il coro dell'arena di veron esegue il va' pensiero di giuseppe verdi dal nabucco al festival di sanremo 2013 Opera lirica

A Sanremo il Va’ pensiero del Coro dell’Arena di Verona


Il Coro dell’Arena di Verona, diretto dal maestro Mauro Pagani, direttore musicale del Festival, sul palco dell’Ariston ha aperto la prima serata di Sanremo 2013 con un omaggio a Giuseppe Verdi eseguendo il «Va, pensiero» tratto dal Nabucco.

Fabio Fazio da il via alla kermesse canora sanremese con un omaggio a Giuseppe Verdi in occasione del bicentenario dalla nascita del grande compositore italiano

Va, pensiero

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.

Va, pensiero (Va, pensiero, sull’ali dorate) è uno dei cori più noti della storia dell’opera, collocato nella parte terza del Nabucco di Giuseppe Verdi (1842), dove viene cantato dagli Ebrei prigionieri in Babilonia.

Il poeta Temistocle Solera scrisse i versi ispirandosi al salmo 137, Super flumina Babylonis.

Analisi musicale

Il coro – che Rossini definì «una grande aria cantata da soprani, contralti, tenori, bassi»[2] – è nell’insolita tonalità di Fa diesis maggiore.

Nella breve introduzione orchestrale le sonorità iniziali, sommesse e misteriose, si alternano all’improvvisa violenza degli archi in tremolo e le ultime battute, con i ricami diflauto e clarinetto in pianissimo, sembrano voler evocare quei luoghi cari e lontani di cui parlano i versi.

La cantilena in 4/4, sommessa ed elegiaca, che si snoda sull’ampia onda del semplice accompagnamento a sestine, trova il momento di maggior vigore alle parole «Arpa d’or dei fatidici vati», prima di ripresentarsi un’ultima volta («O t’ispiri il Signore un concento») arricchita dalle fioriture dei legni.

Va, pensiero.jpg

Testo

Qui sotto è riportato il testo musicato da Verdi, che differisce da quello stampato nel libretto in una sola parola: “tepide” anziché “libere”.

Va’ pensiero, sull’ali dorate;

Va, ti posa sui clivi, sui colli,
Ove olezzano tepide e molli
L’aure dolci del suolo natal!

Del Giordano le rive saluta,

Di Sïonne le torri atterrate…
Oh mia patria sì bella e perduta!
Oh membranza sì cara e fatal!

Arpa d’or dei fatidici vati,

Perché muta dal salice pendi?
Le memorie nel petto raccendi,
Ci favella del tempo che fu!

O simile di Solima ai fati

Traggi un suono di crudo lamento,
O t’ispiri il Signore un concento
Che ne infonda al patire virtù!

Analisi lessicale e sintattica

Le principali particolarità lessicali di Va pensiero riguardano la presenza di termini aulici, come voleva la prassi di prosa e poesia ottocentesca. In particolare: clivi,olezzanomembranzafavellafatidicitraggiconcento, nonché i nomi propri Sionne e Solima, dove Sionne indica la fortezza di Gerusalemme mentre Solima deriva dall’antica denominazione greca della città (Ἱεροσόλυμα, Hierosólyma).

Lo stile elevato corrisponde non solo ad una scelta lessicale classica, di sapore latino, ma è tesa anche a rispettare la prosodia, la lunghezza dei versi e le rime, che contrassegnano la composizione.

L’inno sembra costruito specularmente: i primi quattro versi (1-4) e gli ultimi quattro (13-16) sono raccolti in una frase unica, mentre le quartine centrali (vv. 5-7 e 11-12) sono composte da più proposizioni esclamative o interrogative retoriche.

Come inno, genere di lunga tradizione, il componimento deve rispettare una struttura metrica ben nota nella letteratura italiana ed europea. Si tratta di 16 decasillabi, divisi in 4 quartine. Le strofe presentano un ritmo anapestico, con gli accenti che cadono sulle sedi 3-6-9. È per questo che al verso 13 la parola “simile” si legge con l’accento piano sulla seconda sillaba (“simìle”) anziché con l’accento sdrucciolo sulla prima.

Secondo la prassi della poesia per musica, l’ultimo verso di ogni quartina è tronco, cioè costituito da nove sillabe metriche.

Tale schema, impiegato anche nelle canzonette da melodramma, è quello proprio dell’ode, che condivide con l’inno un rigido codice, rappresentando un modello riservato a testi “alti”, per significato e valore civile e religioso, epico e patriottico. Il tono oratorio è perciò solenne e ingiuntivo, destinato ad ottenere la persuasione e trascinare l’ascoltatore all’azione. Il testo è ricco perciò di interiezioni (“Oh mia patria”, “Oh membranza”), di esclamazioni (“Va’, ti posa”, “saluta”, “raccendi”, “ci favella”, “traggi”, “t’ispiri”).

Molto classicheggianti sono anche le personificazioni indirette del pensiero e dell’arpa, per mezzo dell’apostrofe, una figura retorica volta ad indurre una forte emozione e un coinvolgimento intenso. La relazione comunicativa che si instaura è espressa dai pronomi di persona. Il coro si rivolge col “tu” prima al pensiero, la patria e la membranza, poi all’arpa e solo alla fine assume il plurale della prima persona: “ci favella, ne infonda”.

Alle scelte retoriche e lessicali si accompagnano una solida architettura sintattica e un’attenzione particolare all’eufonia, che innalza ancor maggiormente l’effetto complessivo del componimento, in primo luogo per mezzo dell’alternanza delle rime. La distribuzione, sonora quanto spaziale, è la seguente:

prima quartina
1.1 dorate
1.2 colli
1.3 molli
1.4 natal
seconda quartina
2.1 saluta
2.2 atterrate
2.3 perduta
2.4 fatal
terza quartina
3.1 vati
3.2 pendi
3.3 raccendi
3.4 fu
quarta quartina
4.1 fati
4.2 lamento
4.3 concento
4.4 virtù

In ciascuna quartina, con l’eccezione della seconda, i due versi centrali rimano unicamente tra loro, mentre il primo e l’ultimo rimano con i versi rispettivi della quartina seguente. Solo nella seconda quartina è il secondo verso a rimare col primo della precedente. L’effetto è un legame sonoro interno a ciascuna coppia di quartine.

Il Va’ pensiero del coro dell’Arena

Era previsto che il 63° Festival di Sanremo si aprisse nel segno di Giuseppe Verdi, in occasione del bicentenario della nascita del compositore di Busseto. Ma il Va’ Pensiero inaugurale ha riservato un secondo omaggio: è stato eseguito dal coro dell’Arena, diretto in questa occasione da Mauro Pagani, direttore musicale del Festival. Non a caso: quest’anno si festeggiano anche i cento anni di lirica all’anfiteatro di Verona (la prima Aida andò in scena il 10 agosto 1913). Al termine dell’esibizione, ieri sera, c’è stata la standing ovation del pubblico dell’Ariston. Il coro dell’Arena, diretto da Armando Tasso, non si esibisce solo nel tempio della lirica a Verona: al suo attivo ci sono importanti trasferte all’estero. Alla Deutschlandhalle di Berlino negli anni 1977-1980, per esempio, ma anche alla Stadthalle di Vienna nel 1980, ’82, ’84; a Luxor in Egitto, sui luoghi di Aida, nel 1987, a Tokio nel 1989 e 1991; a Pechino nel 2000: e ancora a Monaco, Francoforte, Zurigo, Dortmund, Amburgo e Stoccarda.
Nell’ottobre 2011 il coro areniano è stato protagonista di una grandiosa Turandot di Puccini firmata da Franco Zeffirelli alla Royal Opera House di Muscat, capitale del Sultanato dell’Oman.