazione e dopo che gli attentatori avevano confessato la propria responsabilità individuale ed esonerato ogni altro babista da qualsiasi complicità nell’attentato, Bahá’u’lláh fu liberato ed esiliato dalla Persia. Bahá’u’lláh, poteva accettare un’offerta di asilo in Russia, ma scelse di andare in esilio in Iraq, allora sotto il dominio ottomano. Nei primi giorni di aprile del 1853 Bahá’u’lláh e la sua famiglia arrivarono a Bagdad[12].

Baghdad

Il passaporto di Bahá’u’lláh, datato gennaio 1853

Il Báb, durante la sua prigionia nella fortezza di Chehriq, qualche tempo dopo il martirio di Quddús, scrisse nel 1849 una lettera intitolata Lawh-i Vasaya, considerata come il suo testamento, con la quale nominava Ṣubḥ-i Azal suo successore e guida della comunità babi dopo la sua morte, fino al momento in cui non sarebbe apparso “Colui che Dio renderà manifesto” (man yuẓhiruhu lláh, in arabo: من یظهر الله , e in persiano: مظهر کلّیه الهی ). Ṣubḥ-i Azal era il fratellastro del Bahá’u’lláh. Ma tra i due c’erano 14 anni di differenza, e il Bahá’u’lláh (33 anni) non fece fatica a controllare Ṣubḥ-i Azal (19 anni) mettendosi in mostra tra i seguaci del Bab per farsi riconoscere suo successore (nonostante il testamento del Bab).

Ṣubḥ-i Azal era riuscito a scampare alla sanguinosa repressione dei Babi a Tákur e, sotto mentite spoglie di derviscio, ad arrivare a Bagdad, dove visse nascosto col falso nome di Ḥájí ‘Alíy-i lás Furúsh, mantenendo i contatti con la comunità dei Babi tramite degli emissari chiamati “Testimoni del Bayán”.[14][15] Questo occultamento (come usanza degli shi’iti) permise al suo fratellastro Baha’u’llah di farsi avanti e mettersi in primo piano, benché durante il loro esilio a Baghdad, Baha’u’llah riconobbe a più riprese il rango di Ṣubḥ-i Azal come capo della comunità dei Babi, almeno nei primi tempi, tanto privatamente nelle sue lettere che pubblicamente.[16]

Baha’u’llah pretese di aver avuto nel 1852, nella prigione sotterranea di Siyah-Chal (“il buco nero”) a Teheran, un’esperienza mistica che lo rese cosciente del fatto di essere lui stesso “Colui che Dio renderà manifesto”, ma fu solamente nell’aprile del 1863 che annunciò la cosa agli altri Babi, mentre stava per lasciare Baghdad per Costantinopoli. La maggioranza dei Babi lo riconobbero come tale e diventarono seguaci della nuova religione da lui fondata: il Bahaismo. Ma Ṣubḥ-i Azal non riconobbe la sua pretesa come fondata, e una minoranza della comunità dei Babi lo seguì e gli restò fedele, nonostante le persecuzioni di cui era vittima da parte del governo persiano ed ora pure da parte dei seguaci di Baha’u’llah.

Kurdistan

Il 10 aprile 1854 Bahá’u’lláh lasciò la sua famiglia alle cure di suo fratello Mirza Musa e si recò con un compagno tra le montagne del Kurdistan, a nordest di Baghdad, vicino alla città di Sulaymaniyah[12]. Più tardi scrisse di aver voluto evitare, con la sua partenza, di essere motivo di contrasto e di disgregazione nella comunità babista e che questo ritiro non prevedeva ritorno[17]. Bahá’u’lláh visse da solo per due anni tra le montagne del Kurdistan, alla stregua di un derviscio e usando il nome di Darvish Muhammad-i-Irani[12][18].

Durante quel periodo Bahá’u’lláh suscitò interesse tra la gente e i notabili Sufi del posto che gradualmente ne apprezzarono il sapere e la saggezza, cercandone consiglio. Tra quelle montagne Bahá’u’lláh scrisse le Quattro valli e altre epistole. A Baghdad, nel frattempo, la comunità babista era caduta in confusione e nella disorganizzazione più ampia. Alcuni fedeli e la famiglia di Bahá’u’lláh ricercarono quindi Bahá’u’lláh e avendo appreso che tra le montagne del Kurdistan viveva un certo Darvish Muhammad, avendone intuito la reale identità, lo fecero supplicare di tornare a Baghdad[11]. Il 19 marzo 1856, dopo due anni di volontario esilio in Kurdistan Bahá’u’lláh tornò a Baghdad[12].

Ritorno a Baghdad

Spostamenti di Bahá’u’lláh’ durante l’esilio

Bahá’u’lláh operò per rivitalizzare la comunità dei fedeli anche con la corrispondenza e attraverso suoi scritti con cui illustrava e spiegava il pensiero del Báb[12]. La comunità, le autorità locali, e un numero crescente di fedeli guardò sempre più a lui come al vero leader del movimento religioso del Báb. Crebbero la simpatia nei suoi confronti anche da parte del clero sunnita e la sua influenza in città fiorì, ma al contempo aumentò la diffidenza del clero e dei rappresentanti del confinante governo persiano[19].

Bahá’u’lláh rimase a Baghdad sette anni dopo il suo ritorno dalle montagne di Sulaymaniyah e durante tale soggiorno preparò la gente alla dichiarazione di essere il Messaggero di Dio atteso, anche in compimento della profezia del Báb. A Bagdad Bahá’u’lláh produsse molti scritti toccando i più svariati temi, tra cui molte epistole e diversi passi, il Libro della Certezza, le Parole celate e le Gemme dei Misteri Divini[12]. Il governo persiano, informato della sua crescente influenza richiese al governo ottomano l’estradizione di Bahá’u’lláh in Persia, ma il governo ottomano rifiutò decidendo invece di spostarlo a Costantinopoli[12].

Dichiarazione del Ridván

Il tempo per preparare quest’ulteriore allontanamento da Bagdad a Costantinopoli di Bahá’u’lláh, della sua famiglia e di alcuni fedeli seguaci, fu di dodici giorni, dal 21 aprile al 3 maggio 1863[8][20]. Nel primo di questi dodici giorni, il 21 aprile 1863, Bahá’u’lláh rivelò ai seguaci presenti la sua missione di Messaggero di Dio.

« [Dichiarò] di essere Colui la cui venuta era stata predetta dal Báb: il Prescelto da Dio, il Promesso da tutti i Profeti! »
([21])

Il giardino dove trascorse quei 12 giorni e in cui avvenne tale rivelazione è noto ai Bahá’í come il Giardino di Ridván e riveste per i bahá’í un grande valore simbolico oltre che spirituale[8]. La Dichiarazione nel giardino di Ridván fu l’inizio di una nuova fase per la comunità babista e costituì il punto di partenza della Fede bahá’í come movimento distinto e separato dal Babismo[12]. La Dichiarazione ed il periodo dei dodici giorni trascorsi da Bahá’u’lláh nel giardino vengono commemorati e celebrati come la festa di Ridván, la Festività più grande della fede bahá’í.

Prigionia

A Bahá’u’lláh fu dato, dalle autorità ottomane, l’ordine di trasferirsi a Costantinopoli e, sebbene non fosse formalmente prigioniero, tale esilio forzato da Baghdad fu l’inizio di un altro periodo che lo avrebbe visto subire altri esilii e alla fine giungere nella colonia penale di Acri, l’attuale San Giovanni d’Acri[8].

Costantinopoli

Lo spostamento di Bahá’u’lláh, accompagnato dai membri della sua famiglia e da un gruppo di seguaci, da Baghdad a Costantinopoli durò oltre tre mesi, dal 3 maggio al 17 agosto 1863[12]. Durante quel viaggio fu trattato con grande rispetto in ogni città che attraversò e, arrivato a Costantinopoli, fu considerato come ospite del governo, ma non è chiaro il perché le autorità ottomane non consentirono la sua estradizione in Persia preferendo inviarlo nella loro capitale[12].

Il motivo potrebbe essere stato di natura politica, vista la grande influenza sociale che Bahá’u’lláh aveva assunto, sebbene avesse sempre rifiutato di collaborare alla politica delle autorità ottomane[12]. Dopo più di tre mesi di soggiorno a Costantinopoli gli fu ordinato di spostarsi ad Adrianopoli, sempre a seguito di pressioni dell’ambasciatore persiano e per la sua mancata collaborazione con le autorità[12].

Adrianopoli

Nei giorni dal 1 al 12 dicembre 1863 Bahá’u’lláh e la sua famiglia si trasferirono ad Adrianopoli, un trasferimento che, a differenza del precedente da Bagdad a Costantinopoli, ebbe tutte le caratteristiche dell’esilio[12]. Bahá’u’lláh rimase ad Adrianopoli quattro anni e mezzo, assumendo apertamente la leadership della locale comunità babista[12][22].

La crescente autorevolezza di Bahá’u’lláh nella comunità e nella città portò alla definitiva rottura con Mírzá Yahyá[12]. Nel 1865 Mírzá Yahyá complottò, senza successo, per l’uccisione di Bahá’u’lláh, che rispose a tali tentativi consigliando ai credenti’ “pazienza, tranquillità e gentilezza”‘[12]. Ma molte testimonianze degne di fede mostrano al contrario che furono i Baha’i che assassinarono degli Azali.[23][24] I Baha’i sostengono che ciò accadde malgrado la proibizione formale di Baha’u’llah, il quale fu interrogato al proposito dalle autorità ottomane e rilasciato dopo aver dichiarato la propria innocenza,[25][26] ma gli Azali non accettano questa versione baha’i dei fatti e sostengono quella di Ṣubḥ-i Azal data da E.G. Browne, o una sua variante molto simile.[27]

Dopo quegli avvenimenti, nel 1866 Bahá’u’lláh divulgò ampiamente di essere Colui che Dio renderà Manifesto, dandone comunicazione ufficiale e scritta a Mírzá Yahyá e distinguendo per la prima volta i suoi seguaci come il Popolo di Baha[12]. Dopo l’evidenza di tale ribadito annuncio, Bahá’u’lláh invitò i babisti a scegliere tra lui e Mírzá Yahyá, il quale essendo ancora il leader nominale del movimento babista, vide sfumare definitivamente ogni sua ambizione di leadership essendo chiaramente apparso Colui che Dio renderà Manifesto per iniziare una nuova fede religiosa[11].

Mírzá Yahyá rispose rivendicando di essere lui il profetizzato dal Báb, ma il suo tentativo risultò largamente impopolare ed ebbe inadeguato seguito, rimase solo con una piccola minoranza[28]. Bahá’u’lláh fu così, riconosciuto dalla maggioranza della comunità come Colui che Dio renderà Manifesto e i suoi seguaci iniziarono a chiamarsi Bahá’í[11].

Lettere ai governanti

Durante il suo soggiorno ad Adrianopoli Bahá’u’lláh si dedicò alla proclamazione della sua missione, sia con scritti che tramite suoi inviati. Diede istruzioni ad alcuni suoi seguaci di far conoscere la Sua Rivelazione a quei babisti dell’Iraq e della Persia che non ne avevano avuto notizia e al contempo chiese ai bahá’í di impegnarsi per una maggiore unità[12]. Sempre in questo periodo Bahá’u’lláh proclamò l’avvento della Fede bahá’í anche con lettere a Re e governanti del mondo chiedendo loro di accettare la Sua Rivelazione, rinunciando agli effimeri benefici materiali, lavorando invece per comporre le dispute tra le genti e per migliorare le cose del mondo e dei suoi popoli, riducendo gli armamenti[12].

Acri

Prigione di Bahá’u’lláh ad Acri

Il conflitto tra i partigiani del Bahá’u’lláh e quelli di Ṣubḥ-i Azal divenne così violento e sanguinario che il governo ottomano decise finalmente di separarli, mandando un gruppo con Ṣubḥ-i Azal à Famagosta nell’isola di Cipro, e un altro gruppo con Bahá’u’lláh nella colonia penitenziaria di San Giovanni d’Acri (ʿAkká) in Palestina[29]. Lasciarono Andrianopoli il 12 d’agosto del 1868, (22º giorno di Rabí’u ‘l-Thání 1285 E).

Dopo che Cipro passò sotto il controllo britannico, Ṣubḥ-i Azal venne liberato, ma poiché temeva di essere assassinato dai Baha’i se fosse andato in Palestina o dai Musulmani se fosse tornato in Persia. Ṣubḥ-i Azal rimase dunque a Cipro, libero, e l’Impero britannico continuò a versargli la pensione che gli era stata versata fino ad allora dalla Sublime Porta ottomana come prigioniero di Stato. Durante tutti questi anni di esilio, gli Azali vissero tra di loro e sotto stretta sorveglianza, e Ṣubḥ-i Azal non fece mai del proselitismo poiché non voleva avere di problemi col governo. Gli abitanti di Famagosta lo consideravano come un santuomo musulmano e sembrava vivere come loro.

Bahá’u’lláh, la sua famiglia e i suoi seguaci lasciarono Adrianopoli il 12 agosto 1868 e dopo un viaggio per terra e per mare, attraverso Gallipoli in Turchia, e l’Egitto arrivarono ad Acri il 31 agosto e furono confinati in alcune caserme della Cittadella[12]. Agli abitanti di Acri fu detto che i nuovi prigionieri erano nemici dello Stato, di Dio e della religione e che ogni familiarizzazione con loro era rigorosamente vietata[12]. Le condizioni di vita durante il primo anno di soggiorno ad Acri furono molto dure e difficili: molti si ammalarono e tre Bahá’í morirono[12].

Col tempo però la gente e i funzionari governativi iniziarono ad apprezzare e a rispettare Bahá’u’lláh e i bahá’í, conseguentemente le condizioni della prigionia migliorarono, e infine, dopo la morte del sultano `Abdu’l-`Aziz fu permesso anche a Bahá’u’lláh di visitare i dintorni e di lasciare la città[12]. Dal 1877 fino al 1879 Bahá’u’lláh visse nella casa chiamata di Mazra’ih[12]. Anche da Acri Bahá’u’lláh scrisse altre lettere annunciando la sua missione ai leader del mondo inclusi:

Ultimi anni

Bahjí

Villa di Bahjí

Bahá’u’lláh trascorse gli ultimi anni della propria vita (18791892) nella Villa di Bahjí, appena fuori Acri, sebbene fosse ancora formalmente un prigioniero dell’Impero Ottomano[12]. Durante tale periodo, fu soprattutto il figlio maggiore `Abdu’l-Bahá che si occupò dell’attività amministrativa e organizzativa della comunità, mentre Bahá’u’lláh rivelò diverse opere compreso il Kitáb-i-Aqdas, il libro delle sue leggi, oltre a diversi scritti sulla sua visione di un mondo unito e sulle necessità di un cambiamento etico nella società; rivelò anche diverse preghiere[12]. Il 9 maggio 1892 Bahá’u’lláh contrasse una leggera febbre che crebbe nei giorni successivi fino a portarlo alla morte il 29 maggio. Bahá’u’lláh fu sepolto nel santuario situato vicino alla Villa di Bahjí[30].

Fotografie e immagini

Mīrzā Ḥusain ‛Ali Nūrī, meglio noto come Bahá’u’lláh (1868).[31]

Ci sono due foto conosciute di Bahá’u’lláh, entrambe fatte nella stessa occasione nel 1868 durante la sua permanenza a Adrianopoli (oggi Edirne). Quella in cui mira alla macchina fotografica fu presa a scopo del rilascio del passaporto e può essere ritrovata nel libro di William Miller sulla Fede bahá’í. Copie di entrambe le foto sono al Centro Mondiale bahá’í e una di queste è esposta negli Archivi Internazionali dove i bahá’í possono vederla nell’ambito di un pellegrinaggio organizzato. Al di là di questo tipo di esperienza i bahá’í preferiscono non vedere la sua foto in pubblico, o mettere foto sue nelle loro abitazioni e le istituzioni bahá’í incoraggiano l’uso dell’immagine della tomba di Bahá’u’lláh al posto di questa.

L’immagine di Bahá’u’lláh in se stessa non è offensiva per i bahá’í. Tuttavia è richiesto ai bahá’í di trattare l’immagine di ogni manifestazione di Dio con il più grande rispetto. Questa è la ragione per cui non hanno cercano di non avere raffigurazioni di Gesù Cristo o Mohammad e non rappresentano ne’ l’uno ne’ l’altro in lavori artistici di tipo teatrale o cinematografico. Le copie summenzionate delle foto di Bahá’u’lláh sono fatte vedere solamente in occasioni di grande importanza come le sei conferenze mondiali che vennero organizzate nell’ottobre del 1967 che commemoravano l’anniversario della scrittura del libro Suriy-i-Mulúk (la tavola ai re) uno dei più importanti lavori di Bahá’u’lláh.

La successione

Bahá’u’lláh nominò con il suo testamento, il figlio `Abdu’l-Bahá come successore ed interprete dei suoi scritti[32][33][34]. La nomina di `Abdu’l-Bahá creò nuove gelosie in seno alla famiglia e il fratellastro Mírzá Muhammad `Alí, che Bahá’u’lláh aveva indicato fosse subordinato ad `Abdu’l-Bahá, covò un risentimento che sfociò in aperta ribellione al fratello; la sua azione tuttavia non ebbe alcun esito poiché la comunità riconobbe la successione di `Abdu’l-Bahá, che oltre tutto si era dimostrato molto capace e devoto[12].

Opere

Bahá’u’lláh scrisse molti libri, tavole, lettere e preghiere, di cui solo una parte è stata tradotta in lingue occidentali. Le opere di Bahá’u’lláh trattano molti e diversi temi, religiosieticipolitici, con tavole, preghiere, leggi e insegnamenti morali.

Tutte le sue opere sono considerate dai Bahá’í come rivelazione divina, anche quelle scritte prima dell’annuncio della sua missione e tutte assieme costituiscono la base essenziale della letteratura bahai. Tra le sue opere più note si evidenziano Le parole celate, il Kitáb-i-Aqdas, il Kitáb-i-Íqán. Shoghi Effendi curò una selezione scelta di alcune tavole di Bahá’u’lláh e di altri suoi scritti che fu pubblicata col titolo di Spigolature dagli scritti di Bahá’u’lláh.

Note

  1. ^ a b c Christopher Buck, op. cit. in bibliografia, p. 143-178
  2. ^ Bahismo su Enciclopedia online Treccani. Accesso 03-02-2017
  3. ^ J. E. Esslemont, op. cit. in bibliografia, p. 7
  4. ^ J. E. Esslemont, op. cit., p. 33.
  5. ^ a b c Adib Taherzadeh, op. cit. in bibliografia p. 13.
  6. ^ Adib Taherzadeh, op. cit., p. 22.
  7. ^ J. E. Esslemont, op. cit., p. 19-25.
  8. ^ a b c d e J. E. Esslemont, ibidem.
  9. ^ J. E. Esslemont, ibidem, p. 27.
  10. ^ Hasan Balyuzi, Op. cit. in bibliografia, pp. 35-37.
  11. ^ a b c d e f Juan Cole, A Brief Biography of Baha’u’llah
  12. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z aa ab ac ad Peter Smith, op. cit. in bibliografia, pp. 14-15.
  13. ^ Manfred Hutter, op. cit. in bibliografia, pp. 737-740.
  14. ^ Denis MacEoin, “Division and authority claims in Babism (1850-1866)”, Studia iranica, Parigi, t. 18, fasc. 1, 1989, pp. 93-129.
  15. ^ Cambiando spesso di identità, di professione e di luogo di residenza, Ṣubḥ-i Azal non faceva altro che seguire le raccomandazioni del Báb, nascondendosi per sopravvivere alle persecuzioni. Vedi: Adib Taherzadeh, La Révélation de Baha’u’llahvolume 1, chapitre 15, Maison d’Editions Bahá’íes, Bruxelles, ISBN 2-87203-280-8
  16. ^ “Baha’u’llah’s Surah of God: Text, Translation, Commentary”, tradotto da Juan Cole, Translations of Shaykhi, Babi and Baha’i Texts, 2002, vol. 6, n° 1.
  17. ^ Bahá’u’lláh, op. cit. in bibliografia, p. 160.
  18. ^ Hasan Balyuzi, op. cit., p. 116.
  19. ^ Britannica Book of the Year, The Bahá’í Faith, Chicago, Encyclopaedia Britannica, 1988. ISBN 0-85229-486-7
  20. ^ Questi giorni sono commemorati annualmente dai Bahá’í come la Festa del Ridvan, una festa molto sentita.
  21. ^ J. E. Esslemont, op. cit., 41.
  22. ^ Anthony A. Reitmayer, op. cit. in bibliografia.
  23. ^ “At first now a few prominent Babis, including even several “Letters of the Living” and personal friends of the Bab, adhered faithfully to Subh-i-Ezel. One by one these disappeared, most of them, as I fear cannot be doubted, by foul play on the part of too zealous Beha’is. Haji Seyyid Muhammad of Isfahan, one of the Bab’s “Companions” (aṣhab). Mirza Riza-Kuli and his brother Mirza Nasru’llah of Tafrish, Aka Jan Beg of Kashan, and other devoted Ezelis, were stabbed or poisoned at Adrianople and Acre. Two of the “Letters of the Living”, Aka Seyyid ‘Ali the Arab, and Mulla Rajab ‘Ali Kahir, were assassinated, the one at Tabriz, the other at Kerbela. The brother of the latter, Aka ‘Ali Muhammad, was also murdered in Baghdad; and, indeed, of the more prominent Babis who espoused the cause of Ezel, Seyyid Jawad of Kerbela (who died at Kirman about 1884) seems to have been almost the only one, with the exception of Ezel himself, who long survived what the Ezelis call “the Direful Mischief” (fitna-i saylam).” The Tarikh-i Jadid, or New History of Mirza ‘Ali Muhammad the Bab,scritta da Mirza Huseyn d’Hamadan, tradotta dal persiano in inglese da E. G. Browne, Cambridge, 1893, pp. XXIII-XXIV.
  24. ^ “Just before the departure [for Cyprus and Acre], Mirza Nasrullah of Tafresh was poisoned by Bahaâ’s men. The other three followers of Subh-i Azal were murdered by Bahaâ’s men and at his behest shortly after their arrival in Acre. The Ottoman officials arrested the murderers and imprisoned them. These were released after a while after Abbas Effendi (Bahaâ’s eldest son) interceded. Professor Browne has confirmed the murder of the Azalis at the hands of Bahais in his book A Year Amongst the Persians“. Atiyya Ruhi, “A Brief Biography of His Holiness Subh-i Azal”.
  25. ^ “Bien qu’il eût rigoureusement interdit à ses fidèles, à plusieurs reprises, toute action de représailles, verbale ou écrite, contre leurs bourreaux – il avait même renvoyé à Beyrouth un Arabe converti, irresponsable, qui méditait de venger les torts soufferts par son chef bien-aimé -, sept de ses compagnons recherchèrent et tuèrent clandestinement trois de leurs persécuteurs, parmi lesquels Siyyid Muhammad et Àqà Jàn. La consternation qui s’empara d’une communauté déjà accablée fut indescriptible. L’indignation de Bahá’u’lláh ne connut plus de bornes. Dans une tablette révélée peu de temps après cet acte, Bahá’u’lláh exprime ainsi son émotion: “S’il nous fallait raconter tout ce qui nous est arrivé, les cieux se fendraient et les montagnes s’écrouleraient.” “Ma captivité”, écrit-il ailleurs, “ne peut me faire de mal. Ce qui peut me faire du mal, c’est la conduite de ceux qui m’aiment, qui se réclament de moi et qui, pourtant, commettent ce qui fait gémir mon cœur et ma plume.” Et il ajoute: “Ma détention ne peut m’apporter aucune honte. Et même, par ma vie, elle me confère de la gloire. Ce qui peut me faire honte, c’est la conduite de ceux de mes disciples qui font profession de m’aimer et qui, en fait, suivent pourtant le malin. Il était en train de dicter ses tablettes à son secrétaire lorsque le gouverneur arriva à la tète de ses troupes qui, sabres au clair, entourèrent sa demeure.[…] Bahá’u’lláh fut convoqué d’une manière impérative au siège du gouvernement, interrogé et détenu la première nuit, avec l’un de ses fils, dans une chambre du Khàn-i-Shàvirdi; transféré pour les deux nuits suivantes dans un logement plus convenable, au voisinage, il ne fut autorisé à regagner son domicile que soixante-dix heures plus tard. […] “Est-il convenable”, s’enquit avec insolence le commandant de la ville, se tournant vers Bahá’u’lláh lorsqu’il arriva au siège du gouvernement, “que certains de vos disciples se conduisent de la sorte?’, “Si l’un de vos soldats”, répliqua promptement Bahá’u’lláh, “Commettait un acte répréhensible, seriez-vous tenu pour responsable et puni à sa place?”. Lors de son interrogatoire, on lui demanda de décliner son nom et celui du pays d’où il venait. “Ceci est plus évident que le soleil’, répondit-il. On lui posa de nouveau la même question à laquelle il donna cette réponse: “je ne juge pas à propos d’en parier. Reportez-vous au farmàn du gouvernement qui se trouve entre vos mains.” Une fois de plus, avec une déférence marquée, ils réitérèrent leur demande, sur quoi Bahá’u’lláh prononça, avec puissance et majesté, ces paroles: “Mon nom est Bahá’u’lláh” (Lumière de Dieu), “et mon pays est Nour” (Lumière). “Soyez-en informés.” Se tournant alors vers le mufti, il lui adressa des reproches voilés, puis il parla à toute l’assemblée dans un langage si véhément et si élevé que nul n’osa lui répondre. Après avoir cité des versets de la Sùriy-i Mùlùk, il se leva et quitta l’assemblée. Aussitôt après, le gouverneur lui fit savoir qu’il était libre de retourner chez lui, en exprimant ses regrets pour ce qui s’était passé.” citazione di “Dieu passe près de nous”, pp. 181-183 cap. XI
  26. ^ “Well, one night about a month after their arrival at Acca, twelve Bahais (nine of whom were still living when I was at Acca) determined to kill them and so prevent them from doing any mischief. So they went at night, armed with swords and daggers, to the house where the Azalis lodged, and knocked at the door. Aga Jan came down to open to them, and was stabbed before he could cry out or offer the least resistance. Then they entered the house and killed the other six. In consequence, the Turks imprisoned Baha and all his family and followers in the caravanserai, but the twelve assassins came forward and surrendered themselves, saying, ‘ We killed them without the knowledge of our Master or of any of the brethren. Punish us, not them.'” citazione da “Bahaism and Religious assassination” di S.G. Wilson in Muslim World, Volume 4, Issue 3, p. 236, Londres, 1914 (Published for The Nile Mission Press by the Christian Litérature Society for India 35 John Street, Bedford Row, W.C.)
  27. ^ “The Baha’i religion has not proven to be very paceful in its propagation so far. Its own history proves the contrary! The early Bábis waged war openy against their opponents, and when Bahá'[u’lláh] declared himself to be head of the movement it became a secret warfare by assassinating his opponents with either poison, bullet or dagger,: no less than twenty of the most learned and oldest of the Bábis, including many of the original “Letters of the Living”, where thus removed. It was said that Bahá'[u’lláh] did not order these assassinations. No, but he was well pleased with them, and the perpetrators, for be promoted them to higher names and ranks. One of them received the following encouragement from Bahá'[u’lláh] for stealing £ 350 in money from one of his antagonists: “O phlebotomist of the Divine Unity! Throb like the artery in the body of the Contingent World, and drink of the blood of the “Block of Heedlessness” for that he turned aside from the aspect of thy Lord the Merciful!” August J. Stenstrand, The Complete Call to the Heaven of the Bayan, Chicago, 2006, p. 112 (pubblicato per la prima volta nel giugno 1913)
  28. ^ Dennis MacEoin, op. cit.
  29. ^ “Dissensions naturally arose, which culminated in the interference of Turkish government and the final separation of the rival heads. Subh-i-Azal was sent to Famagusta in Cyprus, and Baha’ullah to Akka in Palestine, and there they remain to the present day, the former surrounded by a very few, the latter by many devoted adherents. Less than a year ago I visited both places, and heard both sides of a long and tangled controversy. But the upshot of the whole matter is, that out of every hundred Bábis probably not more than three or four are Azalis, all the rest accepting Baha’ullah as the final and most perfect manifestation of the Thruth.” E. G. Browne, “Bábism”, in: August J. Stenstrand, The Complete Call to the Heaven of the Bayan, Chicago, 2006, pp. 49-50
  30. ^ Hasan Balyuzi, op. cit., p. 328.
  31. ^ La pubblicazione delle immagini di Bahá’u’lláh è ritenuta irrispettosa dai fedeli bahà’i, secondo i quali va messa in risalto solo e soltanto la realtà espressa dai suoi insegnamenti. La posizione del Centro Mondiale Bahai in merito alla pubblicazione delle foto di Bahá’u’lláh fu espressa nella nota ufficiale del 4 settembre 1999 qui riportata: For Bahá’ís, the photograph of Bahá’u’lláh is very precious and it should not only be viewed but also handled with due reverence and respect, which is not the case here. Thus, it is indeed disturbing to Bahá’ís to have the image of Bahá’u’lláh treated in such a disrespectful way. However, as the creator of the site is not a Bahá’í, there is little, if anything, that can be done to address this matter. We hope these comments have been of assistance. Office for Public Information Bahai
  32. ^ J. E. Esslemont, op. cit., p. 53.
  33. ^ Moojan Momen, op cit. in bibliografia, pp.97-98.
  34. ^ Alessandro Bausani, op cit. in bibliografia.

Bibliografia

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  • Bahá’u’lláh, Kitáb-i-Íqán. The Book of Certitude. Wilmette, Illinois, Bahá’í Publishing Trust 2003. ISBN 1-931847-08-8.
  • Hasan Balyuzi, Bahá’u’lláh, King of Glory. Oxford, UK, George Ronald, 2000. ISBN 0-85398-328-3.
  • Alessandro Bausani, ‘Abd-al-Bahā’, Life and work, in Encyclopædia Iranica, 1989.
  • Christopher Buck, The eschatology of Globalization. The multiple-messiahship of Bahā’u’llāh revisited, in Moshe Sharon, Studies in Modern Religions, Religious Movements and the Bābī-Bahā’ī Faiths. Boston, Brill, 2004. ISBN 90-04-13904-4.
  • J. E. Esslemont, Bahá’u’lláh e la nuova era. Roma, Edizioni Bahai, 1954.
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  • Anthony A. Reitmayer, Adrianople – Land of Mystery. Istanbul, Bahai Publishing Trust, 1992.
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  • Peter Smith, The Bábí & Bahá’í Religions From Messianic Shí’ism to a World Religion. Cambridge, The University Press 1987. ISBN 0-521-30128-9.
  • Adib Taherzadeh, The Revelation of Bahá’u’lláh. Baghdad 1853-63. Oxford, George Ronald 1976. ISBN 0-85398-270-8.

Voci correlate

Collegamenti esterni