Si tiene in Gran Guardia, dall’11 aprile al 16 agosto 2015, la mostra 'Arte e vino', con il patrocinio di Expo Milano 2015. La mostra porta in esposizione quasi 170 opere, provenienti da circa 90 prestatori italiani e stranieri, in un percorso tra le rappresentazioni – pittura, scultura, arti decorative – del vino nell’arte, dal Cinquecento al Novecento. La mostra propone quindi un affascinante e intenso dialogo tra le creazioni artistiche italiane e quelle di artisti stranieri che hanno avuto uno stretto rapporto con l’Italia, sia culturale sia di vera e propria frequentazione. Tra gli artisti in mostra: Lorenzo Lotto, Tiziano, Guido Reni, Luca Giordano, Annibale Carracci, Peter Paul Rubens, Jusepe Ribera, Nicolas Poussin, Jacob Jordaens, Giovanni Battista Tiepolo, Gaspar van Wittel, Boccioni, Depero, Balla, Guttuso, Picasso. Pittura

Arte e vino, 170 opere in mostra alla Gran Guardia


Palazzo della Gran Guardia
11 aprile – 16 agosto 2015
Ingresso gratuito disabili

Si tiene in Gran Guardia, dall’11 aprile al 16 agosto 2015, la mostra ‘Arte e vino’, con il patrocinio di Expo Milano 2015.

La mostra porta in esposizione quasi 170 opere, provenienti da circa 90 prestatori italiani e stranieri, in un percorso tra le rappresentazioni – pittura, scultura, arti decorative – del vino nell’arte, dal Cinquecento al Novecento. La mostra propone quindi un affascinante e intenso dialogo tra le creazioni artistiche italiane e quelle di artisti stranieri che hanno avuto uno stretto rapporto con l’Italia, sia culturale sia di vera e propria frequentazione.

Tra gli artisti in mostra: Lorenzo Lotto, Tiziano, Guido Reni, Luca Giordano, Annibale Carracci, Peter Paul Rubens, Jusepe Ribera, Nicolas Poussin, Jacob Jordaens, Giovanni Battista Tiepolo, Gaspar van Wittel, Boccioni, Depero, Balla, Guttuso, Picasso.

Si accende una nuova luce su un tema – il vino – la cui storia antichissima abbraccia le grandi civiltà del passato e ha radici profonde nella tradizione italiana, ha segnato indelebilmente anche la nostra cultura artistica ed è divenuto soggetto ispiratore di grandi maestri.
La mostra diviene così un viaggio affascinante che nasce dall’incrocio tra due eccellenze, due punte di diamante della nostra cultura e della nostra storia, due simboli dell’Italia nel mondo: l’arte e il vino.
La mostra propone un affascinante e intenso dialogo tra le creazioni artistiche italiane e quelle di artisti stranieri che hanno avuto uno stretto rapporto con l’Italia, sia culturale sia di vera e propria frequentazione.
Il rapporto tra vino, arte, cultura e tradizione in Italia, e in generale in occidente, è antichissimo. I greci avevano divinità specifiche come Dioniso e i satiri e il vino era un elemento indispensabile dei simposi, i raffinati banchetti cui partecipavano anche filosofi e intellettuali, che ebbero un ruolo fondamentale nella nascita del pensiero e della cultura antica.
Dall’antica Grecia la cultura del vino si diffuse in tutto il Mediterraneo e alla penisola italiana, al sud con le colonie della Magna Grecia e al centro nord con gli Etruschi, grandi ammiratori dello stile di vita greco. La penisola italiana venne chiamata Enotria, ossia “terra del vino”, a riprova della grande vocazione vitivinicola del territorio e del clima.
romani raccolsero il testimone, diffondendo e sistematizzando la coltivazione della vite in tutti i territori che andavano conquistando. Il vino divenne uno dei prodotti più importanti dell’alimentazione e dell’economia dell’antica Roma.
Con il Medioevo e la diffusione del cristianesimo il vino si caricò di ulteriori valori e profonde simbologie. Vite e vino hanno un importante ruolo nei Vangeli e durante la messa il vino si tramuta addirittura nel sangue di Cristo. Nei secoli bui dell’alto medioevo la diffusione dei monasteri sul territorio garantì la conservazione e lo sviluppo di una variegata tradizione viticola.
Il vino continuò ad essere cosiderato un alimento nell’Italia agricola e artigiana delle epoche successive, importante fonte di calorie di una dieta povera e sollievo dalle fatiche del duro lavoro nei campi per il popolo, raffinato piacere per le elite che continuavano la tradizione greca dei simposi. 
Con l’epoca moderna e il cambiamento degli stili di vita, soprattutto a partire dal secondo dopoguerra, il vino si è andato trasformando per tutti in un piacere da degustare e non più da bere, e la ricchissima e complessa produzione italiana è andata sempre più orientandosi verso la qualità e l’eccellenza e valorizzando la formidabile e unica biodiversità italiana, con circa 1000 diverse varietà di uva.
Questo lungo preambolo per sottolineare come il vino non sia una semplice bevanda ma nel corso dei millenni si sia caricato di importanti e complessi valori simbolici e culturali. Non deve sorprendere quindi che vite, uva e vino si ritrovino spessissimo all’interno di opere d’arte, dai calici e coppe greche, in affreschi e sculture romane, fra le decorazioni di chiese paleocristiane e pievi romaniche fino ai dipinti rinascimentali e barocchi. E proprio questa stretta relazione tra arte e rappresentazione artistica sarà il tema portante della mostra.

Biglietti:

  • intero 12,00 euro (con audioguida compresa)
  • ridotto visitatori individuali 9,00 euro (con audioguida compresa)
  • ridotto gruppi 9,00 euro
  • biglietto famiglia
    • 1 adulto + 1 bambino 16,50 euro
    • 1 adulto + 2 bambini 20,00 euro
  • scuole 4,50 euro a bambino
  • gratuito bambini fino ai 6 anni, un accompagnatore per ogni gruppo, disabili, due insegnanti accompagnatori per classe, guide turistiche con patentino

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Arte e vino, in una sola mostra due grandi eccellenze italiane

Dipinti, sculture, oggetti preziosi Un vero brindisi alla bellezza in un percorso tra i secoli e i temi: dalla mitologia alla religione

venerdì 01 maggio 2015 NAZIONALE, pagina 9

La mostra Arte e Vino, promossa da Comune di Verona, Provincia autonoma di Trento, Veronafiere, Museo Ermitage di San Pietroburgo, Mart di Rovereto, con la collaborazione dei Musei d’arte di Verona, continua alla Gran Guardia con il patrocinio di Expo. Impegnativo il proposito di unire la storia del vino e della viticoltura, tema fondante della civiltà, alla sua rappresentazione artistica attraverso dipinti e altre forme d’arte.
Villaggio Globale e Skira editore, che hanno prodotto e organizzato la mostra, i suoi curatori Annalisa Scarpa e Nicola Spinosa, a cui va anche il merito del bel catalogo, hanno raccolto la sfida creando un percorso cadenzato in vari settori, a sequenza cronologica, seppure con qualche obbligatorio e intelligente slittamento tra un tema e l’altro e tra un periodo e l’altro, dalle origini mitiche del vino e dell’uva, alla sua evoluzione nelle diverse età della storia fino alla technè: la produzione, la raccolta, la vinificazione.
Una successione di dipinti, sculture e reperti archeologici, manufatti preziosi per contenere e bere i vini, senza scivolare nell’antropologia, ma veleggiando abilmente sull’orlo di questa. Su cui si concentra invece l’interessantissimo saggio in catalogo di Attilio Scienza Il Mediterraneo, la culla della civiltà del vino in Europa. Una ricchezza espositiva a cui a volte sembra di soccombere, ma che offre l’opportunità di scegliere ciò che più si riconosce e piace, per conservarlo nella memoria. Così si vanno individuando opere di Francesco e Leandro Bassano, di Annibale Carracci, Jusepe de Ribera, Luca Giordano, Claude Lorrain, Lorenzo Lotto — nella sua fase di più introversa religiosità, con il suo Sacrificio di Melchisedech, proveniente dall’Museo Antico Tesoro di Loreto — Nicolas Poussin, Sebastiano Ricci, Guido Reni, Rubens , Tiziano, inframmessi a minori che sono stati ricercati e scovati in luoghi e piccoli musei nascosti, ignoti ai più. Altro merito dei curatori. Con gli occhi e con la passione si cercano il Bacco degli Uffizi o il Bacchino Malato di Caravaggio della Galleria Borghese. Ma quelli sono è rimasti a casa loro.
Tutto comincia, proprio all’inizio dei tempi, con Noè che pianta la vite. L’episodio fondante è tracciato nel super testo di Carlo Bertelli dedicato a Sacralità della vite e del vino. Noè invece lo incontriamo ubriaco, che giace addormentato seminudo mentre uno dei figli, Cam, lo irride, dannandosi con questo empio gesto alla maledizione. L’altro, Sem, con rispetto lo copre. Ecco Lot e le sue figlie: l’ebbri di vino compiono incesto, ma non vengono condannati perché inconsapevoli.
Dall’Antico Testamento al Nuovo, con il racconto dell’ultima cena, dove il vino diventa sangue di Cristo. Il calice appare anche in un’inconsueta crocifissione, dove il Cristo lo tiene in mano. Dove l’hanno trovata i curatori? Al Museo Nazionale di Varsavia ed è stato dipinto da Cornelis de Cornelisz van Haarlem nel 1591-’92. Un’altra, curiosissima, raffigurazione è quella di un pittore nordico che immagina, tra il sacro e il profano, un Cristo vendemmiatore nell’atto di pigiare l’uva aiutato dagli apostoli.
Si avvia fin dalla prima sequenza della mostra il tema dell’ambiguità della mitica bevanda: gli effetti benefici e vitali del vino versus gli effetti eccessivi e malefici. La mitologia pagana ispira una sequenza spettacolare di opere che mettono in scena i tumulti dei baccanali e il dio Bacco, Dioniso per i Greci, in tutte le sue mises — ingenue, infantili, orgiastiche… — circondato di donne scatenate e perfino da putti, assonnati anch’essi per il gran bere. Bacco, figlio di Giove, è spesso accompagnato da colui che lo ha allevato, Sileno, sfatto dall’ubriachezza sulla sua cavalcatura: un asino. Ecco il seicentesco Sileno Ebbro di Jusepe de Ribera, notissimo, proveniente dal Museo di Capodimonte. Sconvolgente anche Bacco con quattro anziani che si dissetano con il vino che zampilla dalle sue mammelle, dipinto da Pietro Muttoni, 1650 circa.
Ci sono però rappresentazioni più gentili come Baccanale in onore di Pan di Sebastiano Ricci, un particolare del quale — due fanciulle che suonano i timpani — è stato scelto per il manifesto della mostra. Su questo settore fa luce il saggio di Fernando Rigon Forte sulla mitografia pagana, Le immagini di Bacco, dio del vino.
Infine le opere del Novecento, due delle quali chiudono in bellezza e delicatezza l’ inebriante racconto: Autunno di Giovan Battista Amendola, 1877, un fanciulletto fuso in bronzo, che trasporta sulle spalle tralci d’uva destinati alla vendemmia, e Autunno di Ettore Tito, 1914, un incantevole ritratto di due fanciulli, i figli del pittore, che, nella tenuta di famiglia nella campagna sul Brenta, ai piedi di una vigna, mangiano uva.
L’allestimento, elegantemente essenziale, fa respirare, tranquillizzando nel susseguirsi quasi convulso di questo copioso tesoro di opere. La vera sfida è stato innestare l’arte di dipingere, di rappresentare il vino e il suo mondo, e l’arte della viticoltura, la tecnica che ha segnato il nostro territorio.
Alla coltivazione dei vigneti, alla vendemmia, alla conservazione del vino è dedicata una strepitosa sequenza di «natura in posa», come la definiscono i curatori, ove si accumulano scene di vendemmie e immagini campestri di vigneti.
Un discorso a parte meritano le vetrine che ospitano oggetti di bellezza magnetica a cui è dedicato il saggio, essenziale alla comprensione del senso della mostra, di Maia Confalone Vino e Arti Applicate. Oggetti funzionali che servivano a conservare, versare e bere il vino. Boccali, calici, brocche, versatoi fiaschi.. Oreficerie, rami, vetri e cristalli, porcellane e bisquit, fra cui molti gruppi figurati e una coppia di «rinfrescatoi» a secchio, di porcellana di Capodimonte. Piccoli splendori, anche molto antichi, di squisita manifattura, illuminati dal brillio delle rifiniture dorate e da vividi colori.