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Concorso letterario “Il sorriso della disabilità”


1° CONCORSO LETTERARIO LYDDA WEAR
– IL SORRISO DELLA DISABILITA’ –

FINO AL 16 DICEMBRE ORE 21,00 SONO APERTE LE VOTAZIONI

01 – 17.02.2012
 

  LA SCARPA… PERDUTA 
Beppe Rendine

Da circa dieci anni, dopo aver lavorato in diversi istituti di riabilitazione, sono impiegato come fisioterapista presso i Centri di Riabilitazione Motoria “Padre Pio” di San Giovanni Rotondo (FG).
Nell’Ottobre 2010 mi fu assegnato il trattamento di un paziente al quale, in seguito ad un grave incidente stradale, gli era stata amputata una gamba. L’obiettivo della riabilitazione era il rinforzo del moncone per una eventuale protesizzazione.
Il paziente si presentò in palestra per la prima seduta di trattamento, nell’ultima fascia oraria di una faticosa giornata lavorativa. Lo aiutai a trasferirsi dalla carrozzina al lettino e gli chiesi di togliersi “le scarpe”. Alla fine della seduta invitai il paziente a sedersi mentre cercavo le sue scarpe.
Avendone trovata solo una, mi affannavo a cercare l’altra, il paziente allora mi osservò incuriosito e dopo un po’ mi disse: «Se sta cercando quello che penso io le assicuro che non lo troverà». Sollevai il mio sguardo e lo guardai fisso negli occhi. Fu allora che entrambi scoppiamo a ridere; avevo dimenticato che la scarpa era soltanto una!
Da quel giorno, prima di aiutare i mie pazienti a rimettere le scarpe, controllo sempre che i piedi siano DUE.

  
02 – 20.02.2012


  SONO INNAMORATO COME UN RAGAZZINO 
Ciccio Carbonella

Ho avuto un incidente in moto e sono disabile dal 2002.
Non ho molti aneddoti divertenti da raccontare sulla mia disabilità, io sorrido sempre, mi sono separato da una donna con cui ho vissuto x 7 lunghi anni che mi faceva pesare la mia disabilità.
Affronto la mia disabilità sempre con il sorriso, sono quasi felice di essere disabile e ora vi dico anche il perchè, io mi alzo ogni mattina accanto alla persona più meravigliosa che possa esistere, che ho conosciuto grazie alla mia disabilità… da 11 mesi sono innamorato come un ragazzino, premetto che ho 37 anni, vivo in un sogno, sono felice.
Non pensavo che potevo innamorarmi così, anche essendo disabile, io sono paraplegico con perdita totale della sensibilità dal lato sinistro del corpo ma la mia compagna mi tratta come se niente mai mi fosse accaduto e con lei rido e mi diverto e grazie a lei sono quasi totalmente autonomo.
Lei mi sprona sempre, non pensavo si potesse vivere una passione così esageratamente intensa … c’è chi dice che essere disabile è un male, spero che tanta gente con il mio problema possa vivere quello che sto vivendo io, amo la vita e amo essere vivo e più di tutto amo la mia compagna………

  
03 – 22.02.2012
 
 

  L’AMORE VINCE TUTTO 
Gabriella April Stefanucci

Avevo 13 anni, il giorno in cui cambiò la mia vita.
Quel giorno che non riuscii ad afferrare la porta della mia classe per entrare.
Faceva molto freddo e le mie mani erano intorpidite, nonostante portassi i guanti… non ci feci molto caso.
Ma poi successe ancora e ancora… anzi peggio, mi sfuggivano gli oggetti dalle mani, non riuscivo a stringerle e poi rilasciarle… anche a casa.
Il mio medico attribuì il tutto allo sviluppo, o, forse, a una mia fissazione.
Avevo 17 anni, quando mi fecero la diagnosi certa, dopo più di un mese di ricovero, ed esami su esami: distrofia muscolare.
Io non sapevo cosa fosse, mi facevano paura quella parole altisonanti che diventavano sempre più frequenti nella mia vita… distrofia miotonica di Steinert … sì, ma non sapevo cosa voleva dire.
Purtroppo, l’ho imparato troppo presto, cosa significava… voleva dire, limitazioni, impedimenti, difficoltà sempre più grandi… voleva dire non poter andare più a scuola, non poter più essere infermiera, non poter più essere io ad assistere ma ad aver bisogno di essere assistita.
Voleva dire perdere tutto, non poter più fare una corsa, una passeggiata, essere costretta sempre più a dire “non posso”.
Ho perso, quanto ho perso… quanto dolore nella mia vita…
Poi… arriviamo alla carrozzina, al pace-maker, alla ventilazione…
Ma arriviamo anche ai 40 anni… si dice che la vita comincia a 40 anni, è per me è stato così.
Infatti, solo adesso, a 40 anni, so che cos’è la vera vita.
Non solo limitazioni,. carrozzina ecc., ma la felicità e l’amore.
Perchè ho conosciuto l’amore e la felicità solo adesso, con un uomo fantastico… è entrato nella mia vita come un Principe, poco importa se anzichè avere un cavallo bianco aveva una carrozzina… è entrato come un Principe ed è diventato il Re del mio cuore.

 


  QUANDO SI DICE CHE NON TUTTO IL MALE VIEN PER NUOCERE … 
Marino Tunger

Sono nato nel ’42 in un paese poco lontano da dove abita PIGI: alla nascita (non per vantarmi) ero già monocolo. Mentre voi vedete con due occhi io, dalla nascita, vedo le stesse cose che vedete voi ma con un solo occhio.
La famiglia in cui sono nato era composta da salariati giornalieri di campagna: gente che lavorava la terra del padrone ed era retribuita (poco) a giornata. Il fatto che ci vedessi da un solo occhio, per i miei famigliari, non era così grave: avrei potuto lavorare la terra lo stesso.
Le cose si sono complicate nel ’45, anno in cui ho avuto la poliomielite, o polio, come dir si voglia, che mi ha lasciato completamente atrofizzata la muscolatura della gamba destra e, cosa ancora più grave, mi ha bloccato (prima ancora che cominciasse) la “carriera” di salariato agricolo.
Dopo le elementari, quindi, i miei “mi hanno fatto continuare a studiare”, facendomi frequentare la scuola di avviamento agrario a Conselve.
Sarà stata quella scuola a stuzzicare la mia voglia di sapere? Non lo potrò mai verificare.
Ho cominciato a lavorare a 17 anni come tornitore, poi mi sono diplomato, poi mi sono laureato (laurea breve) studiando sempre di sera, dato che di giorno lavoravo.
Poi sono diventato impiegato, mi sono sposato, ho avuto due figlie, continuo a lavorare in proprio come professionista.
Tu guarda la sfiga: se non fosse stato per la polio non sarei stato forzato allo studio ed avrei potuto condurre la vita felice del salariato agricolo proletario.
O no?

05 – 23.02.2012


  LA VITA E’ UNA SFIDA 
Anna D’Elia

Ci ho pensato un pò… la mia è una storia semplice, come molte altre…. ci ha messo lo zampino la polio nel ’58, con tutto ciò che ne consegue.
Aiutata da una famiglia meravigliosa, a 18 anni comincio comunque a domandarmi… cosa sarà della mia vita?
La risposta è arrivata…quell’estate, conobbi un ragazzo, 18 anche lui, le solite promesse alle quali in fondo poco credevo… ma ci speravo!
Finita l’estate, arriva quella chiamata aspettata con ansia! E da quel momento mi è sembrato di esser su una giostra che gira, che va su e giù, momenti positivi, ed altri negativi, ma con il mio principe abbiamo lottato!
Pochi avrebbero scommesso…una LIRA sul nostro futuro, eppure come in una favola fra mille problemi ci siamo sposati!
Cosa chiedere di più dalla vita? Un sogno lo avevamo, un figlio! Avevo i miei timori ma tanta incoscienza data dalla gioventù, eppure dopo un pò di mesi viene al mondo questa bimbetta dolcissima, e poi… poteva mancare un fratellino? Mi sembrava di vivere nelle favole, eppure era tutto vero!!!!
E’ arrivato pure un fratellino, e dopo un altro, così i nostri desideri erano appagati, siamo insieme da 34 anni i ragazzi sono ormai grandi ed ora sono loro a darci una mano!
La vita di ciascuno di noi è un libro, tante le cose da dire, belle meno belle, queste ultime cerco sempre di cancellarle dalla memoria, le altre sono la mia felicità!!!!
E… per chi non ha voluto scommettere su di noi ……. almeno sino ad oggi ha perso una gran bella scommessa!

  
06 – 23.02.2012
 
 

  LO SCIENZIATO PAZZO E LE SUE PROPOSTE PER MIGLIORARE 
Carlo Mariano Sartoris

… si sta già applicando un ascensore sulla torre di Pisa, è un idea del tutto mia ma molto condivisa.
Attendiamo conferme da San Pietro, dal Vaticano per una catapulta che li spari fino al timpano del simbolo cristiano.
La rampa che porta su al vulcano è già ultimata, è l’ultima trovata, ogni invalido potrà godere della lava che scorre durante l’eruzione, provarne piacere o decidere di gettarsi e porre così fine in modo dignitoso ala sua tribolazione.
E’ un risparmio in tutti i sensi, non vi sono spese per l’inumazione.
La sedia sommergibile per chi vuole andare al mare la si può affittare già da ora presso ogni impianto balneare.
Ha un gran motore, basta trattenere il fiato e non si rischia di annegare, … ma l’assicurazione è obbligatorio e là bisogna stipulare.
Ma il progetto più magnifico, grandioso, un disegno direi… ambizioso, è un Ospizio nello spazio!
Chi non cammina più potrà fluttuare a testa in giù, girarsi dentro il vuoto, fare finta di stare sulla moto, rotolare, galleggiare, fare la pipi e guardarsela oscillare.
Da lassù, si vedrà la terra dall’oblo e giù da basso il mondo sarà libero da ogni suo complesso.
Fluttuando si può arrivare al cesso.
Magari riusciranno anche a fare sesso?
? disabili oltre all’atmosfera, il viaggio a costo zero è previsto in mongolfiera!
L’Ospizio! Finalmente avranno il loro spazio… basta ozio, l’esperimento ha funzionato con mio nonno Ezio, non è più tornato!

  
07 – 23.02.2012
 
   LA VICINA SBADATA 

Giovanni Bruttomesso

Tornavo a casa dopo un allenamento di tennis-tavolo, incontro una mia vicina che mi chiede: “Allora sei andato a giocare al calcio?”
Io per non metterla a disagio gli risposi: “Sì, sì”.
La rincontrai dopo qualche giorno e si mise a chiedermi scusa per quel che aveva detto.
Devo precisare che eravamo in strada e io ero in sedia a rotelle.

  
08 – 23.02.2012
 
 

  IL CONTE O LA CONTESSA? 
Carlo Catalano

Mi chiamo Carlo, sto su una sedia a rotelle e sono sordomuto.
Vi voglio raccontare come è nato il mio soprannome “il Conte”.
Molti anni fa (circa 29) ero ad un campo scout (ovviamente prima dell’incidente), e partecipava anche un tizio che “ce le aveva lessate” che era Barone.
Io che pochi giorni prima avevo saputo di avere un parente conte, per zittirlo gli dissi che ero il Conte.
Siccome c’era anche uno dalla chiacchiera facile (chiamato “radio socera”) quando tornai a casa tutti mi chiamavano il Conte, addirittura qualcuno mi conosceva solo come “il Conte”.
Fin qua questa storia del Conte non ha nulla a che fare con la disabilità …
A distanza di anni dopo l’incidente che mi ha reso sordomuto e in sedia a rotelle, la faccenda è però tornata fuori.
In occasione della pubblicazione del mio libro di favole, ho infatti organizzato una conferenza stampa.
Non potete neanche immaginare i problemi che ci sono stati per il fatto che sono sordomuto….
La conferenza si è tenuta con l’ausilio di un programma di computer che trasforma lo scritto in una voce…. il problema che il programma ha una voce femminile e una maschile: chiaramente per me si sono sbagliati…. mettendola femminile!
Vi lascio immaginare i commenti, se era un Conte o una Contessa, e quel che è peggio fu che i commenti sono usciti sui giornali, ovviamente largamente amplificati!!

 
09 – 28.02.2012
 
   UN MITO IN CARROZZINA 

Fabrizio Piccinetti

Mi chiamo Fabrizio e vivo ad Abbadia San Salvatore (SI). Sono affetto da una forma di distrofia muscolare progressiva.
Nel 2004 cominciavo ad avere grosse difficoltà a camminare; un giorno, in una rivista notai la pubblicità di una carrozzina elettrica, tipo scooter.
Per farla breve, qualche giorno dopo, eravamo nel mese di maggio, me ne andavo a spasso per il paese con il mio scooter rosso fiammante.
Grande era la mia gioia per un pò di libertà ritrovate e, con mia sorpresa, grande era la curiosità che destavo nei ragazzini.
Molti si avvicinavo per vedere meglio quello stano mezzo di locomozione e qualcuno, nonostante i “non dare fastidio al signore” di molte mamme, mi chiedevano di poter fare un giretto su quella che per loro era una macchinina delle giostre.
Ed io, nei limiti del possibile, cercavo di accontentarli, tanto che in quella estate per loro diventai… quasi un mito.

10 – 02.03.2012
 
   HO PRESO LA PATENTE 

Maria Parente

Siiiii!! Oggi una piccola ma grande conquista personale: ho preso la pantente… grazie a mio figlio…
Quando aveva compiuto 18 anni era andato in crisi perchè non poteva prendere la patente, allora gli avevo promesso che l’avrei presa io al posto suo.
Oggi amore mio non ero sola a quel esame… c’eri anche tu con me… ad ogni frenata, cambio, avevo te in mente… sei stato tu amore mio a darmi quella forza di riuscirci…
Ho dovuto mettere da parte i miei attacchi d’ansia le mie insicurezze… ti avevo fatto una promessa e dovevo mantenerla…
Oggi quando mi han detto “Promossa, questa e la sua patente!” ho iniziato a piangere… perchè era la nostra vittoria amore mio…. Grazie amore per avermi dato la forza.

  
11 – 04.03.2012
 
   MASSIMO, UNA PERSONA ATTENTA 

Eldo Bozzi

Sono paraplegico dal 2002 … infortunio sul lavoro … e miracolato perchè sono ancora qui nella mia seconda vita.
Nel 2003 incontro Massimo e parte con la “solita” storiella: “Come stai? Ma ti vedo bene! Ma vedrai ecc.”
Passano alcuni anni ed incontro di nuovo Massimo, e questa volta mi dice “Ma cosa ti è successo ancora??!!”.
Io sempre a bordo della mia carrozzina rimango stupefatto, ma rispondo subito: “Ero allo Stelvio a fare sci estremo – mia passione – ho perso lo sci destro e ho fatto un volo! Conseguenze: menisco e legamento crociato; ma vedrai, la prossima volta mi vedrai in piedi!!!”
La risposta di Massimo è stata “Sei proprio sfortunato…”

 
12 – 04.03.2012
   GATTONANDO… GATTONANDO 

Eldo Bozzi

Gennaio 2012, sempre paraplegico con la mia carrozzina.
Sono al supermercato con mia moglie Manuela ed incontriamo una nostra amica, Tullia, di 50 anni, compagna di lavoro in casa di riposo di Manuela.
Comincia la chiaccherata del più e del meno, del suo mal di schiena, ecc. Siccome l’ultima volta che ci eravamo incontrati aveva chiesto a Manuela se in casa camminavo, avevo la risposta pronta, e tra me e me pensavo “Speriamo che mi chieda …”
Ed infatti eccola con la sua domanda, ed io: “Ti rispondo subito cara Tullia: ho cominciato a gattonare, mangio da solo…”, e Manuela aggiunge “… non è ancora pulito, si sporca ancora e devo stare attenta agli spigoli in casa…”
Tullia era rimasta senza parole!!! …vedremo al prossimo incontro!!

 

  
13 – 05.03.2012
 
   IL MONDO E’ SALVO 

Mattia Muratore

Walter e Ileana sono due giovani genitori. Hanno un figlio, Andrea, dell’età di circa dieci anni.
Andrea è un vero e proprio tornado, un fiume in piena. Non sta fermo un attimo, gioca, ride, parla a macchinetta, risponde a tutti col tono di chi è fermamente convinto di saperla lunga.
Andrea oltre ad essere un bambino molto simpatico e intelligente, è anche affetto da una malattia genetica rara che lo costringe a muoversi utilizzando una sedia a rotelle.
Andrea è sempre stato felice e orgoglioso della sua carrozzina. L’ha scelta il più colorata possibile e, non contento, l’ha personalizzata con adesivi, disegni e quant’altro.
L’Inter, frasi di canzoni, momenti belli da ricordare. Tutti segni di vita, di gusti, di passioni che ha voluto imprimere sulla sua sedia. Come tatuaggi sulla pelle.
Sì perché la carrozzina, per lui, è sinonimo di libertà, di autonomia e di movimento. Rappresenta la sua unica possibilità di spostarsi, di giocare con gli amici, di socializzare.
In una parola, di vivere.
Walter e Ileana sanno tutto questo. Sono genitori molto ironici e moderni ma anche estremamente attenti e sinceri col proprio figlio.
Si sono sempre comportati con lui alla pari, senza mai farsi influenzare troppo dal fatto che fosse fragile, debole e indifeso. Hanno sempre guardato storto tutti quelli che, parlando di Andrea, si lasciavano scappare un “oh, poverino” di troppo.
Loro non hanno mai cercato di nascondere al loro figlio le difficoltà e gli ostacoli. Al contrario, si sono sempre battuti tanto per garantirgli gli stessi diritti, gli stessi doveri e la stessa vita degli altri bambini. Stando però sempre molto attenti a fare tutto ciò con lui e mai solo ed esclusivamente per lui.
Oggi è una splendida giornata di sole. Siamo in estate, la scuola è chiusa e Walter, Ileana e Andrea stanno facendo una passeggiata per il centro della loro piccola città.
Arrivati ai giardinetti Andrea trova alcuni suoi compagni di classe e si ferma a giocare con loro. Walter e Ileana, allora, si siedono su una panchina poco distante lasciando Andrea libero di divertirsi con gli amichetti senza, però, perderlo d’occhio nemmeno per un istante.
Dopo qualche minuto si accorgono che, su una panchina poco lontana dalla loro, è seduta un’anziana signora. Sta facendo qualche cosa a maglia. Ad un tratto stacca per un attimo gli occhi dal suo lavoro e incrocia con lo sguardo la sagoma di Andrea. Un lampo. Una folgorazione. L’espressione che si dipinge all’improvviso sul suo volto è tra il basito e lo spaventato, con anche un pizzico di incredulità. Fissa Andrea ininterrottamente senza riuscire, in alcun modo, a distogliere lo sguardo. La sua espressione interrogativa fa presagire si stia domandando che razza di oggetto misterioso possa essere quell’aggeggio piccolo e colorato che si muove davanti a lei.
Walter e Ileana assistono in disparte alla scena e, sorridendo, Walter dice alla moglie: “scommetto che adesso telefona all’Ansa e annuncia che gli alieni sono sbarcati sulla Terra!”.
Ad un tratto, senza smettere di fissare Andrea, la signora si fa il segno della croce per ben tre volte. Sebbene né Walter né Ileana siano grandi esperti di simbologia religiosa, capiscono che se è stata così attenta a ripetere il gesto per ben tre volte, allora la cosa deve essere per forza molto grave.
Infine, ipotizzando che ciò non sia comunque sufficiente ad attirare la necessaria attenzione di tutti i Santi del Paradiso, l’anziana signora, con mano tremolante, tira fuori dalla borsetta un piccolo Rosario che, senza mai distogliere lo sguardo dalla misteriosa creatura innanzi a lei, inizia freneticamente a sgranare.
La scena non cambia fino a quando Andrea, muovendosi in completa autonomia davanti agli occhi della vecchia, il cui stupore ha ormai raggiunto vette incalcolabili, va a chiedere qualcosa alla madre e, subito dopo, torna a giocare con gli amici.
La perspicace nonnina comprende, così, che deve necessariamente esistere una qualche forma di relazione che unisce l’oggetto del mistero ai due giovani seduti sulla panchina.
Sposta lo sguardo verso di loro. Li fissa. Inclina un pochino la testa di lato. Li scruta con occhi torvi. Li guarda di traverso.
Poi prende coraggio. Si alza. Barcolla un attimo in cerca dell’equilibrio necessario. Le gambe tremano. Le mani sudano. Il Rosario sempre incatenato alle dita.
L’anziana donna si avvicina alla panchina dove sono seduti Walter e Ileana. Passo dopo passo si dirige verso di loro. Lentamente. Ormai gli è di fronte. Loro la guardano e tentano, invano, di reprimere ogni improvviso impulso di risata.
La vecchia li osserva. Immobile. L’aria si ferma. Il cielo si oscura. Le altalene si bloccano. I bambini rimangono sospesi per aria.
La signora conta fino a dieci. Anzi, facciamo anche fino a venti. Poi fa un bel respirone, gonfia il petto, guarda in faccia prima Walter poi Ileana e, con voce secca, chiede:
“Ma è nato così???”
Ileana fa per alzarsi. Walter la blocca. I due si guardano.
Walter si gira verso l’anziana Signora, sorride e, con tono calmo, dolce e rassicurante le appoggia delicatamente una mano sul braccio e risponde:
“Ma nooooooo Signora, ma cosa dice?
Le sembriamo davvero tanto incoscienti?
Far nascere un bambino così? Ma si figuri!
Stia tranquilla, davvero, le garantisco dal più profondo del cuore che non ha nulla di cui preoccuparsi.
Sì, insomma, glielo giuro: la carrozzina gliel’abbiamo comprata dopo!!!”.
Le nuvole fuggono e lasciano posto all’azzurro. Le altalene si sbloccano. I bambini ricominciano a volare. Qualcuno più leggero di prima.
Il mondo, ancora una volta, è salvo.
Forse.

14 – 07.03.2012
   IL PARCHEGGIO 

Alberto Friggeri

Ciao sono Alberto, ho 39 anni e da due sono in sedia a rotelle in seguito ad un incidente in moto.
Ormai posso contare solo sulle mie braccia e sul mio busto che ha il compito di sorreggere tutto il resto del corpo: pian piano sto imparando a manovrarlo senza fare ulteriori danni.
Ok, questa è la parte più triste della storia ma, come mi ricorda mio figlio Fabio di 8 anni, “Papi ma quanto fortunato sei! Ovunque vai hai un posto auto riservato, comodo e vicino a dove ti devi recare!”.
E come dargli torto… E’ tutto vero, ma soprattutto è meraviglioso poter sdrammatizzare ironicamente un’esperienza che ha privato un bambino di 2/3 anni di suo padre, col quale non potrà più correre su un prato… ma troverà sempre un posteggio riservato che lo aspetta.
Meglio di così cosa vuoi dalla vita? Io vorrei qualche scala in meno e qualche rampa in più!!

15 – 13.03.2012
   I PICCOLI, NOSTRI MAESTRI DI VITA 

Enrico Balconi

Tutto successe nel lontano 1998, città di Iringa stato della Tanzania.
La casa famiglia San Giuseppe per ragazzi di strada aveva iniziato il suo cammino da poco più di un anno e da “buon papà”, tra le tante cose mi preoccupavo anche dei momenti di svago e attività ricreative.
Un giorno i ragazzi di ritorno dalla scuola mi parlano di un bambino “Maicol” che non può camminare e sta ai bordi della strada la maggior parte del tempo.
Chiedo loro se avessero avuto piacere di giocare con lui e di andare a prenderlo e riportarlo a casa sua ogni giorno. Entusiasti partono con la carriola per caricarlo e trasportarlo a casa nostra, circa venti minuti a piedi.
Dopo circa un’ora ritornano con il carico leggero, riti di accoglienza e inizio dei giochi; pochi minuti e Maicol chiede di andare in bagno.
Imbarazzo totale perchè la mia esperienza nel campo handicap è nulla e sono proprio una frana … ed infatti qui casca l’asino!
Come unico adulto presente, toccava a me il compito di portare Maicol a fare la pipì.
Carico il bambino e vado in bagno, togli di qui, sfila di là e cerco … cerco…. ma non trovo; panico assoluto, non sapevo più raccapezzarmi, forse dopo molti anni di Africa mi ero perso qualche cosa sul corpo umano !!!!
Pochi secondi e sono rientrato in me stesso: il bambino era una bambina !!!!!
Non ridete troppo, vi posso assicurare che dall’aspetto poteva benissimo essere un bambino.
Chiaramente subito ho strigliato i bambini che non mi avevano detto niente ma anche loro erano inconsapevoli.
Cari amici, che figura! Da allora quando incontro “Maicol”, che si chiama “Maggie”, ci facciamo di quelle risate che si sentono fino al primo mondo.

16 – 16.03.2012
 

  ATTENTI… L’INPS… CI CURA… 
Lori&Salvo

Dunque, siamo al 2009 e sotto la spinta di Tremonti e Lega, l’INPS ed il suo supermega presidente dai 28 stipendi e che si farà due anni in più di lavoro grazie anche al nuovo governo, cominciano la lotta agli invalidi…non ai falsi, ma a tutti visto che se i falsi son disonesti, cmq come dice Tremonti si spende troppo in pensioni d’invalidità ecco perchè non si va avanti in Italia…
Quindi l’INPS diventa la superprocura addetta allo scovare falsi invalidi, a stringere le maglie sui veri ed a fare tutto ciò che prima facevano diversi enti, diventando quindi ente certificatore, controllore, pagatore…
Naturalmente tutto ciò viene fatto all’italiana, stabilendo cioè che l’INPS avrà tutte le competenze senza che gli altri, cioè le commissioni asl di norma siano d’accordo o siano preparate a far si che l’INPS possa subentrare rapidamente ed in toto.
E li si scatena il putiferio…le asl non sanno o non vogliono passare le carte all’INPS che dovrebbe cmq avere copia di tutto essendo ente pagatore ed avendo almeno a termini di legge un suo componente nelle commissioni giudicanti delle asl, quindi diventa molto più facile chiamare tutti a visita anche quando si sono visitate le persone nell’arco di anni qualche decina di volte…cosa che non sarebbe poi un gran male in fondo e se fatto con coscienza e poi presupponesse che si tratta davvero dell’ultima volta per le patologie non reversibili, però così non è, e visto che le richieste del governo sono pressanti e superiori alle possibilità dell’INPS, si pensa addirittura di assumere dei medici non specializzati per fare tutto il lavoro in tempo spendendo così più di quel che mai si potrebbe recuperare visto che, come avrai capito ormai benissimo i costi sono superiori ai benefici essendo i veri falsi invalidi pochi in percentuale e spesso non riscontrabili dall’INPS.
E in questo clima aspettiamo con ansia la chiamata che siamo sicuri arriverà, oh se arriverà!
Dunque, arriva la famosa lettera di chiamata a visita per la fine di luglio 2009, mentre noi siamo in partenza verso il 10 con biglietto già pronto e ricovero suppergiù per quella data a Rimini.
Non potendo essere presenti per quella data mi accingo quindi a seguire le indicazioni sulla lettera per evitare la visita…si può fare mandando documentazione via fax se si appartiene a speciali categorie d’invalidità come anche Lori. Naturalmente ci chiediamo se si è in possesso di false certificazioni con indicazione di non revedibilità come si fa ad accertare in tal modo che non si ha diritto ai benefici previsti…cmq, prendo il n° della sede INPS indicata e provo a chiamare per dire che ci troviamo in tale situazione e spediamo il materiale via fax.
Al centralino non risponde mai nessuno…decido allora di chiedere lumi all’ufficio INPS presente sotto casa.
La risposta è che non sanno neanche loro come comunicare con la sede provinciale e vanno a tentativi…mi forniscono quindi alcuni numeri interni a cui rivolgermi ed il nome di un’impiegata particolarmente solerte a cui fanno riferimento anche loro.
Riesco a contattarla anche io dopo diversi tentativi ed ottengo un altro numero a cui chiamare dove finalmente riesco a parlare con un medico che sarà il nostro referente.
Mi conferma che possiamo spedire via fax la documentazione…dopo saprò leggendo in giro che cmq non sempre la cosa funziona ma l’INPS ritiene in fondo sia meglio anche dopo aver ricevuto la documentazione chiamare lo stesso le persone…
Ed adesso comincia la farsa del fax…provo una volta e non và, provo due e non và…insomma sembra non andare, così con la solita trafila di telefonate (ne occorre sempre più di una),parlo di nuovo con il referente che mi conferma il fatto…il loro fax è guasto, meglio aspettare…
Riprovo l’indomani, e poi ancora e ancora ma non và…e mi si riconferma che il loro fax (uno solo ne hanno???) non funziona proprio…ed allora? Noi dobbiamo partire a breve…propongo di andare noi stessi e di fare cmq la visita e presentare gli incartamenti così poi siamo liberi…proposta accolta.
Ci presentiamo nell’ufficio preposto ove le visite si svolgono ad un piano inaccessibile a cui chi può in qualche modo si trascina e chi non può per fortuna viene visitato al piano terra .
A noi succede così e la visita viene svolta da un solo medico, quello con cui avevamo parlato al telefono.
Sembrano non esserci problemi per la spasticità ma sorge un problema per la sordità di Lorena…rendendosi conto che c’è anche quella tra le disabilità di mia moglie per rendersi bene conto della cosa lo “specialista” si avvicina di soppiatto a mia moglie e le batte le mani dietro al capo al che lei salta un po’ in aria per via della spasticità…il medico rimane sorpreso e dice che sicuramente mia moglie ci sente…faccio notare che porta gli apparecchietti acustici, ma cmq non occorre essere totalmente sordi o totalmente ciechi…basta un residuo per avere diritto ai benefici di legge.
Il medico bofonchia che in effetti porta gli apparecchietti quindi dev’essere sorda…al chè controllando le varie certificazioni scopre che ne abbiamo dimenticata una e ci chiede di fargliela avere…spieghiamo la situazione e diciamo che la manderemo via raccomandata così avranno tutte le pratiche e potranno chiudere la cartella ma a questo punto, ci viene detto che cmq la visita non può essere risolutiva in quanto avremmo dovuto farla il giorno da loro preventivato e quindi possiamo partire ma dobbiamo poi fare la visita una volta tornati a casa chiamandoli e naturalmente, il giorno preventivato della visita ufficiale essendo mia moglie in ricovero dobbiamo ricordarci di mandare un certificato che giustifichi l’assenza e la sussistenza in vita di Lorena… sigh.
Quindi, nonostante l’interessamento, nonostante le certificazioni, nonostante la visita non abbiamo risolto nulla e dobbiamo cmq ancora rifare daccapo.
Una volta a casa spediamo il certificato mancante con raccomandata A/R e partiamo.
Il giorno della visita dall’ospedale mandiamo un fax…alleluja, funziona, e confermiamo il ricovero e…l’esistenza in vita…
Naturalmente telefono anche per avere conferma dell’avvenuto ricevimento e dopo un po’ riesco a sapere dal solito medico che il fax è arrivato ma non è mai arrivata loro la raccomandata con il certificato di cui noi invece abbiamo ricevuta di ricevimento da parte loro…
Poco prima di rientrare a casa, dopo circa tre mesi (ci assentiamo sia per i ricoveri sia per stare vicini ai genitori di Lorena che abitano nelle Marche), riceviamo giù a casa una raccomandata proveniente da Lamezia Terme e smistata da Verona o viceversa che per un giorno di ritardo non riusciamo a prendere alle poste e quindi non sappiamo di che si tratti, almeno finchè, telefonando all’INPS di Trapani per dare disponibilità alla visita, non ci viene detto che siamo già stati convocati nuovamente con raccomandata…(Trapani ,Verona, Lamezia Terme??? ) …per fortuna siamo ancora in tempo ad andare pur essendo stati chiamati senza aspettare la nostra disponibilità ed andiamo portando il certificato da loro smarrito.
Nuova visita che, si limita all’accettazione del certificato, che spieghiamo di aver spedito come da nostra ricevuta ma che loro asseriscono di non aver ricevuto, ed al controllo degli apparecchi acustici di Lorena… il resto è già stato fatto.
Bene, sembrerebbe tutto finito finalmente ma naturalmente dovremo aspettare per qualche mese che ci venga inviato il verbale di visita e questi mesi Lorena li vivrà male naturalmente sempre in ansia per la sorte della sua pensione… non si sa mai come abbiamo imparato dalle molte revoche senza senso.
Passano i mesi ma sei sono troppi anche per l’INPS di Trapani, così, nuovo giro di telefonate e richiesta di spiegazioni…ci viene detto che il verbale è stato spedito, ma a noi non è arrivato nulla quindi cosa sarà successo?
Beh, candidamente ci viene cmq detto che altri si sono lamentati per la stessa cosa… ma và???
Però noi non abbiamo problemi perché, come ci viene detto, possiamo tranquillamente usare il vecchio verbale visto che le condizioni sono rimaste uguali…sigh.
Quindi oltre a non avere un nuovo verbale con su scritto non rivedibile, abbiamo fatto tutto questo per…la gloria???

17 – 03.04.2012
   MA TU GUARDA QUELLO… GUIDA COME UN HANDICAPPATO! 

Giulivo Tosti

Sai sono andato a Roma con la mia macchina, ho fatto più di 500 chilometri tra andata e ritorno. C’ho messo un po’ anche perché in entrambe le volte mi sono fermato a sgranchirmi la schiena, le braccia e il collo, non è stata una passeggiata, ma sono stato ripagato dalla soddisfazione di essere riuscito a fare un viaggio così lungo. Pensa ho raggiunto addirittura la velocità di 120 km orari in autostrada. Di più no, anche perché a quel punto i miei passeggeri avevano smesso di parlare. Poi si sono rilassati vedendo che controllavo bene la situazione.
Ora che ho testato la mia capacità di guidatore nonché quella di resistenza, uno di questi giorni vieni a Venezia con me?
Così aveva esordito in una delle tante serate a casa sua, il mio amico. Da qualche anno era costretto su una sedia rotelle, a causa di un incidente: lesione alta alla colonna vertebrale, che gli aveva paralizzato gran parte del corpo, compreso l’impossibilità di usare le dita.
Era stata una sorpresa quando mesi prima mi aveva detto che voleva riprendere la patente di guida.
Mi sono rotto di farmi portare in giro nelle macchine degli altri. Per carità sono tutti molto premurosi e disponibili, ma vuoi mettere la sensazione di libertà che può darti tornare a guidare, per andare in posti dove tu vuoi e quando vuoi? Oltre a sentirti ancora utile a qualcuno. Quando mi hanno detto che c’era la possibilità di guidare restando seduto sulla mia carrozzina, sono rimasto entusiasta. Cavolo, vuoi mettere spostarsi con l’auto senza che ogni volta ci sia qualcuno che ti deve trasferire dalla carrozzina al posto di guida?!
Ed ora eccolo lì, con il suo “macchinone”. Dai sali che ti faccio vedere come guido, mi dice!
Guida bene, il mio amico, sa stare sulla strada, è sciolto, tranquillo e questa tranquillità riesce a trasmetterla a chi è con lui.
Non dici niente eh? Vedi ho notato che guidare e come andare in bicicletta, quando hai imparato non ti dimentichi più. Certo non è stato subito così naturale e semplice come può sembrare ora.
Figurati che la prima volta: salgo in macchina, mi sistemo con una buona dose di aiuto ai comandi, macchina in moto, marcia inserita, faccio circa dieci metri, retromarcia e stop. Decido che per il momento poteva bastare perché l’emozione era troppo forte.
Poi pian piano a forza di fare su e giù davanti casa, oggi posso dire con orgoglio di guidare come prima,benché qualche buon pensante possa storcere il naso. Ti dirò, ho anche meno distrazioni: non fumo mentre guido, niente cellulare, la stazione radio selezionata rimane quella, come il cd inserito al momento; questo è anche un fatto positivo perché riesco così ad ascoltare tutte le canzoni dell’album. Se ho un prurito mi fermo e mi prendo la soddisfazione, cerco di evitare discussioni con gli altri automobilisti, anche perché come fargli capire che se potessi scendere dall’auto come vorrebbero alcuni, la prima cosa che farei sarebbe quella di mettermi a ballare e non di saltargli addosso.
Una pecca nella mia guida, se proprio vogliamo trovarla, sta nel distrarmi quando vedo qualche bella ragazza , ma su questo, penso, che ci si possa anche passare sopra.
Nonostante questi “elementari accorgimenti” purtroppo è radicato nel pensiero comune degli automobilisti, e non, che handicap sia sinonimo d’incapacità, usando spesso il termine a sproposito. Proprio l’altro giorno ero in macchina con mia figlia, ed ad un piccolo ingorgo, un automobilista rivolto ad un’altro, se ne esce con:” Ma guarda come guidi! Ma che sei handicappato?” Mia figlia mi guarda e con un sorriso coinvolgente mi dice:” Non te la prendere pà, tu guidi benisssssimo!”

Guida tranquillo, dicevo, anche se tutto d’un tratto ha uno scatto di testa, come un attaccante che cerca di colpire la palla ed infilarla là in alto nell’incrocio dei pali.
Tranquillo non sono preso da un attacco di qualche genere, ma semplicemente inserisco e disinserisco le frecce di segnalazione. I pulsanti sono stati messi nel poggia testa, come anche il clacson, mentre qui nel poggia braccio ci sono le luci, tergicristalli e così via. 
Così se qualche volta avrete l’occasione di incrociarlo mentre è alla guida e muove la testa, può essere che vi saluti, ma anche che sia in procinto di svoltare.

18 – 21.04.2012
 

  SEI UN VERO DISABILE SE… 
Giada di Mauro

Sei un vero disabile se:

1. Le volte che ti vedono in giro con colui che semplicemente è il tuo migliore amico lo scambiano x tuo fratello (sono possibili conseguenti liti famigliari x tradimenti sospetti).

2. Tutti pensano che la tua vita sia costruita intorno ai volontari e non agli amici.
Soluzione: uscire con un cartello con scritto “IO NON SONO VOLONTARIO”, ormai gli analfabeti sono pochi quindi dovresti evitare inutili domande.

3. Sei già stato scambiato per un cane “vedi che bravi ti portano in giro” (con conseguenti problemi di identità multipla… in casa ti ritrovi a spostarti a 4 zampe come i cani).

4. Se non si sa per quale ragione ovunque vai non paghi (e poi ci lamentiamo che non giri l’economia in Italia).

5. Se tutti gli esperti discutono sulla tua affettività/sessualità senza pensare che a te dei discorsi non importa nulla: QUANDO TROVI LA MATERIA PRIMA PASSI AI FATTI… IL LIBRO DI “COME NASCE UN BAMBINO” L’HAI LETTO QUANDO AVEVI 8 ANNI E TE LO RICORDI BENISSIMO, NON HAI BISOGNO DI LORO.

6. I tuoi amici agli occhi di tutti hanno conquistato la santità e vengono riempiti di complimenti (contribuisci all’innalzamento dell’autostima e quindi al benessere collettivo).

7. Se almeno una volta hai potuto usare la scusa “mi puoi spingere” (è una buona scusa x attaccare bottone e l’altro non si accorge che il tuo fine è questo).

8. Se almeno una volta sei stata attratta dal fascino del volontario e costui ha pensato come minimo tre giorni a come dirti di no…. Fotocopie del manuale “Rifiutare un disabile non dandogliene l’impressione è cosa buona e giusta”: l’ha studiato a memoria ma tu per facilitare l’impresa gli suggerisci le battute.

9. Se almeno una volta qualche esperto ti ha detto che le pulsioni si possono incanalare nello sport, nel teatro e in attività socio-psico-educative, elencandoti tutte le attività appositamente strutturate da lui, e tu ti chiedi come mai in tutto questo lui ha moglie e figli. O non funzionano le attività o è sbagliata la sua teoria!

10. Ti chiedi se il legislatore scrive le leggi per hobby.
La LEGGE SULL’ABBATTIMENTO DELLE BARRIERE ARCHITTETTONICHE è DEL 1986: o tu hai allucinazioni visive o ci sono ancora.

11. Non hai privacy. E’ colpa degli psicologi che non hanno ancora pensato di scrivere il manuale “La vita del disabile non è pubblica, farsi i fatti propri è cosa buona è giusta”.

12. Se quando decidi di praticare uno sport lo scopo è TERAPIA/ INTEGRAZIONE/ BENESSERE PSICO-SOCIALE per chi è disabile: per gli altri è svago… E POI PARLIAMO di parità dei diritti. Si appunto PARLIAMO!!!!!!!!!!!!!!

13. se hai potuto abbracciare qualcuno con la scusa di reggerti in piedi (alcune donzelle hanno pensato quanto vorrei essere disabile, pure io, e poi la chiamano sfiga)

14. SE INIZI A CREDERE CHE IL MANCATO ABBATTIMENTO DELLE BARRIERE ARCHITTETTONICHE SIA UNA TEORIA DEGLI PSICOLOGI SU COME FACILITARE L’APPROCCIO FISICO DEI DISABILI (facciamoli prendere in braccio).

RINGRAZIO TUTTE GLI AMICI CHE RENDONO LA MIA VITA BELLA E CON I QUALI SORRIDO SEMPRE….

GRAZIE…

  
19 – 21.05.2012
 
   FORMAGGI E SALUMI……CHE PASSIONE! 

Valentino Nagel

Avevo 12 anni. Era un sabato mattina, niente scuola; mio padre come tutti i sabato andava al supermercato per la spesa settimanale: “Ti accompagno” gli dissi e subito via con lui in macchina. Arrivati cominciai a spingere il carrello con mio padre: io leggevo la lista e lui lo riempiva. Cercavo con lo sguardo il banco salumi e formaggi e ad un tratto eccolo lì in fondo. Lasciai il carrello e per compensare il mio equilibrio instabile accelerai il passo.

“Mi fermerò poggiandomi al banco salumi” pensai e via verso quel ben di Dio!

Il mio sguardo era fisso su quelle bontà che si avvicinavano sempre più, sempre più, di….p..i…ù…oh povero me! La mia faccia e le mani non erano poggiate al banco salumi ma su tutte quelle leccornie!

I salumieri stavano pulendo il vetro del banco e lo avevano sollevato completamente. Io non me ne ero accorto.

Quando mio padre mi sollevò avevo sul viso ricotta, formaggi morbidi ma neanche una fetta di salame ! Tutti ridevano ed io ridendo e leccando quello che potevo dal viso dissi “che buoni!” 

  
20 – 21.05.2012
 
 

  IL BARICENTRO 
Valentino Nagel

Lo studio non è mai stata una mia passione.

In seconda media i miei genitori decisero di farmi supportare dal figlio di alcuni loro amici già laureato. Io accettai e così cominciò la mia avventura con Enrico. Lo studio diventò più dinamico e quelle ore non mi pesavano.

Un giorno studiando le scienze ci imbattemmo nella definizione di baricentro. Enrico cercò con le parole di spiegarmelo ma poi disse di alzarmi in piedi e lo fece anche lui.

Voleva farmi capire che l’equilibrio era compromesso se l’oscillazione superava la base di appoggio .

E così tutti due provammo l’esperimento. Uno due tre……………via finimmo per terra.

Ma allora cos’era questo baricentro per noi?

Ridemmo tutti e due come matti: non potevamo spiegarlo….dal vivo: un ragazzino spastico ed un giovanotto con sclerosi multipla potevano solo ridere del loro baricentro! 


21 – 06.11.2012
 
   IO RAZZISTA? 

Dario Conti

Non ricordo esattamente se correva l’anno 1997 o l’anno successivo ed io, che stavo attraversando un periodo difficile legato alla mia voglia di autonomia e all’ennesima disavventura sentimentale, decisi di iscrivermi ad un corso tenuto dal Centro Studi Prisma di Belluno, corso durato una settimana ad Auronzo di Cadore sulle dolomiti bellunesi, che aveva la scopo di fornire ai partecipanti le informazioni e le risorse per migliorare la loro qualità di vita generale.
Ricordo perfettamente che quando ci siamo riuniti il primo giorno, riconoscendo nel gruppo una ragazza che avevo già incontrato in altre occasioni e con la quale sapevo di condividere la patologia con cui sono nato (spina bifida) con estrema naturalezza l’ho salutata con la frase “finalmente una di noi”, ma sono stato immediatamente apostrofato da uno dei relatori del corso, Roberto Vitali, con la frase “Lo sai che sei un bel razzista?”. Ovviamente, sul momento sono rimasto sorpreso ma subito dopo ho capito quello che Roberto intendeva dire, ossia non è il caso di fare certe distinzioni soprattutto da noi persone con disabilità. A quel punto siamo scoppiati tutti in una grossa risata.

  

 

22 – 28.11.2012


  RESISTI, RESISTI 
Massimo Ansaloni

17\01\1992  Qui inizia la mia storia con Giorgia, mia figlia, la cosa più entusiasmante che potesse capitarmi.
La diagnosi è tetraplegia spastica con sindrome di West, una bomba!!! “ Resisti piccolina – le ripeto – tieni duro, non mollare “ mentre la guardo attraverso il vetro dell’incubatrice, attaccata a tutto ciò che era umanamente possibile. Sembra quasi che mi ascolti. I giorni passano e lei resiste, come un partigiano al nemico, finchè vince la sua battaglia.
E’ stata dura e sarà ancora più difficile con il passare degli anni, andando incontro a incomprensioni, rifiuti, disperazione… ma la speranza e la testardaggine vincono sempre ed ora, 21 anni dopo sono qui a testimoniare che la disabilità non rende diversi  ma speciali.
E’ lo stesso se non puoi vedere, parlare e devi mangiare con la PEG, se la scoliosi ti curva sempre di più e i tuoi polmoni fanno sempre più fatica, tu resterai per sempre “ la Giorgia “, quella bellissima bambina che con un sorriso delicato e puro spalanca il cuore, ti riempie di gioia, ti fa passare la stanchezza e i cattivi pensieri.
Resisti piccolina, per me, per noi, per tutti coloro che stanno perdendo la speranza e la voglia di amare e di dedicarsi agli altri. Resisti, Resisti  perché  
Sei la cosa più entusiasmante che potesse capitarmi.

                      Con immenso amore             papà

23 – 29.11.2012
   UNA BICI SPECIALE 

Patrizia Moretti

Esistono oggetti che rientrano immediatamente in un contesto ben definito, in una associazione di cose che il nostro cervello abbina immediatamente; per meglio chiarire, vedendo una torta a piani il pensiero ti porta ad un pranzo di nozze.
Per me e forse per molti della mia generazione di provinciali quarantenni il giorno della prima comunione diventa il giorno della prima bicicletta nuova. A me è toccato, la prima comunione mi aveva portato una sfavillante bicicletta nuova. la mia “Graziella”,così si chiamava, rigorosamente…. bianca…. il colore non si discuteva perchè così doveva per essere ritenuta una “perfetta signorina”. Guardavo con curiosità le altre bici, colori fuoco da battaglia, selle lunghe, già mettevano le carte da gioco sui raggi delle ruote per far rumore… erano per lo più bici da cross, aggressive come la cavalleria all’assalto…. erano quelle dei maschi… valli a capire… Io avevo il mio piccolo docile cavallo bianco… io avevo anche il cestello, un fantastico cestello davanti al manubrio.
Venticinque anni sono passati, non saprei proprio dov’è finita quella sfavillante bicicletta bianca con cestello davanti… probabilmente una fonderia l’ha già ingoiata da tempo.
Oggi è a quella di mio figlio a cui devo pensare, oggi per lui è arrivata la prima comunione e quindi “bici nuova”. Mio figlio è speciale… sfido qualsiasi madre a dichiarare il contrario.
Ma se dico che mio figlio Valerio è veramente un bambino “particolare”, non lo dico solo per egocentrismo di madre; all’ospedale quel giorno di settembre mi dissero di un problema dopo pochi minuti dalla nascita… insufficienza cardio-respiratoria…. tecnicamente non capii… io volevo solo prendere in braccio quel piccolo essere dai capelli rossi, un rosso Ferrari pensai quando lo vidi… forse farà il pilota… buffo ricordarlo ora …..
Il colore rosso appartiene a noi modenesi, appartiene alle nostre auto da corsa, al lambrusco, alle tante bandiere rosse che sventolano ai festival dell’unità… volate via già da tempo chissà dove, chissà dove. Sono passati dieci anni da quel giorno, da quel giorno che rimane e rimarrà sempre il più bello della mia vita… ma, con quello che successe quella mattina oggi, non posso permettermi di regalare a mio figlio una normale bicicletta. Valerio non cammina, non riesce a coordinare i movimenti ed ha forti problemi agli arti superiori.
I suoi amici già cavalcano quelle dei loro genitori, le buttano sul marciapiede le maltrattano… per loro, giustamente, è un oggetto… una volta stanchi di pedalare proseguono con i mezzi che natura ha dato, gambe in spalla e via andare!!!!
In questo tranquillo paese di campagna dell’Emilia il “giro in bici” è parte della crescita di ogni ragazzo/a: la pianura si sa, aiuta qualsiasi pedalata. Così deve essere anche per il mio ragazzo dai capelli rossi, e così sarà oggi!! Oggi non è solo un regalo, è il giorno della sua piccola indipendenza… del poter finalmente dire “mamma esco con gli amici a fare un giro”. Oggi la solita faticosa presa per sollevarlo diventa un caloroso abbraccio ed anche un saluto… oggi, il giorno della sua prima comunione sento nel cuore quella emozione che tutti i genitori hanno nel vedere i primi passi dei loro nati.
Valerio è seduto sulla sua bicicletta speciale della prima comunione: ha 4 ruote , motore 4 cv, velocità 10 km/h , antiribaltamento ed un imperativo clacson. Non mi ero sbagliata quando l’avevo visto quel primo giorno di vita, è un pilota nato! Il suo sorriso è il mio di 25 anni prima sulla mia “Graziella” bianca, io caddi quel primo giorno… lui no… lui già sfreccia veloce e sicuro… i figli devono essere sempre migliori dei propri genitori…… Lui lo sarà ne sono certa!

  
24 – 29.11.2012
 
   MI CHIAMO VALERIO 

Valerio Grillenzoni

Mi chiamo Valerio, Valerio Grillenzoni. Tutti voi penserete per logica conseguenza che il mio soprannome sia “Grillo”… invece vi sbagliate, è Vale… mai sentito parlare di un “certo ” Valentino Rossi campione di motociclismo ??? Beh pur avendo solo 13 anni, anche io sono un pilota, mi destreggio nelle curve meglio di lui, con una sola differenza: io viaggio su quattro ruote.
Io sono Vale ho tredici anni e vivo su una carrozzina. Nulla di strano, nulla di patetico, sono nato così, la mia vita è questa, normale nella sua complessità. Ho la “scuderia corse” più forte del mondo rappresentata dai miei genitori e dagli amici… sono sempre con me, solo per questo credo proprio sia una bella ragione esserci.
Loro nemmeno vedono più differenze, se salgono le scale mi chiamano con insistenza. Pure un po’ scocciati aggiungerei… chiedendomi di seguirli, scordando che io sono specializzato in curve e derapate… non in gradini. La loro non è cattiveria, semplicemente non vedono nulla di anomalo in me.
Certo a volte ci sono difficoltà, chi non ne ha ??? Nel mio caso non ci sono colpe, questo è ciò che sono, questa è la mia vita: sono felice. Detto tra noi non ci sono solo svantaggi, giocando in classe a pestarci i piedi vinco sempre io… le mie quattro ruote non hanno rivali contro un paio di comuni scarpe!!!
Sono un ragazzo come gli altri perché uno del gruppo; questa è una equazione senza incognite: io sono come gli altri.
Solo i cattivi o meglio gli ignoranti mi trattano in modo diverso; la cosa non mi piace, odio quando qualcuno mi scruta e mi fissa come un animale sconosciuto.
Uno di questi, forse il peggiore che abbia mai incontrato, è arrivato nella mia classe, 2°A delle scuole medie, una mattina di fine maggio. Non si è presentato, è venuto e mi ha cercato. Non ha avvisato nessuno questo oscuro personaggio. Io non lo volevo, nessuno lo voleva! Chi mai vorrebbe far entrare nella propria vita il terremoto. Il suo arrivare improvviso ha portato tutti sotto, compagni e prof. tutti raggomitolati sotto ai banchi!!!
Ma io???? Io che non posso nemmeno buttarmi a terra anche solo lo volessi? Sotto l’architrave della porta, il mio posto è sotto l’architrave della porta, un guizzo, un veloce scatto per fare girare le mie ruote… poi fermo… fermo lì… il mio scudo di protezione è un vecchio, chissà quanto robusto, architrave. Sono lì, quella mattina. Sono lì con occhi sbarrati, ovunque caos di libri e quaderni, una gelida invisibile presenza ha scombussolato la geometria delle cose.
Dove sono i visi dei miei compagni in questo silenzio ??? Sono tutti là, a terra rannicchiati… chiusi come ricci. Mi guardano dal basso verso l’alto, non sono abituato a questa prospettiva. Non per orgoglio ma per triste necessità, mi rendo conto di essere l’unico “in piedi”, io sono lì, per la prima volta il più alto di tutti. Io solo, LI’, un gigante immobile sotto l’architrave. Il mio sguardo cade come ipnotizzato sul muro di fronte. E’ una lavagna al contrario, bianca anzichè nera, una parete nuda come uno schermo su cui proiettare… Lui è arrivato, proprio in quel punto; il suo sorriso antracite ha fatto comparsa… quella crepa che vedo formarsi è la smorfia delle sue labbra, mi fissa, mi scruta chiedendomi perché non sono rannicchiato sotto il banco come gli altri… mi guarda come coloro che non sanno, come coloro che mi considerano diverso “Io non lo sono. Io sono come gli altri ” avrei voluto rispondere. “Lui è uno di noi!!!!!” hanno gridato tutti i miei compagni spingendomi fuori dalla scuola. Ripetevano queste parole volgendo le spalle a quei digrignanti denti di mattoni incisi sulla parete, così hanno urlato tutti i miei amici, ne sono sicuro, li ho sentiti bene!!!

  


  LA MANTELLA 
Maurizio Guerrini

L’ultimo, tra i tanti episodi che danno un sapore ironico ed imbarazzante alla mia storia di disabile, dopo le difficoltà nel risolvere il guaio accadutomi e l’imbarazzo provato innanzi ad una bellissima e gentilissima donna che, fermando la sua auto, vedendomi in una posizione obbiettivamente ridicola, sfoderando un sorriso che in altre situazioni avrebbe potuto conquistare il mio cuore, mi domandava se mi occorresse aiuto, ha provocato in me ed in una meravigliosa amica (miss disabile per me da quando l’ho conosciuta) un’irrefrenabile crisi d’ilarità sino alle lacrime.
Il tutto accadeva ieri 28/11/2012 alle 15-15,10 a Torino in via Livorno presso l’Environment Park a Torino.
Premetto che sono affetto da sclerosi multipla, ho una sedia elettronica e che da un mese, dopo aver chiesto ed ottenuto un trasferimento di sede alla ditta in cui lavoro per cause logistiche, mi reco in ufficio con la mia disable-car (per recarmi al lavoro, dopo l’ennesima gambizzazione di noi disabili decisa dal nostro simpaticissimo Sindaco; i taxi che giocoforza ero costretto a prendere mi costavano l’85-90% dello stipendio).
Orbene: sino alla settimana scorsa non ha mai piovuto, cappello, piumino, guanti, sciarpa, barba di tre giorni e qualche imprecazione contro l’avverso fato, cammin (o si dice ruotin?) facendo sono bastati a non farmi cadere i denti dal gelo viaggiando sulla mia Maurizio-eco-mobile.
Pioverà mi sono detto e, previdente, mi sono munito di un copri-scalda gambe da Voi e di una mantella impermeabile omaggiatami da altra amica, non disabile questa volta, più da pescatore che da avventuroso in carrozzella, con buco per la testa così stretto che, se hai le orecchie a sventola, proprio non passi.
Giunta l’ora d’incamminarmi (si fa per dire) verso casa, metto il piumino, il copri gambe ed il giusto spirito, cambiavo cavallo, ehm sedia, con un’acrobazia infilavo la mantella poi il cappello (se messo prima la mantella non entra), i guanti ed infine un sacchetto per il joystick e son pronto a partire. Ah dimenticavo, dovesse qualcuno cimentarsi nell’impresa, la pipì va fatta prima sennò vi voglio.
Bene parto, l’acqua, non so da dove, un po’ passa e piove sempre più, riprendo, ove le avevo interrotte ore prima, le mie imprecazioni, faccio lo slalom fra le pozzanghere più grosse, come un sacrestano con la sua tonaca, cerco di sistemarmi la mantella sul sedere perché comincio a sentire frescolino su di una chiappa. Sono a piena velocità, piove ed i moscerini spiaccicati sui denti non ci sono, d’un tratto qualcuno mi tira per il collo, la mia testa scende inesorabilmente a sinistra e si appoggia al bracciolo come fosse un cuscino. Non capisco ma, improvvisa, mentre ancora mi tirano ecco l’illuminazione! Quella stramaledetta mantella!
Sono prigioniero, la testa, come quella di un pollo, sul ceppo sacrificale pronto ad essere sgozzato, impossibilitato a muovermi. Come dal cielo, improvvisa, dolce e soave, arriva una voce: “Ha bisogno d’aiuto?”. Muovo gli occhi per riuscire a vedere l’angelo che a me si appellava e scorgo un profondo mare blu che mi osserva, una cascata dorata tra le gocce di pioggia, un sorriso scarlatto rivolto a me solo, e penso: “Che sfigato sono, una così in un momento così”. Mi riprendo un po’ e dico: “Ahhhhsihhhhèihhhhncastrhhhaaataaaalamahhhntehhhllahhhtraleruoteeeehhh!” e lei: “Vedo!”, io: “Ssssehhhrieshhceamuohhhhvereiljoycofcofstickahhhvantiehhhindiehhhtromahhhgarisiliberahhh”; e prova e riprova così avviene.
La visione raccoglie lo straccio distrutto e bagnato e me lo porge in grembo. Forse sono riuscito a dire grazie non lo so.
Tornando a casa fradicio sempre più non sentivo la pioggia e manco la chiappa gelata; vedevo solo il blu di quel mare.


2 commenti on Concorso letterario “Il sorriso della disabilità”

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