targa-pasubio-mario-salazzari-verona Scultura e installazioni

Tra le sculture di Mario Salazzari a 20 anni dalla morte


Mario-Salazzari-scultore veronaSi terrà giovedì 6 giugno, a partire dalle ore 17, il percorso commemorativo “Una passeggiata per Mario Salazzari (1904-1993)”, a cura di Camilla Bertoni, promosso dal Comune di Verona e dalla Società Letteraria, in occasione dei vent’anni dalla morte dello scultore veronese, tra i maggiori protagonisti della vita artistica della città nel Novecento.

La passeggiata, a partecipazione libera, sarà l’occasione per ripercorrere alcuni momenti dell’attività e della vita dello scultore veronese, secondo queste tappe: la Cappella Pomari al Cimitero Monumentale (1964), con appuntamento all’ingresso del Cimitero, la Targa al Genio Pontieri in Lungadige Capuleti (1924); la Targa alla Divisione Pasubio (1958), le lunette di Palazzo Barbieri, il Monumento al Partigiano in piazza Bra (1947), i Gruppi equestri di Ponte della Vittoria (1935-1941) per giungere al Museo di Castelvecchio dove, nella Biblioteca, si trova l’opera Tacchino, e infine, per chi non si lasci scoraggiare dalla distanza, al Monumento ai caduti di Cefalonia e Corfù 1966 sui bastioni di circonvallazione Oriani.

[learn_more caption=”Biografia e opere Mario Salazzari”]

Biografia

Mario Salazzari, nato a Verona nel 1904, vinse il primo concorso per un monumento ai Caduti, quello che venne poi eretto nel 1925 in Borgo Roma, a soli sedici anni. Numerose furono per lui le pubbliche committenze che seguirono, dalla Targa ai Pontieri di Verona al Monumento al Pontiere di Piacenza ai Gruppi equestri di Ponte della Vittoria.
Dopo le tragiche vicende della Seconda guerra mondiale, che videro Salazzari impegnato sul fronte partigiano, lo scultore riprese la sua attività proprio con il Monumento al Partigiano di piazza Bra.
  • 1906 il padre capomastro porta Mario Salazzari assieme ad altri sei figli in Germania. Là Salazzari andò alle scuole medie fino al terzo anno ed imparò il tedesco oltre al dialetto veronese in famiglia. Con la guerra la famiglia si trasferisce a Verona, ma non il padre.
  • Nel 1916 Mario Salazzari interrompe gli studi ed è apprendista tornitore di proiettili presso Andreoli.
  • Nel 1918 lo scultore Eugenio Prati apprezzò molto i suoi disegni e gli propone d’andare alla bottega d’arte funeraria del fratello Celeste Prati dove scolpì scene di vita quotidiana.
  • Dal 1919 al 1923 Mario Salazzari frequenta l’Accademia di Belle Arti, diretta da Savini e Girelli, su insistenza ancora di Eugenio Prati.
  • Nel 1920 vince il concorso per il Monumento ai Caduti, situato a Verona in Borgo Roma (una zona periferica della città) e lo terminerà nel 1925. Intanto presso Celeste Prati conosce i “secessionisti” di Ca’ Pesaro (praticamente lo stesso nome della Secessione di Vienna, stesso spirito un po’ ribelle ma pur sempre evocando la tradizione) quali: Umberto Moggioli, Gino Rossi, Arturo Martini (di cui condividerà uno stile neopreclassico: arte etrusca, greca arcaica e severa).
  • 1924 Diventa recluta del Genio dei Pontieri a Verona ed ha occasione di ulteriori incarichi artistici.
  • 1928 Il Re a Piacenza inaugura il Monumento al Pontiere di Salazzari.
  • 1936 Salazzari Vince il concorso dei gruppi alla Vittoria.
  • 1943 Salazzari abbandona il fascismo e passa alla Resistenza dove comanderà le valli di Selva di Progno e la val Squaranto, fonda la formazione partigiana “val di Valdo”. Libera ostaggi a Velo veronese (forse destinati alla deportazione in Germania), arrestato nel 27 novembre dalla polizia investigativa del maresciallo Nicolis e portato alle carceri per giorni è torturato e perderà l’uso della mano destra.
  • Nel 1945 è condannato a 30 anni ma evade dal carcere di Padova ad aprile, a piedi raggiunge Vicenza con un lasciapassare dal C.N.L. Veneto.
  • 1946 è docente alla Scuola Brenzoni di Sant’Ambrogio di Valpolicella, insieme agli studenti Salazzari progetta alcune opere.
  • 1982 Divorzia dopo 50 anni da Maria Bossi, starà insieme alla partigiana e scultrice Giovanna Rossi.

Opere

  • 1918-1919 Ferratura del cavallo, Anziani bevitori all’osteria, Serenata sotto il lampione, Carretta degli zingari, Soldato con il mulo, Paolo e Francesca, II premio al concorso pubblico per il Monumento a Don Giovanni Bosco.
  • Monumento ai Caduti 1920-1925 Verona in Borgo Roma (una zona periferica della città).
  • Monumento ai Caduti 1923-1925 Gazzo Veronese e a Raldon.
  • targa celebrativa dell’arma 1924 Verona dagli anni ’60 in Lungadige Capuleti
  • Monumento al Pontiere 1928 Piacenza inaugurato dal Re.
  • Gruppi equestri alla Vittoria Verona, nel 1934 presenta e nel 1936 vince il concorso fra 62 gruppi di 44 concorrenti da esporre sul Ponte della Vittoria, verso la città[4], due gruppi bronzei equestri alati dedicati alla Vittoria del Generale Armando Diaz a cui dedicarono un viale demolendo un quartiere medievale. Dalle forme abbastanza dure e squadrate abbastanza conformi all’arte fascista, una sorta di semplificazione del neoclassicismo del XIXsec (ovvero impero), causò salaci commenti a causa dei genitali dei cavalli. nel 1941 Angelo Biancini di Castel Bolognese vincerà invece per i due gruppi esterni.
  • Monumento al Partigiano (Piazza Bra, Verona 1946)[5] dedicato ai Caduti per la Libertà: singola e grande statua bronzea. In questo caso le superfici sono un po’ più morbide e la concezione decisamente meno retorica e più semplice rispetto ai gruppi della Vittoria.
  • tre lunette interne del ricostruito Municipio di Verona 1946.
  • architrave del portale della chiesa di Ceraino (Vr), in marmo rosa in neoromanico 1946 con gli studenti Brenzoni.
  • gesta dell’arcangelo San Michele archivolto della chiesa omonima di Gaium (Vr) 1946 con gli studenti Brenzoni.
  • Icaro caduto 1946 collezione privata.
  • S.Francesco parla gli uccelli 1950-1955 monumento funebre avv. Alfredo Fuganti Trento e opere cimiteriali simili a Palazzolo sull’Oglio (Bs) e in provincia di Taranto.
  • Divisione Pasubio 1958 largo Pasubio a Verona.
  • Anima addolorata 1960 Cappella Paini del Cimitero Monumentale di Verona.
  • portale della Cappella Pomari 1964 Cimitero Monumentale Verona formelle che s’ispirano chiaramente a quelle traforate romaniche del portale di S.Zeno a Verona: Ragno, Vacca all’albero, Rospo, Pollastro, Tacchino (ora al Museo Castelvecchio di Verona), Giovane centauro innamorato, Ponzio Pilato, Susanna, Nearco, Adamo ed Eva, Busto di Egidio Meneghetti, Violoncellista (ovvero Cesare Bonzanini, amico di Salazzari).
  • Monumento all’eccidio dei caduti della divisione Acqui a Cefalonia e Corfù (Verona 1966), Qui Mario Salazzari prosegue uno stile avviato da altri colleghi (in primis Arturo Martini), guarda ancora al passato all’arte etrusca e greca preclassica (periodo arcaico e severo) dove sapientemente reinventa in chiave preclassica il celebre gruppo del Laocoonte.
  • Monumento ai Caduti di guerra Palù (Vr) 1970
  • Monumento ai Partigiani solo in forma di bozzetto disperso fra più collezioni.

N. 9 – Settembre 2005 -> Cimiteri d’Italia

AL MONUMENTALE DI VERONA

IL VUOTO PER IL PIENO

TRAME DI BRONZO DISEGNATE DA MARIO SALAZZARI

E’ stata festeggiata lo scorso 16 novembre la ricorrenza dei cento anni di Mario Salazzari (Verona 1904 -1993), lo scultore veronese che ha costellato città e provincia dei suoi monumenti lasciando preziose testimonianze anche al Cimitero Monumentale. Una personalità eclettica, dedita anche alla pittura, alla musica e alla poesia pur avendo ricevuto un’istruzione poco più che elementare, in Germania, dove la famiglia era emigrata per necessità di lavoro quando Mario era un bambino. Ma al ritorno, allo scoppio della prima guerra mondiale, il giovane Salazzari viene “scoperto” da un artista, Eugenio Prati, che ne individua le capacità e lo fa iscrivere alla locale Accademia di Belle Arti. È l’inizio di una carriera luminosa, che si svilupperà in ambito non solo locale, momentaneamente interrotta dalla seconda guerra mondiale che vedrà l’artista vittima di violenze durante una prigionia in cui era caduto da partigiano. Ma nonostante le sevizie che lo avevamo privato dell’uso della mano destra, Salazzari riprenderà con coraggio e determinazione la sua attività che lo porterà a realizzare opere monumentali in varie città italiane1 e a ottenere committenze anche oltreoceano, soprattutto in America del Sud.

Dal primo incarico pubblico attraverso un concorso vinto nel 1920, a soli diciotto anni, per il Monumento ai Caduti di borgo Roma (Verona) e dalla successiva ambiziosa realizzazione per il Monumento al Genio Pontieri di piazzale Po a Piacenza (1924 -28), il suo linguaggio si stabilizza poi in una forma più disegnata, tendente alla semplificazione geometrica, in linea con le correnti classiciste degli anni Venti e Trenta interpretate da figure chiave della scultura italiana come Arturo Martini. Mai espressamente citato come maestro, casomai solo come punto di riferimento, da Salazzari, Martini è stato sicuramente, come poi anche Marino Mazzacurati, uno dei punti di riferimento della sua elaborazione formale. Sono gli anni dei monumentali gruppi equestri del ponte della Vittoria a Verona, commissionati nel 1935 per la celebrazione della prima guerra mondiale, e successivamente del Monumento al Partigiano di piazza Bra, sempre a Verona, inaugurato il 25 aprile del 1947. Nel frattempo, al Cimitero Monumentale di Verona, si inaugurava nel Pantheon Beneficis in patria il busto commemorativo in bronzo del giovane Zorzi, vittima delle persecuzioni razziali. Nel triste sorriso e nel ciuffo sbarazzino di capelli si realizza con semplicità tutto il dramma di una guerra e di un odio che avevano colpito ciecamente anche tra i giovanissimi e i bambini. E Salazzari racconta proprio con immediatezza tutta la forza terribile di questa contraddizione inspiegabile tra la giovane e innocente età del ragazzo e la violenza del dramma che lo ha travolto.

Probabilmente si colloca subito dopo il bassorilievo in marmo per la Tomba Avanzi del Cimitero Monumentale di Verona, firmato ma senza datazione. Un’inquadratura orizzontale taglia la scena della Crocefissione limitandola alle due figure della Madonna e di San Giovanni inginocchiati e quasi aggrappati ai piedi di Cristo. La scelta rende la scena così concepita volutamente opprimente esasperandone la drammaticità. Ma il risultato però non raggiunge la forza e il lirismo che altrove le opere di Salazzari dimostrano: anche tenendo conto del cattivo stato di conservazione, con la sporcizia depositatasi nel tempo che ha oscurato la leggibilità dell’opera, il gruppo sembra caratterizzato da una certa pesantezza.

Segue all’inizio del decennio successivo la committenza per la Tomba Fuganti del Cimitero Monumentale di Trento, lavoro poi riproposto per la Tomba Dulak (?) del cimitero di Palazzolo sull’Oglio (Brescia) il cui bozzetto bronzeo si trova in collezione privata veronese. Si tratta di un’immagine di San Francesco che parla agli uccelli. La scena è raccontata con la semplicità che rende più riuscite le opere di Mario Salazzari, con quel tendere del santo verso i volatili, suoi piccoli interlocutori, che si esprime nella curva del corpo, del collo e persino nella punta aguzza del naso. La figura esile del santo sta seduta su una pietra con tale naturalezza che camminando tra i sepolcri si ha l’impressione di incontrare un umano intento a pregare i suoi defunti.

Negli anni ’60 una nuova svolta formale porta Salazzari a teorizzare il concetto del “pieno per il vuoto”. Il primo esempio è la figura dell’Anima addolorata che si piega su se stessa, sul vuoto di cui si compone lasciandosi attraversare dalla luce come un fantasma, posta nel 1960 in alto sulla Cappella Paini del Cimitero Monumentale di Verona. Ma il risultato più elevato lo scultore lo realizza pochi anni dopo, nel 1964, nel portale bronzeo per la Cappella Pomari, poco distante dalla Paini. Architettonicamente concepita come una copia in miniatura della basilica romanica veronese di San Zeno, la cappella induce Salazzari ad una sfida con il famoso portale bronzeo dalle formelle risalenti al IX secolo. Le ventiquattro formelle, con Storie del Vecchio e Nuovo Testamento in ordine sparso, circondate da rilievi marmorei con le drammatiche scene dell’Apocalisse, dialogano con il linguaggio romanico giocando tra l’alternanza di mimesi e rilettura in chiave moderna, dove le tensioni lineari sono esasperate e accentuate. La semplice narratività dei Maestri di San Zeno è presa come punto di partenza per ritrovare una spiritualità anche nella tormentata epoca in cui Salazzari vive e lavora. Sono ricami che intrecciano il filo di un racconto spirituale sulla soglia che divide il regno dei vivi da quello dei morti, segno del profondo rispetto che il vecchio partigiano nutriva per la vita e voleva raccontare nel suo lavoro. (fonte)

(Footnotes)

 

1 Una sua opera si trova la Cimitero di San Giorgio Ionico (Taranto) mentre un suo intervento è inserito nel portale marmoreo del Museo Archeologico di Cagliari. Inoltre un Monumento a Ho Chi Min gli è stato commissionato dalla municipalità nella capitale del Vietnam.

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